targa florio
56^ TARGA FLORIO

21 maggio 1972

1
FERRARI 312 P/B  (# 3) - ARTURO MERZARIO / SANDRO MUNARI

KM. 792,000

PICCOLO CIRCUITO in 6h. 27' 48" 122,537 kmh. 11 giri - ISCRITTI part. 76 class. 38

2
ALFA ROMEO 33 TT3 (# 5) - "NANNI" GIOVANNI GALLI / HELMUT MARKO GIRO VELOCE
3
ALFA ROMEO 33 TT3  (# 4) - ANDREA DE ADAMICH / TOINE HEZEMANS
4
LOLA T 290  (# 8) - ANTONIO ZADRA / ENRICO PASOLINI
5
PORSCHE 911 S (#38)  PINO PICA / GABRIELE GOTTIFREDI
6
PORSCHE 911 S 2,4 S (#25) - GUNTHER STECKKONIG / "VON HUSCHKE" GIULIO PUCCI
7
ABARTH 2000 SP (# 7) - GIUSEPPE "BEPPE" VIRGILIO / LUIGI TARAMAZZO
8
LOLA T212 AR (#56) - MAURIZIO ZANETTI / UGO LOCATELLI
9
PORSCHE 914/6 (#35) - DIETER SCHMID / ARMANDO FLORIDIA
10
PORSCHE 911 2,4 S (#23) - JÜRGEN BARTH / MICHAEL KEYSER
11AMS FORD (#60) - MARIO BARONE / FRANCESCO CERULLI IRELLI
12Alfa Romeo GTA (#85) - "PAUL CRIS" GIUSEPPE DI CRISTOFORO / ENRICO DE FRANCHIS
13PORSCHE 911 (#47) - "MANUEL" GIAMPAOLO BARUFFI / GIANCARLO GALMOZZI
14PORSCHE 911 (#42) - O. FERRARI / GIANFRANCO PAPETTI
15PORSCHE 911 (#23) - ALESSANDRO MONCINI / LUIGI CABELLA
16CHEVRON B19 (#54) - PASQUALE ANASTASIO / GIOVANNI BOERIS
17PORSCHE 911 S (#32) - GIROLAMO CAPRA / ANGELO LEPRI
18ALPINE A110 (#77) - EMILIO PALEARI / GIROLAMO BERTONI
19Alfa Romeo GTA (#88) - MICHELE TERMINIELLO / GIUSEPPE ESPOSITO
20PORSCHE 911 (#44) - GIOVANNI MARINI / MIRTO ANTIGONI
21[29] Guido Fossati / Piero MONTICONE PORSCHE 911 S/oltre 2,0 5
22[76] Renato Giono / Mario Zanetti Alfa Romeo Giulia GTA/1,6 6.
23[99] Marco De Bartoli / «Benny» [=Benedetto Rosolia] Lancia Fulvia HF/1,3 6
24[92] Romano RAMOINO / Gianni Varese ALPINE A 110-Renault/l,3 6
25 [48] Mauro Formento / Eris Tondelli Chevron B 19-Ford Cosworth Tondelli/ 1,6 6
26 [94] Giancarlo GALIMBERTI / «Poker» [=Domenico Cedrati] ALPINE A 110-Renault/ 1,3 6
27 [79] Salvatore BARRACO / «POPSY Pop» [=Luigi Sartorio] ALPINE A 110-Renault/ 1 ,6 6
28[58] Toti Fenga / Franco Lisitano Lancia Fulvia Sport Zagara Competizione/ 1,3 6
29 [89] Domenico Lo Bello / Vincenzo Traina Lancia Fulvia HF/1,6 6
30[63] Antonio Palangio /Stefano SEBASTIANI AMS - Ford Cosworth/1,0 6
31 [96] Aldo Bersano / Duilio Truffo ALPINE A110 - Renault/1,3 6
32[93] Sergio Mantia / "ICCUDRAC" [=GUALBERTO Carducci] ALPINE A110 - Renault/1,3 6
33[83] Salvatore Cucinotta / Domenico Patti Lancia Fulvia HF/ 1,6 6
34[50] Matteo Sgarlata / «Tex Willer» Lancia Fulvia Speciale Spider TS [Tarantino - Sgarlata]/l,6 6
35 [78] Giuseppe Crescenti / Silvestre SEMILIA Alfa Romeo Giulia GTA/1,6 5
36 [101] Alfonso Di Garbo / Antonio Mascari Simca 1300 6
37[100] Ugo Barilaro / Alberto Fasce ALPINE A110 - Renault/1,3 6
38 [102] Bruno BONACINA / Mario Regis ALPINE A 110-Renault/l,3 6
squ[40] Giuseppe Spatafora / «Friedrich von Meiter» [=Ignazio Capuano] Porsche 911 S/2,0 SQU. (MANOVRA A SPINTA)
 rit [41] Helmut Gall / Horst Klauke PORSCHE 911 S/2,0
rit[72] Massimo Cavatorta / «Don Pedrito» [=Gianfranco La Mazza] OMS - Ford Novamotor/1,0
rit[57] Giampaolo Ceraolo / Piero Donato AUTOBIANCHI GILIBERTI A 112/1,3
rit[14] Giovanni Alberti / Gianfranco Bonetto Chevron B 21-Ford Cosworth/1,8
rit[74] Antonio FerrarO / Vincenzo Mirto Randazzo Alfa Romeo Giulia GTA/1,6
rit[66] Cesare GaRRONE / Eugenio Tinghi AMS - Ford Cosworth/1,0
rit[11] "APACHE" [=Alfonso Merendino] / Raffaele Restivo Fiat ABARTH 2000 S
rit[80] Renato BARRAJA / Alberto Librizzi Lancia Fulvia HF/ 1 ,6
 rit [90] Paolo Massai / Roberto Nardini Alfa Romeo Giulia GTA/1,6
rit[43] Paolo Monti / Alberto Rosselli Opel GT 1900
rit [146] Francesco Cosentino /Achille Soria PORSCHE 911 S/2,0
rit[49] Carmelo Giugno / salvatore Sutera Alfa Romeo Giulia TZ Speciale SPIDER/1,6
rit [97] Antonio Guagliardo / Florindo Mollica Lancia Fulvia Sport Zagato/1,3
rit[31] Raymond Pochet / «Gedehem» [=Gerard Darton Merlin] PORSCHE 911 S/oltre 2,0
rit[70] Francesco Patanè / Orazio Scalia Fiat ABARTH 1000 S
rit[6] Carlo Facetti / «Pam» [=Marsilio PASOTTI] Fiat ABARTH Osella 2000
rit[21] Aldo Fasano / «Caterpillar» [=Mario Tropia] Fiat ABARTH 2000 S
rit[1] Rolf Stommelen / Nino Vaccarella Alfa Romeo 33 TT3/3,0
rit[98] Gaetano Lo Jacono / Giuliano Savona Lancia Fulvia HF/1,3
rit [81] Settimio Balistreri / Giovanni Rizzo Alfa Romeo Giulia GTA/ 1 ,6
 rit [33] Rosadele Facetti / «BEAUMONT» [=Marie - Claude CHARMASSON]  Opel GT 1900
rit[22] Bernard CHENEVIERE / Claude Haldi PORSCHE 911 S/oltre 2,0
rit[28] Klaus Rang / Eberhard Sindel PORSCHE 911 S/oltre 2,0
rit[64] «Frank MCBODEN» [=Francesco Di Matteo] / «Lubar» AMS - Ford Cosworth/1,0
rit[59] Francesco Fiorentino / Gaetano Sidoti Abate Matra DJET 5S-Renault/1,3
rit[9] Antonio NICODEMI / Silvio Moser Lola T 290-Abarth/2,0
rit[12] Franco Berruto / Mario ILOTTE Fiat ABARTH 2000 S
rit[75] Paolo De Luca / «Manuelo» [= Giuseppe Vassallo] Alfa Romeo Giulia GTA/1,6
 rit [82] Salvatore Gagliano / «Giusy» [=Giuseppina Gagliano] Alfa Romeo Giulia GTA/1,6
rit[36] Edward Negus / Peter Richardson  PORSCHE 911 S/2,0
rit[62] Mauro Nesti / Mario Rovella Raymond - Ford Cosworth/1,0
rit[71] Aguglia / Francesco Troia Fiat ABARTH 1000 S
rit[10] Ignazio Capuano / «Amphicar» [=Eugenio Renna] Chevron B 21 Ford Cosworth/ 1,8
rit[39] Salvatore Calascibetta / Giovanni Martino FIAT 124 SPIDER/1,6
rit[27] Jean Selz / Florian Vetsch PORSCHE 911 S/oltre 2,0
rit[2] ViC Elford / GIJS VAN Lennep Alfa Romeo 33 TT3/3,0
rit [15] Martin Davidson / Jack Wheeler Daren Mk 3-BRM/2,0

La gara è valida per il campionato del Mondiale Marche, che secondo il nuovo regolamento era riservato alle vetture Sport Prototipo fino a 3 litri. La Ferrari schiera una sola vettura in virtù del campionato già vinto, la fantastica 312 P con motore Boxer, che aveva dominato tutte le gare della stagione a cui aveva partecipato surclassando le rivali, viene affidata alla inedita coppia Merzario - Munari. L'alfa Romeo scende in campo decisa e convinta di vincere questa Targa e spezzare così il predominio Ferrari schierando quattro 33tt3 a 8 cilindri di 3 litri affidandole a piloti esperti come: De Adamich - HEZEMANS,  Stommelen - Vaccarella, Elford - Van Leneep e Galli - Marko, con le Lola e le Porsche a fare da terzo incomodo. Parte per primo Elford, dopo un minuto De Adamich, poi la Ferrari con alla guida Merzario, quindi Galli con l'Alfa n5 e in ultimo la coppia regina dell'Alfa n1 dei favoritissimi Stommelen - Vaccarella con al volante il palermitano. Elford tenta subito di fare il vuoto dietro di sé, ma la corsa per lui finisce quasi subito, è già fuori gara alla fine del primo giro per la rottura della coppa dell'olio della sua Alfa. In testa si porta subito la Ferrari di Merzario che raggiunge e supera già dal primo giro l'Alfa di De Adamich, seguono in classifica Galli e Vaccarella. Uno strepitoso Vaccarella si porta al secondo posto a discapito del compagno Galli, arriva ai box per cedere l'auto a Stommelen, che salito sull'auto si accorge che il motore non gira come dovrebbe, non sale di giri, e purtroppo è il ritiro inevitabile. L'Austriaco Marko intanto a preso il posto di Galli sull'Alfa n5 e raggiunge la Ferrari su cui era salito a sua volta Munari, Marko ben presto lo accoda, lo studia per alcuni km e infine lo supera con una manovra spettacolare al bivio di Polizzi. È un Marko scatenato che infila giri veloci su giri veloci, stabilendo alla fine il miglior giro di giornata e il secondo per soli 5 secondi di tutti i tempi. Quando alla fine del quarto giro lascia la guida a Galli ha un vantaggio sulla Ferrari seconda di circa un minuto e mezzo, Munari aveva scelto una guida prudente senza rischi perdendo tutto il vantaggio accumulato da Merzario. Questo tornato alla giuda con due giri da brivido sotto i 35 minuti riporta in testa la Ferrari mentre Galli tornato anche lui in pista non riesce a tenere il ritmo imposto da Merzario, anzi mentre era già secondo si concede una distrazione intraversandosi dopo una doppia curva che gli costa quasi un minuto, ai box consegna la macchina a Marko con uno svantaggio di un minuto e mezzo. Marko non si rassegna e parte subito come un razzo e incomincia un prodigioso recupero. La gara ormai volge al termine mancano infatti 150 km, sotto un sole cocente di mezzogiorno si consuma uno dei duelli più belli di tutta la storia della Targa Florio. Merzario in testa accusa dolori alla schiena causati dal seggiolino supplementare, questo disagio gli costa numerosi secondi al giro, Marko invece è una furia, metro dopo metro mangia terreno alla Ferrari. All'inizio dell'ultimo giro il distacco tra i due è di 42 secondi, ma già a Caltavuturo è sceso a 32, al bivio per Polizzi guadagna ancora e si porta a 28, e a Collesano il vantaggio della Ferrari è sceso a 20 secondi. Inizia la discesa verso il mare dove si fa la differenza, all'ingresso di Campofelice Marko e a soli 18 secondi, ma Merzario stringe i denti non concedendo più nulla a Marko che si deve arrendere dopo un ultimo giro da record fatto in 33'41 che sarà la seconda prestazione di tutti i tempi. Vincono Merzario - Munari questa 56ª edizione della Targa Florio in 6h27'48 alla fantastica media di 122'537 km/h record assoluto mai più battuto, secondi la coppia Marko - Galli su Alfa Romeo in 6h28'04, terzi l'altra coppia Alfa De Adamich - HEZEMANS in 6h46'12. Questa Targa del 1972 resta come la più bella del ciclo Mondiale per i toni agonistici raggiunti, fu la Targa della battaglia all'ultimo secondo, la Targa del ritorno Ferrari che batte lo squadrone Alfa con una sola vettura.

 

targa florio

Arturo MERZARIO e Sandro Munari su Ferrari 312 P vincono la 56^ Targa Florio con appena 16.9" di vantaggio sulla coppia Galli - Marko su Alfa Romeo 33tt3 con l'austriaco Marko che ferma i cronometri all'11° e ultimo giro sullo strepitoso tempo di 33'41" secondo tempo di sempre.

 

targa florio

Gara incolore per l'Alfa Romeo 33tt3 di Vaccarella - Stommelen costretti al ritiro al 4° giro.

 

targa florio

 

MERZARIO e la sua Ferrari 312P "muletto" provano la Targa. Sempre spettacolari gli attraversamenti dei paesi (in questo caso Campofelice) che si trovano lungo il tormentato percorso.

Dal Numero Unico della 56^ Targa Florio (Automobile Club Palermo):

PIÙ CHE MAI ALFA ROMEO - LA TARGA DELLE TARGHE
 

Il ritorno dell'Alfa Romeo alle competizioni agonistiche di più alto prestigio non si può dire sia stato dei più «facili», anzi: prima di ottenere affermazioni di una certa risonanza, le macchine e i piloti della Casa milanese hanno trascorso più di una stagione d'attesa, accontentandosi di successi di secondo piano e anche di più onorevoli piazzamenti. Erano gli anni in cui la Porsche, la Ford e la Ferrari si spartivano (in parti non sempre uguali) il bottino del campionato internazionale marche. La Porsche, in particolare, prendeva sempre più spavaldamente quota, fino a stabilire un dominio pressoché incontrastato. Comunque, anche nelle stagioni in cui la Casa di Stoccarda si lasciava strappare la vittoria in qualche corsa, sull'esito della Targa Florio potevano sussistere ben pochi dubbi: dieci successi su quindici edizioni davano alle macchine tedesche in Sicilia come un'aureola di magica imbattibilità.
L'Alfa Romeo aveva sempre brillato alla Targa, fin dai lontani anni venti, ma allorché ci accingemmo per la prima volta a compilare le classifiche che trovate aggiornate nelle pagine che seguono, ci pareva quasi impossibile non dover trovare in testa alle «marche», a conclusione dei conteggi, la Porsche - pigliatutto. E invece l'impossibile si avverò: per una specie di... prodigio statistico l'Alfa, che non vinceva dal 1950, precedeva con un buon margine di punti la poderosa rivale.
«Inventare» questo tipo di primati è caratteristico di chi è in qualche modo costretto a consolarsi con il passato di un presente non proprio lieto, e chi scrive ne aveva ben chiara coscienza, nella primavera del 1970, a pochi giorni, cioè, da una delle più massicce affermazioni Porsche in Targa. La Casa milanese aveva trentasette lunghezze di vantaggio sull'avversaria, il che consentiva di rilevare come «anche nell'ipotesi più nera (sei 'bolidi' di Stoccarda ai primi sei posti della Florio 1970)», il primato sarebbe rimasto pur sempre (sia pure per soli dodici punti) nelle mani dell'Alfa. L'ipotesi nefasta non si verificò ma... quasi. La Porsche, nella Targa edizione numero 54, conquistò venti dei venticinque punti disponibili, piazzando le proprie vetture al primo, secondo, quarto e quinto posto; gli altri cinque punti toccarono alla Ferrari (terza e sesta), mentre l'Alfa rimase malauguratamente a zero. «Sicché oggi — scrivevamo giusto un anno fa — vigilia della Targa numero 55, i punti che dividono la Casa del quadrifoglio dalla irriducibile inseguitrice tedesca si sono ridotti a diciassette: 223 contro 206, Questo significa, ahimè, che la Porsche è quest 'anno in condizione di sferrare l'attacco decisivo, di scavalcare finalmente la grande rivale e di tappare la bocca a tutti, ma con particolare soddisfazione ai... giornalisti 'inventori' di records».
Nient'affatto : l'Alfa ha azzeccato lo scorso anno l' «en plein» che sapete, con Vaccarella - Hezemans e de Adamich - Van Lennep ai primi due posti e ottenendo ben quindici punti contro i quattro della Porsche, finita solo quarta e sesta. Quest'anno, dunque, la Casa del Portello gioca come suoi dirsi sul velluto: anche nell'ipotesi praticamente assurda di sei Porsche ai sei primi posti della Targa numero 56, la classifica non cambierebbe «leader», sia pure per tre soli punti.
Mutamenti più interessanti possono aversi bensì nelle altre graduatorie. In quella dei piloti potrebbe addirittura cadere il primato di Umbertone Maglioli, che potrebbe
essere scalzato da Joakim Bonnier nel caso questi riuscisse ad ottenere la propria terza vittoria a Cerda. A quota tre vittorie (insieme a Maglioli e a Gendebien) potrebbe quest'anno giungere anche «l'enfant du pays» Ninni Vaccarella e, fra i piloti in attività di servizio, nessun altro.
Un «bis» dell'Alfa Romeo consentirebbe inoltre alla stessa di pareggiare con la Porsche il conto delle vittorie nella corsa più antica del mondo.
Tutto il discorso si regge, naturalmente, sulla applicazione a tutte le edizioni della gara del punteggio in vigore nel campionato mondiale piloti di F. 1 (9 punti al primo, 6 al secondo, 4 al terzo, 3 al quarto, 2 al quinto, 1 al sesto), punteggio in vigore fino al 1971 anche nel campionato internazionale marche di cui la Targa fa parte. Qui però le cose, da quest'anno, sono cambiate: 20 punti al primo, 15 al secondo, 12 al terzo, 10 al quarto, 8 al quinto, 6 al sesto, 4 al settimo, 3 all'ottavo, 2 al nono, 1 al decimo. Dall'anno prossimo, dunque, la «Targa delle Targhe» dovrà cambiare formula.
Gianni Cancellieri

PARLIAMO DI GOMME

Una volta le gomme erano rotonde: non che adesso siano diventate quadrate, ma sono diverse, vale a dire che mentre una ruota resta sempre rotonda, la «sezione» cioè quello che si vede di un copertone se lo si taglia nel senso del raggio ha subito una trasformazione profonda. Ripetiamo quindi che una volta le gomme erano rotonde, il che vuoi dire che la sezione era quasi perfettamente circolare e perciò la dimensione del copertone era data da una misura che ne indicava indifferentemente la larghezza o l'altezza dal cerchione, oltre naturalmente al diametro della ruota completa o del cerchione stesso.
Poi le cose cominciarono a cambiare, molto lentamente al principio e più rapidamente in anni recenti: ci furono è vero profonde innovazioni nel campo delle mescole dei battistrada e delle strutture delle carcassa, tra cui la più importante è stata la adozione del tipo radiale o «cinturato». Ma c'è stata soprattutto una rivoluzione dal punto di vista delle dimensioni cioè del rapporto tra larghezza e altezza della sezione: come abbiamo detto al principio le due misure erano pressappoco uguali poi l'altezza del copertone cominciò a diminuire mentre la larghezza aumentava, prima per le gomme da corsa e poi per quelle da turismo che seguivano la esperienza ed il progresso insito nelle competizioni. Dopo un lungo periodo in cui l'altezza era di circa il 90 per cento della larghezza, si passò all'ottanta per cento e questa è la misura ancor oggi della maggior parte delle gomme di serie, mentre si usa spesso anche il tipo 70 cioè dove l'altezza è solo più il 70 per cento della larghezza e si parla già del tipo 60.
Ma per le auto da corsa la trasformazione è stata ancor più drammaticamente vistosa: le gomme assomigliano ormai a ciambelloni in cui l'altezza della sezione è solo più la metà della larghezza ed anche meno: le Firestone usate dalla Ferrari hanno le dimensioni seguenti: le ruote anteriori montano il tipo 8,6/20 x 13 mentre quelle posteriori sono 13,5/24 x 13.
Che cosa si cerca in pratica? Aderenza, sempre maggiore aderenza, cioè la possibilità di tenere in strada la macchina quando, in curva, si arriva al limite in cui la forza centrifuga eguaglia il peso, oppure quando in rettilineo si vuole avere la massima accelerazione e la massima frenata.
In un circuito come quello della Targa Florio la importanza delle gomme è enorme perché si presentano in una successione martellante tutte le caratteristiche stradali che comportano le esigenze citate; se si considera che a parità di potenza del motore, di rendimento del pilota e di tenuta del telaio, la maggiore bontà di una gomma consenta di guadagnare un solo decimo di secondo in ogni curva, si ottiene che sulle circa ottocento curve di un giro si guadagna come 80 secondi cioè un minuto e venti secondi!
La gomma più «incollata» a terra è fatalmente la gomma più tenera e quindi quella che si consuma più rapidamente; la bravura dei tecnici consiste allora nel trovare la giusta proporzione tra la tenuta di strada e quindi la morbidezza e la tenuta alla distanza che comporta una maggiore durezza della mescola; è poi compito dei costruttori delle vetture far si che i movimenti delle sospensioni si compiano con il minimo di attrito della impronta a terra della gomma, ed è questo un compito tutt'altro che facile, come si può giudicare dal fatto che spesso le stesse gomme vanno benissimo su una macchina e malissimo su un'altra.
Fabbricare le gomme delle auto da corsa moderne non è una cosa facile: si tratta di far restare in piano un copertone largo 40 e più centimetri con una pressione bassa e con sollecitazioni enormi, far che duri a lungo, che non si deformi e perda, tutta una serie di esigenze contrastanti, che ha fatto dire a più di un progettista di auto da corsa che veramente "la macchina è l'accessorio delle gomme" come aveva affermato Michelin.
Gianni Rogliatti

Discorso sui massimi sistemi (automobilistici)

- È stato confermato che la Ferrari partecipa alla Targa Florio con una sola vettura per Munari e Merzario?
Si. Ma sai con il Commendatore non si può essere sicuri fino a qualche momento prima della partenza. E così imprevedibile nelle decisioni quello là.
- E perché con una sola 312? Tu che dovresti essere addentro alle segrete cose della Targa potresti ben sapere perché il «Comando» usa da anni questo atteggiamento indisponente nei confronti della corsa siciliana?
Ti interessa conoscere la giustificazione ufficiale o la mia opinione su questo forfait?
- Preferisco la tua opinione. Le giustificazioni ufficiali di Ferrari non incantano più.
Si è vero non incantano più le persone di buon senso, ma è altrettanto vero che un buon ottanta per cento degli appassionati crede più alle parole di Ferrari che alle altre. Prendono per buono tutto quello che dice perché lui è Ferrari, perché si porta rispetto agli anziani, per la sua prosa pungente e piacevole fatta di parole semplici ma efficaci.
- Beh allora dimmi anche la versione ufficiale. Forse riuscirò a comprendere meglio l'inspiegabile arcano.
Giustificazioni lui ne ha date tante. Variano a seconda degli interlocutori che gliele chiedono. Per esempio nel corso dell'inaugurazione di Fiorano, dinanzi a qualificati esponenti dell'ambiente automobilistico, ebbe a precisare che non mandava giù la squadra al completo perché in Sicilia non ha interessanti impegni di carattere commerciale ed avvalorava la tesi affermando che in un anno nell'isola vende a stento una sola Daytona Gran Turismo. Poi ha parlato di limitato interesse tecnico per la corsa delle Madonie ricordando che la Targa Florio — secondo certe indiscrezioni — non sarebbe più stata, a partire dal prossimo anno, prova valida per il titolo mondiale. Per questo riteneva inutile accumulare delle esperienze non sfruttabili in futuro. Finì poi per aggiungere che i suoi piloti ((di serie A) non conoscevano il circuito delle Madonie, che non avevano voglia di correre, che lui non era disposto a far rischiare due conduttori come Ickx e Regazzoni che difendono i colori delle sue macchine nel più impegnativo campionato del mondo piloti. A condire il tutto aggiunse che il calendario agonistico era cosi intenso da non consentire la partecipazione ad una corsa che richiede una lunga ed accurata preparazione come la Targa Florio. A sentir lui la decisione di schierare una sola vettura è pienamente giustificabile. Poi, quando si riconoscono i retroscena, ci si accorge come Ferrari si diverta a bluffare.
- Bluffare?
Sì proprio così per conto mio...
- E allora quali sono questi retroscena?
Nel 1971 venticinque delle seicento vetture gran turismo vendute dalla Ferrari nel mondo sono finite in quella Sicilia che lui non ama molto. Quella storia che a partire dall'anno prossimo la Targa non sarà più prova titolata altro non è che una vecchia proposta di un delegato italiano della OSI allo scopo di ottenere altri vantaggi per Monza. Ma la richiesta non è ancora stata accolta e credo che non lo sarà convinto come resto che la Targa i suoi veri amici li ha all'estero e non in Italia. E poi si sa che spesso a condizionare le decisioni della CSI contribuisce in buona parte l'associazione dei piloti. Il presidente di questa associazione, Bonnier, da una dozzina d'anni è sempre presente alla corsa dell'A.C. Palermo. Quella del «no» di alcuni piloti poi altro non è che una storia inventata dal «Padrino» di Maranello per coinvolgere nella questione altri complici innocenti. Sai meglio di me che in fatto di diplomazia Ferrari potrebbe benissimo fare l'ambasciatore americano a Mosca. Ho parlato più volte con Ickx e Ragazzoni. Entrambi mi hanno confessato che per due mesi hanno pregato tecnici della Casa e lo stesso Ferrari per ottenere una 312 P e correre sulle Madonie perché considerano la corsa siciliana una delle più belle ed interessanti in quanto offre la possibilità di far emergere più chiaramente le capacità dei piloti. Quanto all'intenso calendario agonistico si sa che la Targa Florio non è stata iscritta in calendario ieri o l'altro ieri. E noto dallo scorso ottobre che la corsa dell'A.C. Palermo è la settima prova del campionato del mondo e che si svolge il 21 maggio. È mancata soltanto la buona volontà perché il tempo per preparare macchine e piloti c'era e come.
-
Ma allora secondo te perché dice tutte queste difficoltà?
Si fa forte del fatto che non tutti conoscono i retroscena e non possono contrastarlo. E poi perché si diverte a far credere alla gente cose inverosimili. E il suo carattere. Ha fatto così per oltre sessant'anni. Vuoi che cambi adesso?
- Queste sono le giustificazioni ufficiali. E la tua opinione?
Beh, Ferrari ha sempre dimostrato di essere un grosso politico e per questo non gli si può addossare alcuna colpa. Bada ai suoi interessi come meglio crede. Se il nome della Ferrari è grande, è grande anche per questo. Lui non corre in Sicilia perché ha vinto le prime prove del campionato, accumulando così tanti punti che gli consentono di vivere sugli allori e di rinunciare alle corse che non gli garbano. Se lui avesse perduto a Sebring, a Daytona o a Monza allora sarebbe venuto giù alla Targa Florio non con una ma con tre o quattro macchine. Il vero motivo comunque del suo ridotto impegno in Sicilia per conto mio è dovuto al particolare che il Commenda non è assolutamente disposto a darla vinta all'Alfa Romeo. Dopo la Targa Florio, qualunque risultato verrà fuori, si potrà pavoneggiare con altre dichiarazioni esplosive. Se Munari - Merzario vincono potrà dire che con una sola 312 P è riuscito a sconfiggere lo squadrone Alfa. Se perde la corsa dirà che l'Alfa ha vinto, ma non ha battuto la grande Ferrari in quanto l'unica macchina schierata non era condotta da piloti di grido, ma da un debuttante (Munari) e dall'eterno escluso della formazione (Merzario). Per aumentare il coefficiente di credibilità di questa tesi dirà anche che lui non avrebbe voluto partecipare e se lo ha fatto to ha fatto soltanto per accontentare i due piloti. La scelta di Munari e Merzario rappresenta poi per conto mio un altro capolavoro della diplomazia Ferrari. Se il rally man della Lancia fa «cilecca» potrà dire ai più intimi di avere avuto la conferma sulle limitate capacità di quei piloti italiani che lui non predilige affatto perché gli hanno procurato impopolarità e grane di vario genere. Se tutto va bene allora potrà affermare che ha saputo fiutar bene, che lui sapeva già che Munari era un campione. L'atteggiamento nei confronti di Merzario non sarà molto diverso. Se va male dirà che ha fatto bene a tenerlo in naftalina per due anni, se va bene dirà che conosceva le capacità del comasco sul circuito siciliano e per questo lo ha fatto correre. E in questa operazione avrà dalla parte sua tutta la stampa nazionale pronta a sopravvalutare o a distruggere i miti. Una possibilità di affermazione dei due è da escludere. Schierando una sola macchina il Commendatore ha responsabilizzato troppo i due uomini. Dalla loro Targa Florio dipende una conferma in squadra per altre corse o un defenestra mento a lunga e lenta scadenza.
- Adesso ho capito tutto. In fondo però lui non ha disertato la corsa siciliana. E presente con una macchina?
Ma anche qui c'è il retroscena. Se il 21 a Cerda ci sarà una 312 questa ci sarà per la Fiat non certo per Enzo Ferrari. La Casa torinese ha interesse che le sport di Maranello corrano ovunque specialmente ora che vincono e poi alla Fiat non piace rimangiarsi le parole date per una questione di serietà aziendale. Ferrari ha detto che correrà con una macchina e la promessa deve essere rispettata.
- Ora i motivi sono chiari. A parte tutto mi sembra criticabile che una Casa italiana non partecipi ad una corsa italiana in forze, una corsa che per conto mio rappresenta un patrimonio nazionale come il Colosseo o una tela di Leonardo da Vinci, una corsa famosa e che tutti vi invidiano. Questo significa anche danneggiare lo sport automobilistico nazionale che gode di una gloriosissima tradizione. È sorprendente che lui per sette od otto volte l'anno spedisce in America da tre a quattro macchine via aerea e poi non è capace di inviarne tre in Sicilia, a due passi dalle sue officine.
- Si ma questa, non è colpa di Ferrari, ma dei massimi organi sportivi nazionali. Nonostante questi discutibili atteggiamenti Ferrari percepisce un cospicuo numero di milioni dall'Automobile Club d'Italia per l'attività sportiva. Sa che glieli danno a prescindere e tira la corda.
- Ma con i potenti mezzi della Fiat che vuoi che siano quei milioni? E allora perché glieli danno?...  - Senti, ma in Italia sono numerosi i «Ferrari».
Tutti gli italiani amano distruggere i privilegi del vicino per apparire più importanti. Ferrari è certamente un caposcuola di tanti italiani. Per fortuna la Targa Florio, nonostante la sua non più giovane età, è resistente, e ancora capace di sfidare il tempo e di sconfiggere i suoi nemici. Con o senza Ferrari la Targa è riuscita, e riuscirà ancora, ad offrire uno spettacolo eccezionale. Anche se corriamo noi due soli con una cinquecento. Quello che nessuno potrà distruggere è il calore umano dei siciliani, il fascino delle vecchie corse su strada, l'impegno richiesto dal tracciato e tutto l'inimitabile contorno.
Per fare in modo che restasse una traccia dell'inspiegabile atteggiamento della Ferrari nei confronti della corsa delle Madonie, un atteggiamento che dura da anni, ho preferito riepilogare in breve il colloquio che ho avuto, appena venti giorni addietro, alla vigilia del Gran Premio di Spagna, con un autorevole collega francese innamoratissimo della nostra corsa.
Pietro Rizzo
LA TARGA IN TECHNICOLOR

Un'inchiesta sullo sport nel Sud, qualche mese fa, mi portò a Palermo. E Palermo, per una città «automobilistica» come Torino — dove vivo — significa tanto: significa Targa Florio, significa primi passi dell'automobilismo sportivo, significa prime esperienze, primi campioni.
All'avvocato Sansone, patron della manifestazione, dovevo chiedere come mai la Targa continui a resistere, a sopravvivere, nonostante tutte le difficoltà in cui si muove. Serafico, l'avvocato mi rispose: «Perché la Targa è la Targa e nessuno, al momento cruciale, si sente di farla morire.»
Già, la Targa è la Targa e nessuno, meglio di un siciliano come me, che l'ha vista tante volte muoversi, vivere, somigliante a un serpente colorato per le sue strade, può intuirne nell'aria gli odori caratteristici: quello che le vetture lasciano al loro passaggio, quello di zagara che viene dalle campagne che si assiepano attorno al circuito, quello delle frittate che centinaia di migliaia di spettatori consumano per la colazione.
Nessuno, meglio di un siciliano che ha vissuto quest'esperienza molte volte, può immaginarla, la Targa, ora per ora, sempre uguale, come un rituale, «dentro» e «fuori».
La Targa ha inizio quando se ne comincia a parlare sui giornali, quando si comincia a scrivere di Vaccarella. E finisce quando Vaccarella si ritira o quando egli arriva al traguardo. Questa è la sensazione maggiore che si ha, a proposito dell'avvenimento dal punto di vista tecnico, quale lo vede l'uomo della strada.
Poi c'è il colore. E il colore significa la folla. La folla della Targa è sempre uguale. La corsa, per la folla, comincia con le prove. A Cerda vanno allora i veri appassionati, i «tecnici» quelli che cercano di guardare nel motore delle macchine, quando i meccanici lo mettono a punto e che trinciano giudizi, fanno previsioni. Quelli che già dividono i partecipanti in due categorie — gli «scarcagnati» o i «toghi» — ancor prima di conoscere i tempi delle prove. Si, perché certa gente bada principalmente al colore delle macchine, all'aspetto del pilota, soprattutto al rumore del motore, per dare il proprio giudizio.
Finite le prove e formulata la classifica di previsione, questi «tecnici», si ritirano nella loro postazione, che può essere sulle tribune di Cerda, come al rettilineo di Bonfornello. Ognuno ritiene di aver scoperto il punto dove si decide la corsa, punto che inevitabilmente è vicino o alla casetta di campagna del cugino Fifi, o nei pressi della trattoria dove si mangiano prodigiosi involtini o accanto al villino da cui una bella e prosperosa fanciulla offre generose prospettive a parziale consolazione delle fasi cruciali della corsa che non si vedono.
Poi ci sono i «non tecnici». A costoro interessa principalmente il biglietto omaggio per le tribune e la bontà della frittata che la moglie preparerà per il picnic ai bordi del circuito. I «non tecnici» sono i più, ovviamente. Per costoro il biglietto omaggio per l'ingresso è un punto d'onore. Ottenutolo a costo di scomodare amicizie influenti, essi arrivano a dieci chilometri dalle tribune due ore prima del «via», percorrono pazientemente a piedi la strada verso Cerda dopo essere stati rispediti indietro dai vigili, loro e le loro vetture, che credevano di poter arrivare ai box, e poi cominciano ad arrosolarsi al sole.
La Targa è una cosa che stanca anche gli spettatori. I primi giri vengono seguiti col giornale in mano, con una certa scrupolosità nel segnare i tempi, nell'annotare i «passaggi». Poi, verso mezzogiorno, la prospettiva dei «non tecnici» cambia. Si va alla ricerca del posto migliore per consumare le frittate e le uova sode. Ogni tanto si chiede: «Chifici Vaccarella?», ma si capisce benissimo che è un pretesto. Per il resto, ognuno pensa alle formiche finite sul formaggio, al bacio furtivo da «rubare» alla controllatissima fidanzata o alla strizzatina d'orecchio d'intésa alla signora del piano di sopra.
Quando manca un'ora alla conclusione della corsa, e Proserpio comincia ad accalorarsi al microfono, i «non tecnici» si chiedono soprattutto se Vaccarella ce la farà. Se .sii" restano per il decretargli il trionfo. Se le prospettive sono scarse, allora la scusa di evitare gli inevitabili intasamenti per il ritorno è la migliore per tagliare la corda. Poi, in ordine d'importanza, nella «casistica» delle scuse vengono: la stanchezza dei «picciriddi», il mal di pancia che prese alla zia («mischina, è anziana»), il battesimo del figlio di comare ia, a cui non si può mancare.
I «tecnici», invece, restano sino all'ultimo: il trionfo del vincitore, i tempi, l'ispezione alle macchine è un rituale, come la perdita della voce. L'indomani, in ufficio, l'intrecciarsi dei discorsi afoni sono un'innegabile prova della presenza alla Targa una specie di «fiore all'occhiello» per poter dire: anch'io c'ero...
Per tutti, in ogni caso, una giornata eccezionale: per i «tecnici», che aspetteranno la prossima Targa, la possibilità di parlare della corsa per un anno. Per i «non tecnici», il ricordo di un tumultuoso pic-nic fra le ginestre, le formiche, l'odore di «olio di ricino» (così lo chiamano) che le vetture lasciano al loro passaggio. Amor sacro e amor profano s'intrecciano, fra il rombo di un motore e un morso al formaggino, tra adolescenti o maturi vicini di casa. E ognuno, a modo suo, avrà un ricordo personale di una gara che vive e vivrà «perché è la Targa», come dice uno dell'abilità e della forza di Sansone.
Franco Zuccalà

La  più antica corsa del mondo è alla sua ultima edizione ?

Quest'anno l'Automobile Club di Palermo organizza per la cinquantaseiesima volta la Targa Florio. Non è senza fatica che il sodalizio palermitano lotta per mantenere in vita questa tradizione. Ormai da molti anni si dice a mezza voce «La Targa Florio, ma è l'ultima volta che si svolge», ma nonostante i venti contrari il Presidente Sansone e la sua équipe riescono sempre a superare tutte le difficoltà. E bisogna riconoscere che di difficoltà ce ne sono parecchie tanto dal lato organizzativo che da quello dei concorrenti. Per un organizzatore infatti vi sono parecchi fattori che entrano in gioco, primi fra tutti quelli economici e quelli della sicurezza.
La Targa Florio è probabilmente la corsa più seguita del mondo, ma il 90 per cento degli spettatori assistono allo spettacolo senza pagare neppure una lira. Soltanto l'accesso alla zona delle tribune è a pagamento, ma questi incassi non servono certamente a coprire le enormi spese che richiede una simile organizzazione.
Il Governo regionale siciliano interviene dunque per consentire agli organizzatori di ingaggiare un gruppo di piloti professionisti, e di squadre ufficiali le cui esigenze economiche crescono di anno in anno.
La Porsche, che ha dominato in terra di Sicilia durante gli ultimi dieci anni, era addirittura arrivata a costruire uno spider progettato espressamente per le strade delle Madonie. In ogni caso i premi di partenza non possono coprire le spese di un costruttore. Di conseguenza si assiste a un certo disinteresse dei costruttori per la onerosa trasferta siciliana.
La sicurezza poi è uno dei punti neri degli organizzatori. È impossibile su un percorso di 72 chilometri assicurare una «sicurezza totale» e in caso di incidente soltanto l'elicottero si rivela efficace, ma non ve ne potranno mai essere troppi per sorvegliare la totalità del percorso. La leggerezza degli spettatori, ammassati ai margini della strada (quando poi addirittura non la traversano con disinvoltura) non facilita certamente il lavoro del servizio d'ordine.
COSA FARE PER SALVARE LA PIÙ ANTICA CORSA DEL CALENDARIO?
Un paio di anni addietro, durante la nostra consueta visita in Sicilia in occasione della Targa, gli organizzatori ci avevano lasciato intendere la possibilità di costruire un circuito di 22 chilometri. Pur sapendo che una simile impresa richiede l'impiego di svariati miliardi di lire, è soltanto a queste condizioni che l'Automobile Club di Palermo potrà trovare i fondi e la comprensione degli organi di governo per dare nuova linfa alla Targa Florio, che vorremmo tuttavia mantenere come una prova leader della stagione internazionale. La Targa Florio è per le corse di durata quello che il Gran Premio di Montecarlo è per la formula 1, cioè a dire una atmosfera,particolarissima e inimitabile.
I PROTAGONISTI DELLA PENTECOSTE
Quest'anno la Targa Florio si svolge la domenica di Pentecoste, e questa volta, dopo tantissimo tempo, le Porsche non saranno presenti. Le vetture tedesche che hanno dominato in Sicilia per oltre un decennio non partecipano più alle prove di durata. Quest'anno dunque la vittoria non potrà sfuggire a Ferrari o all'Alfa Romeo perché ne la Mirage M6 ne la Lola T 280 saranno al via. Sulla carta la Ferrari dovrebbe vincere, dal momento che la splendida «barchetta» 312P ha dominato spavaldamente sin dall'inizio della stagione. Ma la Casa modenese allineerà probabilmente soltanto una vettura di fronte all'imponente partecipazione delle Alfa Romeo. È poco per imporsi su questo difficile tracciato.
Solo le sport due litri potranno levare le castagne dal fuoco se la bagarre tra le vetture italiane lascerà dello spazio di azione a queste rapide «barchette» di scuola inglese.
Eric Della Faille

FERRARI: un successo che si chiama efficienza

Parlando ad un gruppo di invitati ed amici in occasione dell'inaugurazione della pista di prova di Fiorano, Enzo Ferrari ebbe a dire: «Ci sono oggi dei modi nuovi di realizzare le auto da competizione. Non è più un uomo solo, come Vittorio Jano, che progettava, modificava e, magari, provava. Ora ci può essere un ingegnere che merita di venire adoperato al massimo delle sue qualità progettative ed un altro al quale è opportuno dare il dovere esecutivo per l'applicazione pratica della vettura progettata».
Il discorso calza benissimo per quanto si riferisce al settore sport, il settore che più soddisfazioni ha portato alla Ferrari con le sue affermazioni in serie nella lotta con l'Alfa Romeo e le britanniche Lola e Gulf - Mirage. Prescindiamo dalle considerazioni tecniche e dal valore dei piloti che guidano le 312-P, rimaniamo agli uomini che presiedono a questo ramo dell'attività della Casa modenese. Ebbene, a nostro avviso, senza voler minimamente imbastire un «culto della personalità», riteniamo che Peter Schetty e Giacomo Caliri abbiano contribuito in modo notevole ai trionfi Ferrari.
Peter Schetty e Giacomo Caliri, come sapete, sono rispettivamente il direttore sportivo e il responsabile tecnico della marca del Cavallino Rampante per le tre litri biposto. Schetty compirà 30 anni il 21 giugno, Caliri ne ha 31, è sposato ed ha due bambini. Il primo è svizzero, il secondo è nato a Catania. Due temperamenti opposti, due caratteri che parrebbero portati a scontrarsi, e invece Peter e Giacomo assomigliano ai consoli dell'antica Roma: una coppia che va d'accordo e che ha saputo trasmettere alla squadra entusiasmo, allegria e concordia. Dite poco?
«Rispetto ad altri direttori sportivi — dice Schetty —, ho alcuni vantaggi. Come ex-pilota, conosco perfettamente i circuiti, le reazioni della macchina ad essi e, quindi, gli adattamenti più efficaci, le esigenze dei nostri corridori. Tutto questo mi fa guadagnare tempo e mi permette di collaborare alla messa a punto delle nostre 312-P».
Direi, però, che il merito maggiore di questo piccolo e solido svizzero in possesso di due lauree consiste nell'aver portato ordine e metodicità di lavoro nel box Ferrari. E per box intendiamo sia le operazioni che precedono la gara sia le attività che si svolgono durante la stessa. I meccanici sanno cosa debbono fare, gli utensili sono ai loro posti, gli estranei sono allontanati con cortese fermezza. A Schetty non scappa nulla: è in continuo movimento, passa dai piloti a Caliri, dai meccanici ai tecnici della Heuer che amministrano le apparecchiature elettroniche di cronometraggio. Si esprime in quattro lingue, e non perde un colpo. Gli stranieri sono ammirati. «Ma questa — ammettono con stupore — è una organizzazione alla tedesca».
Schetty se la ride. Afferma con tranquillità: «Ma no, è che fare il direttore sportivo non comporta particolari difficoltà. È un lavoro facile, anzi». Penso che, sotto sotto, Peter rimpianga la sua attività precedente di pilota, prima dell'Abarth e poi della Ferrari. Si consola collaudando personalmente le 312-P allestite dalla fabbrica, anticipando di qualche giorno le prove «ufficiali» sul circuito di gara. Una volta ha confessato: «Ho capito che le vetture da corsa lasciano margini sempre più stretti a chi guida ed ho preferito smettere». Tuttavia, Ickx.o Andretti o Peterson lo considerano «uno dei loro», cosa che non poteva certo accadere ai tempi di Franco Lini o di Franco Gozzi, al massimo capaci di portare al limite una «500».
C'è una sola gara che Schetty non conosce, la Targa Florio. «Per me — ammette — è un po' un mistero. Non sono mai venuto in Sicilia, né come pilota né come direttore sportivo. La cosa mi impensierisce un po'. Per dirigere bene il box, bisogna sapere tutto di una corsa, dagli uomini che la organizzano all'atmosfera in cui si disputa. Mi farò aiutare». E nel clima di Gruppo Fiat pare che questo aiuto si concreti nella figura di Cesare Fiorio, visto che la Lancia non partecipa alla presente edizione della Targa.
Per Caliri i problemi sono forse minori. Lui, catanese puro sangue, sa tutti i segreti della più fantastica prova del campionato mondiale. Per questo dice: «Una corsa a se stante, una corsa imprevedibile, dove può accadere ogni cosa». Caliri lasciò la Sicilia negli Anni Sessanta per studiare ingegneria al Politecnico di Torino, dove si laureò nel 1967. Il giovanotto fece per sei mesi l'assistente del prof. Morelli, poi, con una lettera di presentazione dell'illustre docente, si recò a Maranello.
«Fin da bambino — confessa — ho sognato di lavorare alla Ferrari. L'ingegnere mi ricevette, gli parlai dei miei studi sull'aerodinamica. Stemmo insieme due ore e, alla fine, mi trovai assunto». Caliri cominciò un lavoro prezioso anche se oscuro, rivelandosi in breve tempo come uno dei migliori specialisti del settore. Con il geometra Rocchi, sotto la supervisione di Mauro Forghieri, operò alla realizzazione della 312-P ed al successivo sviluppo.
Caliri dice: «È una buona macchina con un motore di grandi prestazioni. La 312-P, secondo me, non ha particolari doti ma neppure difetti. È ben equilibrata, armonica in tutte le sue parti, sincera per chi guida. I piloti sono contenti, sanno di potersi fidare. Noi, a nostra volta, abbiamo una certezza: se il corridore ottiene un tempo eccellente in prova, lo ripeterà in corsa».
Questi i due uomini delle sport Ferrari. A loro bisogna aggiungere i meccanici, che, suddivisi in squadre di tre, accudiscono a ciascuna delle due 312-P destinata ad ogni coppia di piloti. Molti sono giovani, appena agli esordi, eppure in questi mesi hanno dato prova che la scuola Ferrari è scuola di classe. Cuoghi e Bellentani sono i «capi» del gruppo di uomini che cerca di rendere perfetta ogni vettura. Impresa non facile, ma che, finora, nel complesso, è riuscita in modo eccellente.
Michele Fenu

UNA STORIA DI UOMINI

Nell'albo d'oro della Targa Florio ci sono due soli nomi di piloti siciliani: barone Antonio Pucci e Nino Vaccarella. Il «barone» divise il successo con Colin Davis sulla Porsche nell'edizione del 1964; Nino Vaccarella s'impose l'anno dopo in coppia con Lorenzo Bandini sulla Ferrari e bissò il successo l'anno scorso in coppia con Toine Hezemans sull'Alfa Romeo. Ora il barone Pucci, pilota-gentleman, non corre più e dunque il calore del pubblico siculo è tutto e soltanto per il vice-preside Nino Vaccarella che sulle strade delle Madonie è nato e che percorse la prima volta nella «Targa» quindici anni fa con una Lancia Aurelia 2500. Dal 1958 fino ad oggi è mancato all'appuntamento due sole volte: nel '63 perché gli avevano temporaneamente ritirato la patente e nel '64 perché Enzo Ferrari, con una mossa impopolare, giudicò la corsa poco interessante per le sue macchine e non vi partecipò lasciando così appiedato «Ninuzzo». Nino Vaccarella è considerato il maestro della Targa Florio perché su queste strade che conosce metro per metro egli sa rendere più di chiunque altro. È anche il tifo del «suo» pubblico a dargli la carica, a spronarlo a rendere al massimo. Dodici partecipazioni e due successi. Vaccarella ha conosciuto cinque volte l'amarezza del ritiro. Nel 1960 ebbe dalla Maserati una 3 litri ufficiale da guidare con Umberto Maglioli. Accarezzò il sogno di vittoria ma dovette ritirarsi quand'era primo. Così ricorda lui quella Targa. «Quando il 14 aprile 1960 ricevetti il telegramma che mi comunicava che ero stato prescelto dalla Maserati per pilotare la nuova sport 2890 della scuderia americana Camoradi, in coppia con Umberto Maglioli, già affermato campione, provai tanta gioia e tanta emozione difficile a descriversi. Pensa, un pilota agli inizi della propria attività con delle affermazioni sì ma di carattere nazionale, chiamato a prendere parte ad una manifestazione internazionale, alla gara più suggestiva, più leggendaria, più veterana del mondo con una vettura ufficiale ed accoppiato ad un pilota così esperto. Ciò che avevo sognato fin da ragazzo si trasformava in realtà, nella più bella realtà. Nei giorni che precedettero la corsa credo di essere stato felice e fiero come mai in vita mia». Aggiunge: «Non avrei mai creduto, nonostante la mia perfetta conoscenza della strada e la buona disposizione alla guida della Maserati di essere capace di inserirmi nel vivo della lotta, essendo privo di esperienza internazionale ed essendo per la prima volta di fronte ai migliori piloti del mondo. Ero convinto, invece, di recitare la parte di buon rincalzo: tutto qui. Ma quando il cronometro, giudice inflessibile, mi diede il suo responso, allora capii che forse anch'io avrei potuto dire la mia parola. «I due giorni d'intervallo che vi furono tra le prove e la gara mi resero molto nervoso, appunto perché conscio della mia alta responsabilità e soprattutto perché intravidi la grande occasione di poter riuscire in una impresa che fino a poco tempo prima sarebbe stato da pazzi soltanto pensare». Il seguito di questo sogno svanito è scritto su «Auto Italiana». «Il settimo giro era il più entusiasmante», scrive il cronista. «Vaccarella, autentica rivelazione, preparatissimo e ormai lanciato, segna il miglior tempo fino a quel momento: 44 minuti e 35 secondi e passa con ben 3 minuti e 12 secondi sulla Porsche di Hermann il quale per altro cede la guida a Bonnier che riparte in tromba alla caccia del primato perduto. Alla fine dell'ottavo giro Vaccarella avrebbe dovuto fermarsi e cedere, dopo il rifornimento, la macchina a Maglioli destinato a portare la Maserati alla meritata vittoria. Ma ecco la fatalità: un sasso buca il serbatoio della bassissima Maserati, Vaccarella tenta un rifornimento di fortuna, riparte, resta con il motore spento, urta, si ritira e con il suo arresto la Targa Florio 1960 è finita e perduta per noi».
La stessa «Auto Italiana», cinque anni dopo, commentando la Targa Florio che Nino Vaccarella era riuscito a far sua scriveva: «Stavolta l'entusiasmo dei siciliani ha raggiunto limiti inimmaginabili. Stavolta il migliore dei piloti siciliani, e per noi forse il migliore degli italiani, ha dominato la Targa Florio dal principio alla fine, avendo posto già dal giorno delle prove una grossa ipoteca sulla vittoria ed avendo poi mantenuto la promessa implicitamente fatta ai suoi focosissimi tifosi con una condotta di gara che è stata allo stesso tempo entusiasmante per la irruente azione di forza e di abilità e assai saggia per la «dosatura» dello sforzo operata da tattico consumato.
«Nino Vaccarella, ha vinto la 49.ma Targa Florio, raggiungendo finalmente un traguardo che lo ha assillato per anni ed in funzione del quale egli aveva sopportato sacrifici ed anche ingiustificate mortificazioni. Forse Nino Vaccarella avrebbe pensino rinunciato alle altre grandi vittorie ottenute negli ultimi anni, quelle del Nürburgring, di Le Mans, per avere la corona intessuta di foglie d'arancio che a Cerda premia i vincitori in luogo della tradizionale corona d'alloro. Era la «sua» corsa, e doveva ben vincerla una volta o l'altra, quando finalmente la sfortuna avesse finito di togliergli dalle mani, crudelmente, quanto la sua abilità, la sua intelligenza e la sua classe avevano costruito. Da anni, con la Maserati, con la Porsche, con la Ferrari, Nino Vaccarella aveva sfiorato questo successo che era quello cui teneva maggiormente. Adesso, finalmente, ce l'ha fatta, e ce l'ha fatta in modo che non ammette alcuna obiezione, alcuna riserva, nessun appiglio per metterne in dubbio la legittimità ed il merito».
Per il semplice fatto d'aver vinto due edizioni e d'aver preso parte a dodici edizioni delle ultime quattordici Nino Vaccarella è il numero uno di questa «Targa». In più ha il vantaggio della conoscenza di quei 72 chilometri delle Madonie, vantaggio che però lui contesta. «Certo, io su queste strade ci sono nato e le conosco benissimo», dice. «Però anche i miei avversar! in quanto a conoscenza non scherzano. Quelli che hanno partecipato alla Targa con una Porsche ufficiale conoscono le Madonie palmo a palmo quasi come me; perché ci hanno girato in allenamento per mesi e mesi prima di ogni Targa».
Chi sono dunque questi avversari che Nino Vaccarella considera pericolosi poiché potrebbero strappargli la possibilità del tris?
Restiamo nell'ambito della squadra di Nino, l'Alfa Romeo. C'è anzitutto l'inglese Vie Elford che venne per la prima volta nel 1967 con la Porsche due litri ed in coppia con Neerpasch finì terzo poi l'anno dopo, sempre con la Porsche ma in coppia con Maglioli, vinse e che ancora nel 1969 è arrivato secondo. «È una corsa dove riesco veramente ad esprimermi», dice Elford.
Rolf Stommelen, tedesco, vinse nel 1967 dividendo l'onore con Paul Hawkins, nel 1969 giunse terzo. E poi Nanni Galli la cui miglior performance l'ottenne assieme a Ignazio Giunti con l'Alfa Romeo 33-2: secondo assoluto nell'edizione del 1968.
Guardando invece in casa Ferrari c'è Sandro Munari che di «Targhe» ne ha disputate cinque finora e tutte con la Lancia Fulvia HF finendo 4° di classe nel '67, 11° assoluto l'anno dopo, per due volte consecutive nono assoluto ed infine riturato l'anno scorso. Quest'anno il rally man più famoso d'Italia — e conosciuto in campo internazionale avendo vinto il Rally di Montecarlo e in Sicilia per aver fatto suo il locale Rally — esordirà con la difficile 312-P dividendosi il compito con Arturo Merzario anch'egli ottimo stradista e proprio per queste sue doti piaciuto a Ferrari (ricordate quel favoloso «Mugello» del 1969?). Merzario ha solo un'idea superficiale della Targa Florio poiché tutta la sua esperienza è limitata a quattro giri (tre in prova e uno in gara) fatti nel '70 con l'Abarth 3000.
Se Enzo Ferrari deciderà poi di mandare non una ma due 312-P allora le Madonie vedranno un vero duello tra l'Alfa Romeo e la Ferrari.
Perché in questo caso ci sarà l'accoppiata anglo-francese Redman - Larrousse. Brian Redman s'è imposto nel '70 con Jo Siffert sulla Porsche» go kart 908-3 mentre Gerard Larrousse in Targa non ha mai vinto ma è sempre stato protagonista. Esordì nel '69 con una Porsche 908 e finì 22°, l'anno dopo con la Porsche della scuderia Martini fece vedere cose egregie prima di ritirarsi : ad un giro dalla fine per guasto meccanico. L'anno scorso era con Elford ancora sulla Porsche. Fece i primi giri a ritmo incredibile; ma fu bloccato dalla sfortuna. Vide sfumare un possibile successo per colpa di una gomma forata.
Pier Attilio Trivulzio

RISCHIATUTTO FERRARI

Sandro Munari è tornato un po' avvilito dalla prima sortita siciliana, quella che la Ferrari ha effettuato un 'mese prima della Targa con il «muletto» 312 P sul quale fare quelle esperienze che, per lo staff tecnico modenese, sono vecchie di due anni. Datano cioè dal 1970, quando Vaccarella - Giunti ottennero un notevole terzo posto col ponderoso cinque litri nello stretto toboga delle Madonie. Il rallista oggi più famoso, non nascondeva la sua amarezza per la pioggia quasi autunnale che ha infastidito gli allenamenti un po' di tutti in aprile, offrendogli una prima sensazione tutta particolare del 312 ormai mondiale con quei 400 cavalli e passa da scaricare sull'asfalto — già sconnesso oltre che bagnato — dei 72 chilometri della «Florio». Affrontare quella prima presa di contatto, a parte i mille chilometri in pista a Fiorano, proprio con la pioggia, non è tale da rendere convincente l'affiatamento col mezzo per un pilota come Munari, che della preparazione agonistica (da buon rallista) ha fatto una religione sportiva. Non perché non sappia trovare nella improvvisazione la necessaria risorsa, ma perché — proprio da programmatore di lunghe corse stradali — crede opportuno avere della vettura che guida una conoscenza quasi viscerale, una assuefazione che gli permetta di manovrare con scioltezza, senza la concentrazione se non quella per la gara in sé.
Perciò, quando Munari è tornato in Sicilia, Cesare Fiorio — il suo d.s. e amico del team Lancia HF — invitato da Peter Schetty a fiancheggiarlo nella organizzazione dell'avventura siciliana della sua squadra multi vittoriosa '72, si si è detto abbastanza preoccupato. Munari però, che aveva conquistato Ferrari con una famosa lettera nella quale ha scritto «..avrei risposto di no alla simpatica offerta, se non mi fossi reso conto che lei davvero non mi chiedeva dei risultati, ma solo una prestazione in chiave di quello che mi sento di dare...», si è mantenuto fedele ai principi palesati all'indomani di Montecarlo, quando era stato invitato a Maranello per definire la possibilità di una sua utilizzazione nei prototipi in alcune gare stradali, appunto come la Targa Fiorio e poi magari la 24 Ore di Le Mans. Così, al ritorno dalla Sicilia, è stato esplicito con Ferrari: «Ho bisogno di tornare laggiù a provare non solo una settimana prima della corsa. Io so che debbo fare almeno una decina di giri con questa macchina così potente in quella strada, senza asfalto bagnato, per sentirmi in grado di rispondere comunque alla sua fiducia». L'alternativa era palese. Altrimenti avrebbe rinunciato. L'ing. Enzo Ferrari ha capito tanto bene il problema del pilota Lancia da predisporre subito per il ritorno nell'isola del pilota HF con il «muletto», mentre gli altri erano impegnati a Spa e a Montecarlo con la Formula uno.
È sufficiente l'ambientazione di questa solitaria partecipazione del 312 P, a convincersi perché i siciliani continuano a considerare «tradimento» quello della Ferrari. Essere presente con la squadra al completo a tutte le gare della stagione '72, che si è andata traducendo in un trionfo per la vettura modenese, e limitarsi invece a una sola macchina sulle strade della più gloriosa gara italiana, non si presta ad equivoci. È una meditata scelta. Aver poi affidato l'unica macchina a una coppia di piloti, intanto diversi come struttura fisica, poi come carattere e come esperienza, significa proprio che si è voluto semplicemente snobbare la gara siciliana. Se per caso la sorte agonistica offrisse un risultato positivo, tanto meglio. Si avrebbe addirittura la conferma che la superiorità Ferrari è tale da permettere questi lussi. Se andasse male, al massimo ci rimetterebbe la personalità dei piloti. E siccome si tratta di italiani, in fondo ciò non è da avvilire particolarmente il «Drake». Casomai porterebbe argomenti al suo atteggiamento sulla questione dei piloti nazionali.
Una sola Ferrari contro quattro Alfa è davvero solo un gioco da rischiatutto, in una gara che non ha mai visto risultati concreti in assoluto per chi l'affronta con una sola vettura. È nella logica della sua durezza agonistica.
Se Ferrari avesse voluto, due macchine almeno avrebbe potuto mandarle! Sia Ickx che Regazzoni avevano fatto pressioni in questo senso, Pescarolo si era offerto, Redman — anche se non proprio entusiasta — avrebbe accettato di correre, e l'altro ex rallysta, il francese Larrousse, è rimasto convinto fino alla 1000 Km. di Monza che la sua Ferrari per la Targa l'avrebbe avuta! Ma non c'è stato modo di far cambiare idea al «comando» (come a Maranello chiamano Ferrari).
I siciliani hanno già scritto dall'anno scorso la loro amarezza sui muri dei paesi attraversati dalla Targa Fiorio. L'unica «consolazione» per loro può essere che l'assenza della troupe Ferrari al completo finirà per giovare al loro idolo «Ninuzzo» Vaccarella, che resta il candidato al bis sull'Alfa Romeo tre litri (che dovrebbe dividere con Nanni Galli).
In fondo sono anche più tranquilli i due piloti Ferrari, Merzario e Munari. Specialmente il secondo. Perché, sapendo di non potersi da loro pretendere miracoli, anzi solo una corsa controllata per risparmiare la macchina nei prevedibili massacranti 11 giri, forse forse finiranno per aspirare a qualcosa di più di quanto sia apparso lecito considerare.
Marcello SABATINI

MATRA i perché di una rinuncia.

La Matra non ha, quest'anno, che un solo obiettivo : vincere la 24 Ore di Le Mans. Raramente un costruttore aveva assunto il rischio di fissare un programma tanto limitato e ambizioso. Perché questo è, in definitiva, ingaggiare una rischiosa partita a poker giocandosi in un a sola corsa tutta la notorietà della «firma». Una disfatta sarebbe pesante sul piano delle conseguenze. Quali scuse invocare quando si è deliberatamente scelto di prepararsi con calma, fuori dal tumulto delle piste e liberandosi dagli oneri tecnici e finanziari che sono costituiti dalle prime prove di calendario? La Matra dunque non partecipa alla Targa Florio, così come non ha corso a Buenos Aires, Daytona, Sebring, Brands Hatch, Monza e Spa. La Matra non ha mai corso per vincere il Mondiale Marche, e se in alcune gare sono state fatte delle esperienze, è apparso alla direzione generale della Casa che queste partecipazioni non la ripagavano sufficientemente, soprattutto nei confronti del pubblico francese che, in definitiva, è quello che interessa maggiormente questo costruttore.
Certamente la Targa Florio gode in Francia di notevole risonanza, grazie soprattutto all'eco che ogni sua edizione trova sulla stampa, ma a questo punto si sarebbe posto alla Matra il grave problema di costruire una vettura speciale per questa corsa. In effetti, non si può partecipare alla Targa Florio con concrete possibilità di successo correndo con una vettura progettata e realizzata in funzione della 24 Ore di Le Mans. In Sicilia sono le doti di maneggevolezza e leggerezza ad essere determinanti, mentre a Le Mans è prima di tutto indispensabile avere una notevole stabilità alle altissime velocità senza che il peso sia un elemento di capitale importanza. Bisogna curare l'aerodinamica e costruire una vettura solida di cui si può star certi che funzionerà in ogni dettaglio almeno per 24 ore. La trasferta siciliana richiedeva insomma la costruzione di una vettura speciale adatta a una sola casa. Alla Matra non si sono decisi a una simile impresa.
Una partecipazione alla Targa Florio inoltre avrebbe creato un'altra difficoltà alla Casa francese: nessuno dei suoi piloti conosce il circuito delle Madonie. Decidere positivamente per una partecipazione alla gara di Florio avrebbe significato l'ingaggio di piloti perfettamente a conoscenza dei 70 chilometri del tracciato ovvero l'immobilizzazione in Sicilia dell'intera équipe di piloti per circa un mese. Dopo di che — tra l'altro — nessuno di loro avrebbe potuto dire di conoscere il circuito: è solo dopo svariate partecipazioni in gara che si può essere sicuri di conoscere tutte le curve delle Madonie. In definitiva tutto il problema ruota intorno a una questione di affettiva disponibilità presso l'officina di costruzione, per preparare una vettura speciale oltre che ai mezzi finanziari necessari a iniziare una simile «campagna» di Sicilia. Oggi i piloti si pagano a peso d'oro, questo si sa.
Ma la Matra non avrebbe potuto trovare delle soluzioni intermedie? Modificando, per esempio, alcune vetture della passata stagione che sarebbero state alleggerite e regolate nel migliore dei modi come d'altra parte era già stato fatto per partecipare al Tour de France?
Georges Martin, il responsabile del servizio corse della Matra, non è disposto a lasciarsi condurre su questo terreno :
— «La Matra è una Casa seria che non può in nessun caso partecipare con leggerezza a una gara, senza essere certa di aver giocato tutte le carte di cui dispone.
Chi si contenta di mettere insieme elementi diversi prendendo da un lato un telaio, andando a cercare altrove un motore e procurandosi infine un cambio da un altro costruttore può, certamente, rischiare una simile avventura. Noi, che costruiamo l'80% degli elementi che costituiscono le nostre vetture — soltanto cambi di velocità e freni vengono dall 'estero — non abbiamo il diritto di correre un simile rischio
».
«Per correre alla Targa Florio bisogna forse prepararsi più a fondo che per le altre prove perché essa non somiglia a nessun 'altra corsa, ed è questo che la rende interessante e fascinosa, lo non conosco la Targa Florio; sarei molto contento di poterla correre perché ogni esperienza è positiva per un costruttore. Ogni circuito pone dei problemi specifici ed è lavorandoci sopra per risolverli che si progredisce ogni giorno un pò '. Un costruttore non può fossilizzarsi nello studio di un unico problema; sarebbe la negazione del progresso e arriverà necessariamente un momento in cui coloro che si sono applicati nei settori più svariati lo supereranno».
«È certo quindi che se un giorno decideremo di correre per vincere il Mondiale Marche noi andremo a correre la Targa Florio e per me sarà certamente una grande gioia ». Indubbiamente i dirigenti della Matra sono coscienti dell'interesse che essi avrebbero a partecipare alla grande corsa siciliana, ma sono costretti a lavorare nei limiti di
un preventivo che non è elastico, e poi a loro preme, più di ogni altra cosa, vincere la 24 Ore di Le Mans.
È questa una promessa che Jean Lue Lagardère, direttore generale della Matra ha fatto al Presidente della Repubblica francese. L'illustre personaggio assisterà quest'anno alla 24 Ore di Le Mans. È la prima volta che avviene nella storia della corsa francese, ma è anche un terribile ricordo della promessa fatta...
George-Michel  Fraichard

DUE LITRI DI SPERANZA

Dice Mike Parkes, il lungo inglese ex pilota della Ferrari: «Alla Targa non mi sono mai divertito tanto come l'anno scorso, quando sono arrivato quinto con la piccola Lola due litri». All'ingegnere c'è da credere. Perché «Piedone», come lo chiamavano i meccanici del Cavallino, di Targhe Florio ne ha alle spalle più di una edizione. Ricordiamo a questo proposito un aneddoto: Parkes, abituato a guidare vetture con più di 400 cavalli, portò in Sicilia nel 1966 la Ferrari «Dino» 2000. La corsa si concluse con una disastrosa uscita di strada, che Parkes giustificò con la sua scarsa abitudine ai pochi cavalli. Sulla base di questo episodio diventa tanto più importante il giudizio dell'inglese sulle possibilità che i 72 chilometri del circuito delle Madonie offrono alle vetture da due litri degli «anni 70».
Scorrendo l'elenco delle vetture iscritte alla 56.a edizione della «Targa Florio» troviamo accanto alle Lola T290, le Chevron B21 e le Fiat-Abarth, del preparatore torinese Osella. L'elenco non annovera il centinaio di esemplari di tutte e tre queste marche già venduti in Europa, per motivi ben precisi.
Il 21 maggio si correrà infatti a Salisburgo la seconda prova del Campionato Europeo riservato alle vetture da due litri. Si tratta di una delle tante sviste dei compilatori dei calendari internazionali. Come già era successo per la prova di Campionato di Vallelunga, in programma solo due giorni prima della 1000 Km. di Monza anch'essa prova di Campionato del Mondo Marche, il controproducente incrociarsi di impegno si verifica anche per il 21 maggio, con una prova di Mondiale Marche, come la «Targa Florio», concomitante con una prova di Europeo Marche, riservata a vetture due litri che possono benissimo essere presenti in ambedue le classifiche.
Lo squilibrio di questa situazione, complicata dal fatto che i migliori piloti nella classifica parziale delle due litri come Larrousse, Merzario, Bonnier, Hezemans, sono impegnati con i tre litri in Sicilia, ha indotto la maggior parte dei piloti inglesi a convergere sull'Austria nel tentativo di guadagnare punti preziosi.
Oltre a questo, però, per alcune defezioni ha giocato un ruolo determinante anche la differenza che in sede di regolamento internazionale esiste tra le vetture due litri iscritte alle gare di Campionato Europeo rispetto a quelle di Mondiale Marche. Infatti all'Europeo due litri sono ammesse vetture gruppo 7, cioè vetture biposto da corsa, con cilindrata non superiore a 2000 centimetri cubici e senza limite di peso. Queste stesse vetture invece per poter partecipare a prove del Mondiale Marche devono essere in regola con le norme relative al gruppo 5. Cioè vetture sport biposto corsa con peso minimo di 575 chili. Poiché la maggior parte delle due litri presenta caratteristiche tecniche tali da adeguarle al regolamento vigente per il gruppo 7, con ricerca da parte di tutti i costruttori di limiti di peso i più bassi possibili, ne consegue che per poter partecipare a prove riservate al «gruppo 5» i concorrenti sono costretti a ricorrere ad abbondanti zavorre. L'aumento di peso, in base ai risultati conseguiti nelle gare di apertura del Mondiale Marche, non sembra comunque aver tolto a questo tipo di vetture le loro caratteristiche principali. Una somma di fattori che come accennavamo in principio calza a perfezione con le necessità richieste da un percorso come quello della Targa Florio. La tecnica costruttiva del settore da un paio di anni ha rinunciato alla ricerca di esasperate potenze per puntare tutto sulla leggerezza e conseguente maneggevolezza del telaio, senza ovviamente trascurare le ricerche più avanzate in fatto di penetrazione aerodinamica.
I maggiori costruttori nel campo delle sport due litri sono le Case inglesi Lola e Chevron, e l'italiana Fiat Abarth, curata dopo la cessione dell'azienda torinese alla Fiat, dall'officina Osella di Torino. Le vetture inglesi si avvalgono di motori Ford Cosworth FVC, con cilindrata di 1800 cc., mentre la Fiat Abarth è mossa da un motore costruito dalla stessa Casa con cilindrata effettiva di 2 litri. La Lola progettata dal noto Eric Broadley, presenta caratteristiche costruttive più adatte a circuiti veloci, dove diventa fondamentale la stabilità.
Il lungo muso sottile e penetrante della T 290 infatti denuncia una leggera carenza nelle curve strette e lente dove sembrano trovarsi più a loro agio le rivali Abarth e Chevron, munite entrambe del muso cosiddetto a «guscio» lanciato dalla Porsche 908/3 proprio sulle strade della Targa.
La Chevron, disegnata da Gordon Bennett, è quella che sulle bilance dell'Euro due litri ha sempre denunciato il peso inferiore, riuscendo a scendere sotto il livello dei 500 chili, mentre le Lola si mantengono a quote di poco superiori a questo limite sfiorando i 510 kg. Le Abarth sono quelle che hanno sempre accusato valori superiori aggirantisi attorno ai 530 kg. A dire il vero a Torino si è sempre cercata una maggiore solidità generale dell'insieme anche se ciò andava a scapito della leggerezza. Ma non bisogna dimenticare come il propulsore delle vetture italiane, essendo al limite di cilindrata per la categoria, sia ovviamente più pesante dei Cosworth. Osella nella ricerca di limiti inferiori di peso, pur senza pregiudicare la solidità della costruzione ha optato per il cambio inglese Hewland, impiegato anche dal Cosworth in sostituzione di quello originale Abarth, più pesante di una ventina di chili. Il parziale svantaggio di peso dell'Abarth però non dovrebbe preoccupare, sulle strade siciliane, per la storia della zavorra che, come abbiamo detto,porterà tutte le due litri al limite delle gruppo 5 di 575 chili. Al contrario le doti di solidità costruttiva della vettura torinese in queste condizioni dovrebbero rivelarsi un vantaggio. Tanto più che come è chiaramente emerso sia nelle gare dell'anno scorso, sia in quelle di quest'anno, le potenze erogate dal due litri 4 cilindri di Corso Marche sono nettamente superiori a quelle dei motori inglesi. La vettura di Osella portata in Sicilia per la coppia Facetti - «Pam», ha la carrozzeria della Fiat Abarth 1971, senza alettone posteriore, ma dispone di sospensioni e motore modificati secondo gli ultimi aggiornamenti del 1972. In particolare il gruppo motore è attualmente arrivato alla rispettabile potenza di ,270 HP a 9000 giri, nella versione più spinta, mentre per quella «addolcita» per le gare lunghe dovrebbe essere a 260 HP a 8200 giri. Limiti molto superiori a tutti quelli raggiunti dai vari preparatori inglesi del Ford Cosworth FVC. Questo motore, con basamento eguale a quello impiegato sulle «Formula 2», è stato portato da Brian Hart al livello dei 2 litri, mentre Jan Smith è passato dagli originali 1800 cc. a 1900 cc. Ambedue i preparatori però, non hanno superato il traguardo dei 260 HP a 8600 giri, denunciando nel contempo preoccupanti rotture e difetti di tenuta sul quattro cilindri britannico. Ragionevolmente la versione migliore è ancora quella 1800 cc. che nei più efficaci esemplari ha dato circa 250 HP.
Un altro motore che per il momento sta ancora muovendo i primi passi, ma che una volta superati gli inconvenienti di gioventù potrà dare parecchi fastidi è il due litri derivato dalla «Chevrolet Vega». Il quattro cilindri con cui la General Motors intende muovere all'attacco dell'impero Ford nelle corse sviluppa già ora potenze aggirantisi attorno al vertice dei 270 HP. Una volta che i tecnici riusciranno a stabilire limiti di tenuta accettabili il «Vega» sarà certamente un motore d'avanguardia.
Eugenio Zigliotto

SULLE MADONIE LA SVEGLIA AL MONDIALE MARCHE

Con l'ennesima, impertinente «doppietta» Ferrari alla 1000 Km. di Spa del 7 maggio il Mondiale Marche ha perduto definitivamente ogni interesse. La Casa di Maranello infatti, dall'alto dei suoi 120 punti in classifica, guarda con sufficienza e distacco tutti i potenziali avversari, ormai distanziati in modo definitivo, prima fra tutte quell'Alfa Romeo che, vuoi per non aver potuto disporre di vetture competitive, vuoi per aver volontariamente disertato le prove di Monza e Spa, si trova ben lontana dal «Cavallino», a quota 48 punti.
Cosicché oggi la Ferrari può meritatamente snobbare le altre restanti prove e dedicarsi più intensamente alla preparazione delle vetture di formula uno che non hanno ancora trovato quel grado di efficienza e di affidabilità che ha fin qui contraddistinto la bella barchetta 312 P.
Logico quindi che Spa (ma già anche Monza se si eccettua il diluvio) sia stato uno scontato monologo delle macchine del «Commendatore», messe lì a girare per completare una routine scontata e quindi noiosa.
La Targa Florio però fa un discorso a parte. Con la sua media bassissima, con le sue strade che proprio perché tali non sono anodine strisce d'asfalto assolutamente uniformi, con la necessità di tornare ai box per ogni riparazione con i propri mezzi, pena l'insuccesso, con le mille incognite che ogni volta presenta, la corsa siciliana riesce anche questa volta a portare una ventata di interesse in un Campionato «bruciato» anzitempo dalla schiacciante supremazia del 12 cilindri boxer, rimettendo in discussione valori non soltanto tecnici, ma anche e soprattutto umani.
L'Alfa Romeo vive oggi quindi il suo «giorno da leone» : l'attenzione del mezzo milione e passa di fedelissimi sparsi sulle Madonie è concentrata proprio sulle rosse tre litri milanesi, su Vaccarella (potrebbe essere diversamente?), su Elford, su Stommelen, su tutti gli uomini di Chiti. La Ferrari, per la prima volta in questa stagione, farà quindi una corsa contro avversari seriamente in grado di impensierirla e dovrà dare fondo a tutte le risorse di cui dispone per portare a casa un ennesimo successo o quanto meno un risultato degno del nome che porta sul cofano. Merzario e Munari contro tutti dunque, contro la squadra Alfa più agguerrita e compatta che mai e, al limite, perfino contro le sport di due litri, perché su un percorso selettivo come quello madonita le varie Abarth - Osella, Lola o Chevron, possono, approfittando dei guai altrui, tentare perfino il «colpaccio» come ha dimostrato lo scorso anno il terzo posto della Lola T 290 di Parkes.
Se la Ferrari ha conquistato virtualmente dopo Spa il suo tredicesimo titolo mondiale, un alloro che «mancava» ormai dal 1967, quando era cominciata l'egemonia della Ford prima e della Porsche dopo, si deve riconoscere che  solo le particolarissime caratteristiche della corsa di Florio, fatta su quelle strade dove marciano le automobili vere, non solamente i mostri di titanio e vetroresina con quattro giganteschi cilindri di gomma al posto delle ruote, hanno saputo risvegliare l'interesse del grosso pubblico nei confronti di un ciclo di gare che si avvia a diventare uno sterile doppione di quelle riservate alle monoposto della massima formula.
Ferrari che sa tutte queste cose, che da combattente disincantato si è reso conto che, per la prima volta, la supremazia delle sue vetture poteva venir messa in forse, ha rimescolato - com'è sua abitudine - le carte in tavola, mandando, a differenza di quanto ha fatto in tutte le altre prove mondiali (e smentendo le dichiarazioni «programmatiche» rese ad inizio di stagione), una sola vettura affidata a un pilota che con i 450 e passa cavalli del boxer modenese prende contatto per la prima volta e con un Merzario che ha potuto guidare in corsa la vettura solo a Spa (portando a casa una scintillante vittoria).
Il discorso a questo punto appare fin troppo chiaro. Una vittoria Alfa, se verrà, sarà sminuita da questo comportamento della filiazione sportiva della Fiat, che avrà l'alibi di aver corso con una sola vettura (per giunta senza le «star» Ickx o Regazzoni che pure, per ammissione dello stesso «Commendatore», avevano ripetutamente chiesto di correre in Sicilia per aggiungere al loro palmaire il nome della prova più fascinosa del mondo).
Una vittoria Ferrari invece, se dovesse arrivare, non potrà che magnificare il mito del cavallino, imbattibile sempre e comunque, e questo anche a costo di responsabilizzare eccessivamente piloti e tecnici...
Resta comunque il fatto che oggi sulle Madonie i due maggiori costruttori impegnati nel Mondiale Marche giocano una partita non solo di abilità e di efficienza, ma soprattutto di astuzia. Quello che non è mai potuto avvenire in pista, dove i valori in campo sono noti, confermati dalle prove e, quasi sempre, ratificati dall'esito della gara, avviene in Sicilia.
La Targa, prova unica ed inimitabile, dall'alto delle sue 56 primavere è riuscita, ancora una volta, a risvegliare interessi ed entusiasmi che sembravano sopiti. È, guarda caso, un miracolo che si ripete puntualmente in maggio... Sbaglio o qualcuno aveva detto che era una corsa superata, che non aveva più nulla da dire?
Giulio Mangano

TARGA FLORIO EVOLVERSI PER NON MORIRE

L'ostinata resistenza degli organizzatori al provvedimento di legge che da dieci anni regola le competizioni motoristiche in funzione della sicurezza dei concorrenti e soprattutto del pubblico, ha subito il quasi definitivo tracollo quest'anno in Romagna, dove Rimini e Cesenatico sono state costrette — a pochissimi giorni dalle date poste regolarmente in calendario — a rinunciare al varo delle loro tradizionali gare motociclistiche, per il semplice fatto che la Commissione Provinciale di Vigilanza di Forlì aveva deciso, dopo due lustri di blanda tolleranza, di applicare alla lettera le norme-capestro che in pratica stanno determinando la fine delle corse su strada, sia quelle in salita che peraltro hanno talune possibilità di sopravvivenza, sia soprattutto quelle di velocità in circuito temporaneamente chiuso.
È chiaro che di fronte all'irrigidimento delle Commissioni Provinciali di Vigilanza appare irrevocabilmente segnata la sorte non solo dei cosiddetti tracciati cittadini, (per i quali è vano parlare di recinzioni, spazi liberi di sfogo e... Rìsum teneatis curve sopraelevate), ma anche dei perimetri occasionalmente ottenuti dalla «requisizione» di strade normalmente aperte al traffico. In campo automobilistico l'ultimo colpo all'antica tradizione italiana delle corse su strada si è avuto l'anno addietro con la soppressione del Circuito del Mugello, novità questa che per forza di cose ha suonato un poco il campanello d'allarme anche per la Targa Florio.
La più antica e gloriosa corsa del mondo, nella forma in cui si è sempre svolta ed ancora si svolge, sopravvive a se stessa per dei motivi che a noi «continentali» risultano forse difficili da comprendere ma che un siciliano riesce facilissimamente a spiegare con la venerazione per la creatura di don Vincenzino Florio, che ha contribuito a far conoscere l'Isola nel mondo, che è motivo d'orgoglio per gli isolani all'Estero, e che rappresenta ormai una vera e propria istituzione nel costume locale, e con quella passione delle automobili da corsa e della velocità per la quale chi nasce alle falde del Monte Pellegrino o dell'Etna non si sente assolutamente inferiore neppure ai popoli di Emilia e Romagna, il che è tutto dire.
È vero dunque che la Targa Florio, ultima rappresentazione di un modo di correre che ormai fa parte della leggenda, può ancora contare sull'appoggio delle masse e sulla buona disposizione delle autorità locali, ma attenzione, perché di fronte al primo dei due elementi ricordati, che si può considerare immutabilmente favorevole, sta il secondo, la buona disposizione delle autorità cioè, che a mio avviso, e vorrei sbagliare, si va sempre più tramutando in tolleranza o sopportazione, ed è prossima a raggiungere lo stadio della saturazione e del passaggio alla condizione opposta, alla insofferenza, alla negoziazione, ai divieti, agli annullamenti e cosi via. Questa fase deve essere necessariamente prevista e prevenuta da tutti coloro ai quali sta a cuore la sopravvivenza della nostra grande corsa siciliana, in modo da disporre di almeno una alternativa che assicuri la continuità della Targa quando inevitabilmente arriverà il momento della crisi.
Vediamo innanzitutto, vestendo un poco gli odiosi panni dell'avvocato del diavolo, per quali motivi la vecchia Florio potrebbe gettare la spugna. Innanzitutto bisogna considerare un fatto pratico legato all'enorme sviluppo moderno della motorizzazione di massa e dei relativi problemi di viabilità: è diventato davvero impossibile isolare una larga fetta di Sicilia, chiuderla al traffico normale, largamente potenziato da quello festivo, creare ingorghi, ritardi e malcontento per far disputare la corsa sul tracciato tradizionale. Ma questo è il meno; vediamo il resto. Settanta chilometri per i due lati della strada, sono qualcosa di terribilmente difficile da attrezzare in chiave-sicurezza, da recingere, da controllare, da inibire alle centinaia di migliaia di persone che vogliono vedere i corridori da più vicino possibile, fino a farsi sfiorare dalle macchine che passano veloci sulla strada... con la speranza di tutti i presenti, pubblico, giornalisti, dirigenti, commissari di gara, servizio d'ordine e cosi via, che tutti i bolidi non escano neppure di un centimetro dall'asfalto...
Amici, le corse su strada sono quella cosa meravigliosa, elettrizzante, affascinante che tutti noi sappiamo, almeno noi che abbiamo fatto in tempo a levarci all'alba per andare al passaggio della Mille Miglia (o della Targa o del Mugello) : ma esse appartengono al passato, mentre noi dobbiamo pensare al presente ed al futuro immediato, con la speranza, magari, che il futuro lontano ce le riporti così, audaci e genuine, come erano un tempo.
L'esempio viene da Firenze: il vecchio Mugello sarà sostituito entro breve tempo da uno splendido e spettacolare autodromo permanente in fase di realizzazione — è importante — nella stessa zona in cui si svolgeva la corsa uccisa dalle solite complicazioni tecnico-burocratiche. Per la Sicilia — ma io mi riferisco adesso in particolare a Palermo ed alla zona interessata dell'attuale tracciato della Targa — l'ideale sarebbe un moderno circuito permanente, che tra l'altro offrirebbe l'opportunità di assicurare — oltre la Targa Florio — lo svolgimento continuo di quell'attività minore in pista che darebbe sicuro e abbondante sfogo alla passione dei tanti piloti locali.
A mio giudizio però si può anche giostrare su una alternativa da non scartare a priori. Una corsa su strada come la Targa è sicuramente grande, ma non è detto che debba essere necessariamente lunga come è adesso. Se fosse possibile requisire, chiudere per l'occasione, attrezzare delle indispensabili e complete misure di sicurezza, presidiare con le forze dell'ordine ed i commissari sportivi, rendere accessibile e comodo per un pubblico di alcune centinaia di persone un percorso stradale lungo la metà o meglio un terzo od un quarto di quello attuale, allora la vecchia Florio potrebbe sopravvivere in una forma moderna ma rispettosa della tradizione, come forse i cittadini preferirebbero.
L'Automobile Club di Palermo già pensa al futuro della Targa, è chiaro visto che anche le autorità sportive internazionali se ne preoccupano: ed io credo, e spero, che le sue risoluzioni siano aderenti allo spirito di questa intramontabile corsa e ai desideri dei suoi irriducibili tifosi, nel quadro di una trasformazione dello sport .motoristico che in sostanza vuole essere soltanto una evoluzione.
Renato D'Ulisse

MUNARI VACCARELLA La Targa rispolvera il campione

Ferrari nel consueto, annuale incontro con la stampa, quest'anno in occasione dell'inaugurazione ufficiale del suo autodromo di Fiorano, ha, tra l'altro sparato a zero sulla Targa Florio, e dimentico di quanto aveva avuto modo di dire in altre occasioni, ha recitato una specie di «de profundis» per una Targa, da lui già data spacciata, ultima, a suo dire, valevole per il «Mondiale Marche». Perché? Qui non si vogliono sviscerare i motivi; più interessante sembra, invece, ricordare perché la Targa è diversa da tutte le altre corse automobilistiche e perché non può morire, nonostante Ferrari. Ogni altra manifestazione, in un Mondiale Marche che, sebbene abbia ancora quattro gare da disputare, ha già il titolo praticamente assegnato, come è già avvenuto in un recente passato, ogni altra corsa, vivrebbe essenzialmente come spettacolo, alea del fato a parte, sapendo in partenza di dovere assistere al monologo di una squadra più forte in senso assoluto, con tutti gli altri a fare da comparse, magari in attesa della malasorte altrui. Bene, alla Targa questo non succede. Non è accaduto l'anno scorso, ad esempio, quando la Porsche dominatrice su quasi tutte le altre piste del mondo è venuta a perdere proprio a Cerda che pure tante volte l'aveva vista trionfare ed accumulare esperienze preziose. Di contro, l'Alfa Romeo, che le aveva goffamente contrastato il passo altrove, qui a Cerda è venuta per vincere ben sapendo che partiva con le stesse possibilità di farcela. E non era solo questione di cilindrata o di cavalli. Anche a Brands Hatch e Watkins i tremila riuscirono ad imporsi ai mostri di 5000 cc., ma a Cerda come pure al Nürburgring la scelta era stata iniziale. Alla Targa Florio, infatti, non serve avere un pachiderma da 500 cavalli, lo sapeva bene la Porsche che aveva preferito scendere con i tre litri, e se ne sono resi conto Vaccarella ed il povero Giunti, quando, nonostante la loro abilità, si sono visti superare e precedere con il loro cinquemila, dalle più agili «biciclette» (per dirla con Fangio) 908 Porsche, studiate e realizzate proprio per la Targa Florio. A questo punto, quando si pensa che una 908 dello stesso tipo di quella che due anni fa, nonostante fosse vecchia di due anni e fosse affidata a privati, quest'anno a Monza, in occasione della «1000 chilometri» si è permessa il lusso di stare davanti, per buona parte della gara alle 312 P2 di Maranello e di sfiorare l'affermazione clamorosa, finendo seconda davanti all'altra 312 ufficiale, appare superfluo insistere su quanto possa giovare ad una marca la partecipazione ad una corsa come la Targa Florio per la progettazione e la messa a punto delle sue vetture.
Un altro punto, invece, è fondamentale e su di esso va messo l'accento: II pilota, l'uomo, alla Targa e l'ambiente che lo circonda, i siciliani. Prima si diceva che qualunque altra corsa in una posizione infelice di calendario come la Targa, in un'annata che come questa ha già, praticamente, assegnato il suo titolo alla marca mattatrice di turno, vivrebbe per lo spettacolo, quasi una passerella. La Targa, invece, vive da sola, e, soprattutto, come competizione, oltre che come spettacolo. Competizione di mezzi, perché l'Alfa ha qui, più che in qualunque altro circuito del mondo, la possibilità di rifarsi sulla Ferrari. Questo Ferrari lo sa e risponde mandando allo sbaraglio a Cerda la famosa macchina promessa agli italiani, con Merzario e Munari. Se vincono: la Ferrari è imbattibile, il commendatore fa la bella figura di avere dato la macchina a due piloti italiani e viva la Ferrari! Se perdono c'è sempre la giustificazione che Munari era alla sua prima esperienza su macchine con il triplo dei cavalli dell'HF che ha sempre pilotato, che Merzario da solo e senza allenamento sul tre litri non poteva fare miracoli e che, infine, era una sola macchina Competizione, dicevo, perché, al limite, e lo ha dimostrato Bonnier l'anno scorso, una piccola Lola due litri (ma quest 'anno ci sono anche le tre litri e vanno fortissimo) può puntare alle prime piazze della classifica.
Competizione di mezzi e di uomini, perché la Targa rispolvera l'uomo nel mondo delle corse e lo fa salire in cattedra, almeno quanto la macchina. Abituato com'è', infatti, su quasi tutti i circuiti del mondo ad imparare a memoria curva dopo curva, la traiettoria da seguire e le marce da scalare, come se seguisse, quasi un automa, un «radar» prefabbricato, sulle strade delle Madonie il pilota ridiventa uomo, con tutto il suo coraggio la sua audacia, la sua perizia, e perché nò, la sua inventiva. Per 72 chilometri, ogni curva è diversa, ed ognuna di esse, per quanto possa essersi studiata e preparata, può nascondere un'insidia, ora sotto forma di olio, ora di brecciolino, ora di fondo stradale malconcio; ed è qui che la Targa chiama in causa l'uomo e lo rilancia nell'agone. Come se tutto questo non bastasse c'è ancora l'ingrediente pubblico. Mezzo milione di persone che si riuniscono attorno ad un tracciato, di 72 Km. vuoi per fare una gita, vuoi per seguire da competenti la corsa, o per tutte e due le cose messe insieme, ma, comunque', in occasione di una manifestazione automobilistica, è di per se stesso un fatto importante. Diventa poi, più che contorno, parte integrante della manifestazione quando questo pubblico è siciliano, con tutto il suo colore e il suo calore ; quando si arma, con la sua passione, di pennello e tappezza le strade di «Viva» e scritte inneggianti ai propri beniamini; quando, come quest'anno, dividerà il suo tifo ed il suo cuore in due. Si, perché quest'anno alla Targa il cuore dei siciliani sarà spaccato in due. Da un lato l'Alfa e per lei Vaccarella, il bravo Ninni con la sua rabbia in corpo per essere stato, come al solito, messo da parte, nonostante il suo titolo italiano, la sua prova a Sebring e tutto il resto, con la sua voglia di vincere e di imporsi ancora una volta e soprattutto qui a Cerda, e perché sulle strade di case, e perché, se vincesse anche quest'anno, sarebbe la terza volta. Dall'altro lato la Ferrari, nonostante Ferrari, e per lei Munari, quel Sandro che i siciliani già apprezzavano per le sue sempre smaglianti prestazioni fornite alla Targa con le Lancia, ma che quest'anno hanno imparato ad amare innanzitutto per la sua affermazione a Montecarlo e poi per averlo visto imporsi, proprio sulle stesse strade della Targa, nel primo Rally di Sicilia. Questo tra Vaccarella e Munari, sarà per i siciliani quasi un duello tra due beniamini, e almeno dal punto di vista agonistico, uno dei punti cardine di questa Targa, anche se sulla carta, a rigore di logica, non si dovrebbe nemmeno porre il confronto, vuoi perché Munari è alla sua prima esperienza con i quattrocentocin-quanta cavalli di Maranello, vuoi perché Vaccarella e tutta la squadra Alfa alla Targa sui tre litri sono fortissimi. Ma la Targa è Targa anche per questo, il vincitore si conosce alla fine degli undici giri e la logica va spesso a farsi sonoramente benedire.
Salvo Di Miceli

n.34
DOVE ERO ? CP 26

Nel corso dell'anno ricordo anche la 30^ gara in salita al Monte Pellegrino.