52^ TARGA FLORIO

5 maggio 1968

1

PORSCHE 907-8 (#224) - VIC ELFORD GIRO VELOCE / UMBERTO MAGLIOLI

 KM. 720,000

PICCOLO CIRCUITO In 6h. 28' 47" 111,111 KMH. 10 giri - ISCRITTI part. 66 class. 54

2

ALFA ROMEO 33/2 2,0 (#186) - "NANNI" GIOVANNI  GALLI / IGNAZIO GIUNTI

3

ALFA ROMEO 33/2 2,0 (#192) - MARIO CASONI / LUCIANO BIANCHI

4

PORSCHE 907-8 2,2  (#222) - HANS HERRMANN / JOCHEN NEERPASCH

5

ALFA ROMEO 33/2 2,0 (#178) - TEDDY PILETTE / ROB SLOTEMAKER

6

ALFA ROMEO 33/2 2,0 (#182) - GIANCARLO BAGHETTI / GIAMPIERO BISCALDI 

7

PORSCHE CARRERA 6-906-6 2,0  (#128) - KARL VON WENDT / WILLY KAUHSEN

8

PORSCHE 911 S 2,0 (#82) - CLAUDE HALDI / PIERRE GREUB

9

PORSCHE 910-6 2,0  (#190) - RICO STEINEMANN / RUDI LINS

10

PORSCHE 910-6 2,0 (#172) - ANTONIO NICODEMI / CARLO FACETTI
11[210] Sandro Munari / Raffaele Pinto Lancia Fulvia Zagato prototipo/1,4
12 [ 1 30] Andrew HEDGES / Paddy Hopkirk MG B/1,8
13 [70] «Ypsilon» [=Armando Floridia] / Vincenzo Mirto Randazzo Porsche 911 S/2,0
14 [16] Sergio Barbasio / Giuseppe Giacomini Lancia Fulvia Sport Zagato Competizione/ 1,3
15 [174] Marco Crosina / Claudio Maglioli Lancia Fulvia Zagato prototipo/1,4
16[76] Corrado Ferlaino / Gaetano Starrabba Porsche 911 S/2,0
17 [72] SYLVAIN GARANT / Jacques Rey Porsche 911 S/2,0
18 [226] Joseph SIFFERT / Rolf Stommelen Porsche 907-8/2,2
19 [196] ROSADELE Facetti / Pat MOSS  Lancia Fulvia HF prototipo/1,4
20[78] Claude Laurent / Jacques Marche Porsche 911 T/2,0
21 [134] Enzo Buzzetti / Secondo Ridolfi Porsche Carrera 6-906-6/2,0
22 [206] Evert Christoffersson / Hans Wangstre  Ferrari Dino 206 SP/2,0
23[24] Giuseppe GAROFALO / «Amphicar» [=Eugenio Renna] Lancia Fulvia Sport ZAGATO Competizione/ 1,3
24 [202] Peter Brown / Tony FaLL MG B/1,8
25 [2] Ugo Locatelli / Cesare Poretti Lancia Fulvia Sport Zagato Competizione 1,3
26 [68] Roland Lefevre / Patrice Sanson Porsche 911 S/2,0
27 [12] Giorgio Danieli / ZEFFIRINO Filippi Lancia Fulvia Sport Zagato Competizione/ 1,3
28 [48] Girolamo Capra / Giancarlo Sala Alfa Romeo Duetto/ 1,6
29 [140] Richard Bond / Ted WORSWICK Austin HEALEY 3000
30 [22] Gaetano Lo Jacono / Sergio ManTIA Lancia FUlvia Sport Zagato Competizione/ 1,3
31 [14] «Nano» / «Snoopy»  Lancia Fulvia Sport Zagato/ 1,3
32 [208] Mark Koenig / Tony Lanfranchi Nomad Mk1 - Ford/1,6
33[126] Pietro Lo Piccolo / Salvatore Sutera Alfa Romeo Giulia TZ1/1,6
34 [54] Francesco Jemma / RafFaele Restivo Alfa Romeo Duetto/ 1,6
35 [20] Matteo Calabrò / «Ramòn» [=Franco Lisitano] Lancia Fulvia Sport Zagato/ 1,3
36 [32] «Sancho» / «Zorba»  Alfa Romeo Giulia Spider/1,6
37 [102] Stefano Alongi / Giovanni Rizzo Abarth Simca 1300
38 [30] Francesco Cosentino / Gianluigi Verna  Fiat 124 Sport Spider/1,4
39 [10] Francesco Fiorentino / Giuseppe PirronE Matra Djet 6 Renault/1,3
40 [160] Francesco Patanè / «Oras» [=Orazio Scalia] Fiat Abarth 1000SP
41 [34] Salvatore Barraco / «Black and White» [=Francesco Troia] Alfa Romeo Giulia SS/ 1,6
42 [124] Aldo Bersano / Sergio MOrando Alfa Romeo Giulia TZ1/1,6
43 [90] Cesare Bruno di Belmonte / «Don Pedrito» [=Gianfranco La Mazza] Fiat Abarth 1000 OTS
44 [96] Salvatore Calascibetta / Vincenzo FERLITO Fiat Abarth 1000SP
45 [104] Federico Giunta / Romano Ramoino Fiat Abarth 1300 OT
46 [162] Gianfranco Padoan / Giuliano Savona Minimach Cooper MNC/1,3
47 [164] Giuseppe Parla / Del SETTE  Fiat Moretti 850-1000SS
48[108] Antonio Ferrato / Giuseppe Valenza  Abarth Simca 1300
49 [230] Gerhard Mitter / Lodovico Scarfiotti  Porsche 907-8/2,2
50[106] Salvatore Panepinto / Giuseppe Virgilio  Fiat Abarth 1300 OT
51[38] Adriano Reale / «Harka» [=Giuseppe Vassallo] Porsche 356 S/1,6
52[46] Michele Paratore / Giovanni Rigano fiat 124 Sport Spider/1,4
53[112] RAUNO AALTONEN / Clive Baker  Austin HEALEY Sprite/1,3
54 [136] Terry Drury / Terry Sanger  Ford GT 40/4,7
 rit [8] «Carioca» [=Luigi Gabella] / Giovanni MARINI Lancia Fulvia Sport Zagato Competizione/1,3
rit[40] Giuseppe De Gregorio / «Noè» [=Alfonso Merendino] Alfa Romeo Duetto/1,6
rit[42] Paolo De Luca / Giovanni La Mantia  ALFA Romeo Giulia SS/1,6
rit[110] Francesco Botindari / RafFAELE Cammarota  Fiat Abarth 1300 OT
rit[132] Everardo Ostini / Gaetano Starrabba Porsche Carrera 6-906-6/2,0
rit[152] Erik Banti / «Gero» [=Cristiano Del Balzo] De Sanctis - Ford Cosworth/1,0
rit[158] Martin Davidson / Jack Wheeler  Austin Healey Sebring Sprite/1,3
rit[180] Gustave Gosselin / Serge Trosch  Alfa Romeo 33-2/2,0
rit [188] Giovanni Alberti / Tullio Sergio Marchesi Porsche 910-6/2,0
rit[220] UDO Schutz / Nino Vaccarella Alfa Romeo 33-2/2,5
rit  [138] David Piper / Paul VestEY  Ferrari 250 LM/3,3
rit [114] Angelo Bonaccorsi / Alfio Gambero Fiat Abarth 1300 OT

Il regolamento internazionale cambiò radicalmente, le vetture sport dovevano essere prodotte in almeno 50 esemplari con un tetto di cilindrata di 5000 cc., mentre per i prototipi la cilindrata massima era fissata a 3000cc. In considerazione a questi cambiamenti Ferrari e CHAPARRAL si ritirarono dal mondiale compreso ovviamente anche dalla Targa Florio valevole come noto quale prova mondiale. La Porsche allineava una nutrita schiera di 907/2200 8 cil. affidate a specialisti quali Mitter - Scarfiotti, Elford - Maglioli, SIFFERT - Stommelen, Harmann - Nerdasch. L'Alfa affidava le sue chances a tre 33 di 2000 cc. Per Baghetti - Biscardi, Galli - Giunti, Casoni - Bianchi, e la 33 di 2500 cc. era assegnata a Vaccarella - Schutz. Al via subito battaglia, a contendersi il primato furono subito Scarfiotti e Vaccarella, poi salito il tedesco Schutz sulla macchina di Vaccarella la musica cambiò, la guida irruenta del tedesco, mise fuori uso la rossa Alfa andando a sbattere dopo pochi minuti dall'inizio del suo turno. Intanto anche le Porsche accusavano problemi ritirandosi. In testa restava un'altra Alfa 33, quella di Galli - Giunti inseguita da un'altra Alfa 33 di Casoni - Bianchi e dalla Porsche di Elford - Maglioli attardata da una foratura. Elford che aveva personalmente cambiato la gomma, riprese la guida come un forsennato raggiungendo le Alfa di testa inanellando giri veloci su giri veloci che lo portarono a raggiungere e superare prima Casoni e quindi Giunti che nulla poterono fare per contenere lo scatenato Elford. Vincitori della gara Elford - Maglioli in 6h 28' 49" alla media di 111,111 km/h suo anche il giro più veloce e nuovo primato in 36'02" migliorandolo di oltre un minuto. Secondi classificati Giunti - Galli su Alfa a meno di tre minuti, terzi Casoni - Bianchi sempre su Alfa.

 


PORSCHE 907-8 2,2 (#224) - VIC ELFORD GIRO VELOCE / UMBERTO MAGLIOLI
 

ALFA ROMEO 33/2 2,0 (#186) - "NANNI" GIOVANNI GALLI / IGNAZIO GIUNTI
 

 

 

Gara sfortunata per il nuovo acquisto di casa Porsche, SCARFIOTTI in coppia con Mitter che dopo aver condotto la gara è costretto al ritiro, ma un grande Vic Elford riporta al comando la casa tedesca che batte l'Alfa Romeo di Galli/Giunti per soli 1' e 45".

 

DAL NUMERO UNICO DELLA 52 TARGA FLORIO:
Sempre valida e attuale la funzione tecnico-sportiva della corsa di Florio.
Fino dalla prima edizione della Targa Florio, nel 1906, Vincenzo Florio aveva chiaramente definito il carattere della manifestazione alla quale dava vita.
« Istituendo questa corsa — sono parole di Florio — io intendo colmare la più grave lacuna che oggi esiste nello sport automobilistico : quella cioè di un criterio pratico ed esatto per valutare la vettura da viaggio ». Sono passati, da allora, 62 anni e si sono disputate 51 edizioni e restano validi i criteri di questa manifestazione; non tanto per i regolamenti di corsa, quanto per il suo insuperabile percorso che pure attraverso talune rettifiche ed ammodernamenti, sta alla base di quello che si può chiamare « il collaudo della Targa ».
Un collaudo che gran parte delle maggiori marche ha voluto affrontare ed affronta. A volte anche privatamente e fuori gara. E che diviene tanto più utile via via che le manifestazioni su strada vanno scomparendo e le reti stradali vanno sempre più rinnovandosi e riformandosi e che le competizioni rimangono sempre più confinate su piste e brevi circuiti specialmente costruiti ed attrezzati. Sotto questo aspetto è indubbio che qualsiasi tendenza a modificare le strade della Targa è da riprovare. Il segreto del successo e del prestigio della Targa sta nelle caratteristiche del suo percorso; e non soltanto per il collaudo meccanico che consente, ma anche per la prova alla quale sottopone i guidatori.
Siamo ormai tanto abituati a guidare, specie in determinate zone, su strade ad andamento rettilineo, poco tortuose, con curve di grande raggio, ottimamente attrezzate ed asfaltate che finiamo e finiremo certamente per dimenticarci che cosa sia la tecnica di guida o meglio l'arte della guida. Lo hanno per esempio da un pezzo dimenticata gli americani sia impostando i loro veicoli, sia guidandoli.
Né possiamo ormai più fare affidamento su i cosiddetti « grandi premi » di formula i quali, attraverso le recenti regolamentazioni e le recenti tendenze strutturali, hanno portato ad un assetto e ad un sistema di guida che non ha niente a che fare con quelli della vettura che usiamo tutti i giorni.
Ed è significativo che si cerchi da qualche tempo di correre ai ripari attraverso la organizzazione e le regolamentazioni dei cosiddetti rally o manifestazioni miste di regolarità che, in Europa e fuori, vanno orientandosi verso la scelta di percorsi stradali molto tortuosi e tormentati.
Non è quindi soltanto la tradizione sportiva che deve, o dovrebbe, indurci a gelosamente conservare questa nostra Targa, ma anche, e vorrei dire soprattutto, la sua insostituibile funzione tecnica ed educativa, senza contare quella turistica che conserva pur sempre il suo valore non trascurabile e che diverrà sempre più importante quando la Sicilia potrà disporre di rapide comunicazioni stradali che facilitino l'afflusso dei turisti italiani e stranieri nell'Isola.
Non si può d'altra parte trascurare di sottolineare che la Targa ci offre altre importanti indicazioni, collegate alle caratteristiche del suo percorso; ed in primo piano il problema della sicurezza di attualità nel momento che viviamo.
Non c'è più sicura statistica della storia e sarebbe un errore non tenerne conto soprattutto per frenare eventuali tentativi di «corse al record» cercando di rendere più rapido il percorso. Dai 46,800 chilometri orari della prima edizione del 1906, vinta da Alessandro Cagno su Itala, s'è passati, nella edizione dello scorso anno, ai 108,811 mantenuti dalla coppia Hawkins - Stommelen su Porsche. Questo progresso di chilometri 1,24 per edizione della manifestazione manifesta e traduce in cifre i miglioramenti ed i perfezionamenti che ha fatto la strada e che hanno fatto i mezzi meccanici ed attraverso di essi la tecnica di guida ed ai quali hanno concorso tutte le case costruttrici che alla Targa hanno preso parte, con maggiore o minore fortuna.
Dai 13 cavalli per litro di potenza specifica della Itala di Cagno siamo passati, sempre stando ai dati che fornisce la Targa Florio, ai 100 e più cavalli per litro delle vetture di oggi; vetture che hanno caratteristiche equivalenti o simili a quelle che noi stessi possiamo impiegare.
La competizione di quest'anno segnerà un altro passo avanti, anche se mancherà qualcuno dei contendenti abituali.
E noi ritrovandoci vecchi e giovani alle tribune di Cerda. ancora una volta ricorderemo Vincenzo Florio, il grande pioniere dello sport automobilistico italiano e ricorderemo con molta nostalgia quella sua inflessibile concezione dello sport che, ahimè, va lentamente scadendo.
Giovanni Canestrini
Un circuito completo
Peccato che i circuiti del genere di quello delle Madonie non siano più numerosi. Perché se ce ne fossero di più, le macchine da corsa verrebbero progettate in tal modo da costituire un compromesso più vicino di quello che sono le macchine che usiamo ogni giorno e di conseguenza sarebbero più utili per il progresso dell'automobile in generale. Siamo arrivati al punto che si devono fare dei regolamenti che impongono dei pesi minimi per evitare che progettisti troppo zelanti nella ricerca di rapporti peso-potenza fuori dell'ordinario facciano delle macchine troppo fragili che perdono ruote e sospensioni, regolamenti che limitano la cilindrata perché velocità dell'ordine del 350 all'ora fanno paura (più a quelli che fanno i regolamenti che ai piloti stessi) e si sistemano delle « chicane » artificiali per la stessa regione. Se nelle corse del campionato mondiale marche, venissero incluse tre o quattro gare del tipo Targa Florio, coll'obbligo per i concorrenti di usare delle macchine dello stesso tipo in tutte le gare, non sarebbe più bisogno limitare niente: nella Targa Florio, un mastodonte col motore da 7 litri non serve a nulla e se la macchina deve arrivare in fondo, bisogna che sia robusta, poca importanza riveste il peso!
Non è che vorrei che tutte le gare si svolgessero su dei circuiti che consentano solo delle medie inferiori a 120 km/h: le corse devono avere luogo su dei circuiti che assomiglino il più possibile alle nostre strade e abbiamo — grazie a Dio! — anche delle autostrade sempre più numerose. Ma alternando le gare su circuiti sinuosi ed al fondo cattivo con delle corse su piste velocissime come quelle di Le Mans, Manza o Spa, i problemi posti ai progettisti sarebbero, su un piano superiore, molto simili a quelli che devono risolvere gli uomini che fanno le nostre macchine di ogni giorno che, anch'esse, devono potere fare l'Autostrada del sole nelle migliori condizioni di velocità, sicurezza, economia e facilità di guida, poi viaggiare in condizioni simili sulle strade siciliane o sui passi alpini.
Comunque, il Circuito delle Madonie è rimasto solo del suo genere fra quelli che vengono usati per le corse di campionato e pone ai concorrenti dei problemi molto diversi da quelli che devono risolvere nelle altre corse. Fra tanti altri, c'è quello delle sospensioni. Sui soliti circuiti col fondo molto buono, le sospensioni vengono registrate solo dal punto di vista del comportamento in curva. Sulle strade delle Madonie, le sospensioni tornano alla loro destinazione essenziale, cioè il molleggio della macchina, importantissimo in questo caso non solo perché il pilota non venga affaticato in tal modo da diminuire la sua efficienza, ma anche per evitare che la macchina faccia dei salti tali da compromettere la sua tenuta di strada. Il problema viene complicato dal fatto che in molti casi, la altezza del veicolo dal suolo è molto limitata e non consente delle grandi escursioni delle sospensioni.
Anche i motori possono richiedere una messa a punto in funzione delle condizioni particolari della gara che esige una coppia elevata ai regimi medi, anche a costo della potenza massima che può venire sfruttata solo sul rettifilo del lungomare fra Campofelice e il bivio di Cerda. Questo rettifilo d'altra parte pone un problema di rapporti che può venire risolto solo da chi ha un cambio i cui rapporti possono essere scelti uno per uno. Se il cambio ha dei rapporti fissi, potendo solo venire scelto il rapporto finale della trasmissione (coppia conica), risulta impossibile ottenere i tre o quattro rapporti corti richiesti dal tratto tortuoso da 67 chilometri e il rapporto lungo adatto al tratto veloce di 5 chilometri lungo il mare. In caso di incompatibilità, è meglio sacrificare un po' la velocità su quest'ultimo a favore delle maggiori riprese sul tratto di montagna.
Quant'al pilota che partecipa per la prima volta alla « Targa •», il suo problema è veramente monumentale. Si sa che in corse in circuito, il pilota conosce il percorso a memoria fino ai più piccoli particolari. Fra l'altro, sa esattamente dove bisogna frenare prima d'una curva per non perdere tempo, sa il punto esatto dove bisogna cambiare marcia, sa come uscire da una curva per impostare meglio la seguente, in poche parole, sa come sfruttare meglio il percorso che ha imparato intimamente durante le prove. Ovviamente, una tale conoscenza del percorso è impossibile su tracciati stradali molto lunghi, come era quello della Mille Miglia per esempio. Ma, peggio per gli altri, c'è un certo Nino Vaccarella e pochi altri che conoscono i 72 chilometri della Targa Florio come si conosce il circuito di Manza, e per poterli battere, bisogna imparare ugualmente questi maledetti 72 chilometri, il che sicuramente, non è facile. Per esperienza personale, so che per rammentarsi bene quelle partì del percorso che non si possono distinguere tempestivamente, bisogna fare almeno 25 o 30 giri e quando allora in corsa si tratta di non perdere decimi di secondo e di impostare senza mollare una curva veloce nascosta, bisogna avere molto coraggio per non rilasciare l'acceleratore all'ultimo momento, respingendo il dubbio che magari quella curva non era quella veloce che doveva essere... E sicuramente, le strade strette sulle quali si svolge la corsa non perdonano gli errori!
Il Circuito delle Madonie è anche uno dei pochi che, per la sua tradizione e soprattutto per il suo carattere invita i piloti alla correttezza ed alla generosità che sulla maggioranza delle piste hanno ceduto il passo alla cosiddetta « durezza», perché senza il buon volere di ciascuno i sorpassi fra macchine di prestazioni quasi uguali sarebbero quasi impossibili su una grande parte del percorso. E' uno dei circuiti più sicuri che ci sia perché è raro che una macchina esca di strada ad altissima velocità, ma è anche pieno d'inganni: c'è sempre qualche paracarro, qualche fosso, qualche muretto pronto ad appiedare senza pietà il pilota che, anche per un attimo, non è rimasto padrone della situazione. Davvero: è una corsa non come le altre, questa « Targa ».
Paul Frère
LE CORSE AUTOMOBILISTICHE AD UNA SVOLTA

Dagli amici della Targa Florio mi è stato posto un tema decisamente interessante: «situazione venutasi a creare in seno alle competizioni dopo la decisione della CSI sulla limitazione delle cilindrate ». Un tema che presuppone una profonda conoscenza delle menti dei componenti la Commissione Sportiva Internazionale. Non sono uno psicologo, non conosco bene i qualificati personaggi che governano lo sport mondiale e quindi mi è impossibile partire dalle origini di questa discussa decisione.
Come giornalista, ho potuto solo registrare le reazioni, nella quasi totalità dei casi non benevoli, che hanno fatto seguito alla notifica della decisione di ridurre la cilindrata delle vetture del gruppo 6 a 3000 cc. e delle Sport gruppo 4 50 esemplari a 5000 cc.
Il più drastico di tutti è stato Enzo Ferrari, il quale senza batter ciglio ha deciso di tirare i remi in barca. E così le rosse vetture di Maranello hanno disertato Daytona, Sebring, la 500 Miglia di Brands Hatch, la 1000 km. di Monza. E' stata una decisione che ci ha addolorati, ma che non ci ha colto di sorpresa. Ferrari non aveva fatto mistero di questa sua intenzione, prima ancora che la decisione della CSI divenisse definitiva. Certo, per noi italiani l'assenza delle Ferrari ha limitato l'interesse per un tipo di gara che, sul piano tecnico, ha enorme valore. E la P5, che avremmo voluto vedere in gara, è diventata solo un'opera da esposizione, grazie alla sapiente matita di Sergio Pininfarina e di Renzo Carli. Anche dopo l'apparizione a Ginevra dell'ardito esemplare, Enzo Ferrari ribadì: « la P5 non percorrerà neanche un metro ». E così è stato, almeno sino ad ora.
Ma la decisione della CSI non ha creato un casus solo in casa nostra. Anche la Ford, che aveva corso e vinto con i suoi « mostri » da 7 litri, ha cessato l'attività.
E cosa dire della CHAPARRAL ? Anche l'auto con le ali ha smesso di « volare ».
Ma lo sport ha un suo fascino irresistibile proprio per le possibilità di ricambio che sempre lo alimentano. Chiusa una porta si è spalancato un portone. E così hanno fatto la loro comparsa nuove macchine. Dopo le prime gare di transizione, ecco che pian piano il lotto dei partenti per le gare riservate ai prototipi si è andato infoltendo. La Ford inglese, attraverso la Alan Mann ha messo in campo una « tre litri », la Mirage ha annunciato con gran rullare di tamburi una sua 3000; dall'America è arrivata la Howmet a turbina; in Francia è nata la Alpine 3000, mentre in Italia si è fatta largo la Panther, che pur non essendo ancora scesa in pista ha già invaso le pagine di tutti i giornali del mondo. E non è tutto. La Porsche, pur avendo delle 2200 cc- imbattibili ha preparato la sua « arma assoluta », che ha già girato a Le Mans, nelle sedute preliminari. E l'Alfa Romeo, pur se fra molti dinieghi, sembra abbia già pronto un motore da 3 litri per la sua « 33 ». A questo punto le decisioni della CSI vanno esaminate sotto una nuova prospettiva. La riduzione delle cilindrate ha veramente rovinato un affascinante, settore delle competizioni? O non ha forse consentito nuovi interessanti interventi?
Ma la chiave della protesta di Ferrari è un'altra. I 5000 cc. concessi alle Sport 50 esemplari sono effettivamente un vantaggio eccessivo, che viene concesso ai più ricchi, a coloro che accanto ad una raffinata meccanica possono accatastare una montagna di dollari. Ed ecco che la vittoria della Ford GT40 alla 500 Miglia di Brands Hatch arriva a sostenere in pratica la tesi dell'uomo di Maranello; e la celebrata «24 Ore di Le Mans» sembra dover confermare queste convinzioni: i tempi ottenuti in prova da Jackie Ickx con la GT40 suonano come piena conferma della tesi - Ferrari.
Ma allora, a cosa tendevano le decisioni dei « cervelli » della CSI? Se intendevano allargare il dialogo offrendo una possibilità di intervento anche ad altre marche, l'operazione è pienamente riuscita, anche se sull'altare di questo rinnovamento è stato sacrificato un « agnello » che somiglia stranamente ad un cavallino rampante. Se invece ritenevano di porre ordine e giustizia, allora il castello è miseramente crollato.
Tommaso Tommasi

Come si cronometra la Targa
Il regolamento della « Targa Florio », lasciando da parte il criterio della interpolazione adottato lo scorso anno, ritorna alla tradizione.
Unica variante, rispetto alle edizioni passate, la ripresa dei tempi che, per la prima volta sul circuito delle Madonie, verrà effettuata con approssimazione al 1/10 di secondo anziché al 1/5. Pertanto, anche il servizio di cronometraggio verrà svolto con le stesse modalità degli anni precedenti.
I cronometristi in servizio si suddivideranno in due gruppi, il primo dei quali, dislocato nella torre delle tribune,, provvederà a rilevare i tempi di passaggio, con apparecchio elettrico scrivente « Omega Time Recorder » al 1/100 di secondo, a fornire le notizie, alla R.A.I. ed al pubblico tramite il tabellone esterno cui sarà collegato telefonicamente. Contemporaneamente trasmetterà i tempi ripresi all'altro gruppo di cronometristi che si troverà, nella cabina sui box, a stretto contatto con la Direzione corsa, con lo speaker e con l'ufficio stampa.
Questo secondo gruppo provvederà ad elaborare le notizie ricevute per ottenere i tempi sul giro, quelli progressivi, le classifiche di classe ed assolute, nonché la velocità media di ciascun concorrente.
Quanto sopra detto terrà costantemente occupati i cronometristi per le otto ore della competizione, ma permetterà al pubblico, sia presente a Cerda che assente, tramite i collegamenti Rai ed i comunicati stampa, di essere al corrente di quanto avverrà, avendo la possibilità di seguire la gara con maggiore interesse, potendo sempre conoscere la posizione, la velocità ed i tempi di tutti i loro beniamini.
A parte tracciamo lo schema del servizio, con il quale si chiarisce meglio il funzionamento della cabina di cronometraggio.
Vicio Aquila
LA VETTURA IDEALE PER TRIONFARE
E' convinzione diffusa che la macchina ideale, per puntare al successo nella Targa Florio, sia una piccola due litri, solida, ma leggera e maneggevole. Perché il circuito ha caratteristiche prettamente stradali, con prevalenza di conformazione mista assai pronunciata; condizioni, queste, che hanno sempre consentito alle piccole cilindrate i più alti indici di prestazione, per il più favorevole rapporto tra velocità massima e velocità media.
Oggi, però, molti caratteri sono mutati: anche le strade delle Madonie sono divenute più larghe e scorrevoli; e l'evoluzione delle macchine è stata rapidissima. Ne consegue che, a parità di condizioni di tenuta alla distanza ed alle sollecitazioni che il tracciato misto impone, aumentano le possibilità di pieno sfruttamento delle potenze più ingenti.
Indubbiamente, questo circuito ha avuto un ruolo importantissimo nello sviluppo della vettura di moderna concezione, soprattutto per affermare lo schema del motore posteriore prima esterno e poi interno al passo, con lunghe evoluzioni, spesso anche rivoluzioni, dei cinematismi delle sospensioni. Ora, sull'efficienza dei telai, al livello in cui ci troviamo, con l'aggiunta degli insegnamenti avuti dalla « Formula 1 », c'è poco da aggiungere, specie se consideriamo l'influenza delle caratteristiche funzionali dei pneumatici. A meno di non imboccare la strada della trazione integrale.
Restano i problemi della leggerezza delle vetture e delle utilizzazioni delle potenze dei motori. Sono problemi importantissimi, per i loro riflessi sulle prospettive di progresso dell'auto di serie. E sono problemi che impegnano i tecnici d'oggi in ogni ordine di costruzione.
La riduzione dei pesi, che moralmente contiene gravi pericoli di esasperazione, sia tecnologica, sia economica, in considerazione dei costi astronomici dei metalli leggeri, è tenuta a freno dai limiti minimi regolamentari. Ma proprio sul circuito delle Madonie potrebbe essere libera, per l'intervento dei vincoli insiti dalla sua conformazione.
Dunque, il requisito più importante, per una vettura in grado di vincere la Targa Florio, è quello della leggerezza, non ai limiti di maggiore esasperazione, ma con le volute garanzie di tenuta.
Secondo, valori di cilindrata, di potenza e di utilizzazione più alti che in passato. L'ideale potrebbe essere rappresentato da un motore non troppo frazionato, con un massimo di otto cilindri, cilindrata compresa fra 2.000 e 3.000 crac., elevato gra-do di saturazione termica, con valore del prodotto tra pressione media effettiva e velocità lineare dei pistoni tra i più alti. Anzi, le nostre preferenze vanno proprio per una vettura Sport-Prototipo di tre litri, oggigiorno realizzabile entro limiti di peso molto bassi e con motori dalle più favorevoli curve di pressione media e di coppia, grandezze proporzionali. Perciò, il nuovo limite regolamentare di 3.000 cmc. per i Prototipi scaturisce anche dagli insegnamenti della Targa Florio, rappresentandone il tema tecnico più interessante del momento. E l'iniquo accostamento con le Sport di cinque litri resterà tale per tutte le prove tranne quella madonita, dove intervengono i caratteri del circuito a ristabilire l'equilibrio.
Enrico Benzing
UNA CORSA IMMORTALE

La Targa Florio, giunta alla sua 52" edizione ed alla rispettabile età di 62 anni è oggi una delle poche gare su strada che ancora si disputano, anzi è unica nel suo genere di gara su un circuito stradale di grande sviluppo.
Il fatto che questa corsa venga tuttora disputata e che ad ogni nuova edizione raccolga un consenso senza riserve da parte dei protagonisti, cioè dei corridori e delle Case costruttrici, oltre all'entusiastico appoggio della stampa internazionale, dimostra senza ombra di dubbio che la formula è valida così come lo era agli inizi. Il percorso montagnoso mette a dura prova gli organi meccanici delle vetture, frizioni, cambi, sterzi e sospensioni, senza parlare dei motori che debbono essere perfettamente a punto per adattarsi alle malevoli condizioni del circuito. Inoltre il tratto rettilineo velocissimo completa la gamma di esigenze pratiche in modo che le vetture debbono avere una media di prestazioni tali da renderle veramente automobili universali e non mezzi specializzati come, ad esempio, le monoposto o le stesse vetture prototipo utilizzate in altre gare.
E' così che alla Targa Florio vince veramente il miglior connubio di macchina ed uomini, intendendo tra questi sia i piloti che i meccanici ed il direttore sportivo della squadra: ed è per questo che molte Case si preparano per la Targa Florio come non lo fanno per nessun'altra corsa, con prove sul posto che durano settimane.
C'è però anche un motivo di carattere pratico nella continuità della corsa siciliana: se questa stessa gara fosse stata fatta in qualsiasi altro posto dell'Italia o all'estero è probabile che non avrebbe potuto sussistere. Il fatto di svolgersi in un'isola ed in una zona che si può isolare, sia pure con qualche sforzo, allo scopo di interrompere il traffico normale, aiuta la parte organizzativa; già così i problemi sono notevolissimi e tali da giustificare l'ammirazione per chi vi provvede. Ed arriviamo ai motivi più profondi, quasi metafisici.
La Targa Florio è parte della vita della Sicilia: non è una corsa qualunque fatta in un posto qualunque, è la « Targa Florio », inventata da un siciliano in un'epoca eroica e realizzata in condizioni poco meno che impossibili.
Non si sbaglia affermando che i siciliani di oggi farebbero qualsiasi cosa pur di poter continuare a fare la loro corsa; ed avrebbero ragione. C'è una validità morale in questa gara, che sfugge ai più: in qualunque altra corsa su circuito il pilota non è mai solo, e pertanto oggi conta al pari dell'abilità dell'uomo, la potenza dell'organizzazione: la Ford a Le Mans insegna. Ma la stessa Ford dopo un timido tentativo in Sicilia ha ritenuto più conveniente non ritentare la sorte, perché sarebbe stato poco meno che impossibile organizzare un servizio « all'americana » su tutto il circuito.
Il pilota di ogni vettura è dunque solo: sa che uno sbaglio può costargli la vita, o al minimo compromettere irreparabilmente la corsa, perché se guasta la vettura dovrà tentare di ripararla o abbandonare la gara. In un'epoca in cui i valori morali vengono sommersi dal fatto commerciale ed industriale, questo è senza dubbio un elemento altamente positivo. Dunque il parallelo tra gli antichi paladini, le cui gesta sono raccontate nei versi popolari dei « pupi » ed i piloti attuali è inevitabile e proprio solo alla Targa Florio si può fare.
Indubbiamente il fatto tecnico ha la sua importanza: il sottile equilibrio tra il peso che assicura robustezza, e la potenza che garantisce la velocità e ripresa va cercato con perizia. La efficienza dei freni, il tipo di pneumatici, per-sino il calcolo della distanza da percorrere con il carburante che è contenuto nel serbatoio, tutto deve essere studiato accuratamente. Poi la tattica di gara, basata sulle proprie ed altrui possibilità, a seconda che si cerchi la vittoria assoluta o solo un onorevole piazzamento ( che di per sé è già una affermazione notevole). Infine non va sottovalutato il fatto che la Targa Florio è, statisticamente una delle gare più sicure del mondo, e ciò contrariamente a quanto si possa cercare di far credere con polemiche allarmistiche e inquadrature artificiose.
Questa minore pericolosità rispetto ad altre corse si deve anch'essa al fatto della maggiore aderenza alla realtà pratica del tracciato di gara, con velocità medie che superano di poco i cento all'ora anche per le vetture più veloci, il che porta ad utilizzare le macchine entro i limiti logici dell'automobile e non come aeroplani che volano bassi.
Quanto sopra dal punto di vista dei piloti: per il pubblico la protezione è data dallo stesso impareggiabile scenario naturale, che permette una perfetta visibilità delle varie zone anche restando lontani dalla strada, anzi proprio restandone distaccati; talché con una ragionevole vigilanza nelle zone abitate e la applicazione di elementari norme di buon senso si può minimizzare il rischio.
Infine la validità della gara è data anche dalla permanenza delle condizioni stradali nel tempo: è pur vero che la sede è stata migliorata diventando asfaltata là dove prima era di terra, ed essendo state meglio tracciate alcune curve; ma questo fa parte del progresso, e per a-deguarsi al tipo di vetture che vi si impegnano, dato che nessuno trova illogico che si corra sulle Madonie con le Ferrari e le Porsche 1968 piuttosto che con le Isotta Fraschini o le Itala. Si perfeziona la strada così come si perfezionano le automobili, ed a questo progresso la Targa Florio ha contribuito non poco.
Gianni Rogliatti

IL NUOVO CAMPIONATO INTERNAZIONALE MARCHE
Il « Campionato Internazionale Marche » conta ora quindici anni di vita, anche se nel corso delle sue edizioni ha mutato spesso denominazione e talvolta significato. Tuttavia, il concetto, almeno in teoria e non eccessivamente in pratica, è rimasto sempre lo stesso, e cioè quello della valorizzazione sui mercati di una gamma di determinate vetture da competizione dalle quali possano ricavarsi versioni di Gran Turismo.
Quando nacque nel 1953 la dizione era di Campionato delle Vetture Sport, poiché allora dalle Sport, vetture aperte, spyders, barchette, costruite in pochissimi esemplari dalle varie Case, si derivavano delle versioni chiuse, berlinette e coupé, messe in produzione di serie Gran Turismo. In seguito, il torneo assunse la dizione di « Campionato Internazionale Marche » come è ora, definizione più logica e propagandistica ai fini dell'affermazione delle Case. Dopo, esso assunse anche la denominazione di « Campionato Internazionale Gran Turismo », proprio perché le Sport, in fondo, non erano che dei « prototipi di Gran Turismo ». Poi si ebbe una certa distinzione con la istituzione del Trofeo Prototipi e il mantenimento del Campionato Marche riservato alle Gran Turismo. Ora siamo tornati al « Campionato Internazionale Marche » che comprende sia i prototipi che le Sport con limitazione di cilindrata più ragionevole.
Ma occorre fare una osservazione, e che cioè ora abbiamo i « prototipi di sport » e prima avevamo i « prototipi di Gran Turismo », il che può lasciare adito ad ambigue interpretazioni non soltanto di regolamento, ma anche ai fini costruttivi. Un conto sono i « prototipi di sport » e un altro i « prototipi di Gran Turismo », i primi veicoli sono espressamente costruiti per restare « soltanto sportivi », e quindi in ridotto numero di esemplari, gli altri veicoli invece per assumere caratteristiche a un dipresso più vicine alla produzione di serie.
Però, le critiche che si potevano muovere a questa enigmatica regolamentazione erano quelle di creare confusione e dal punto di vista costruttivo delle mostruose vetture sia Sport che Gran Turismo, le une valendo le altre. Negli ultimi due o tre anni, in effetti eravamo arrivati a condizioni di prestazioni velocistiche esasperanti, non controllabili persino dai più esperti piloti. Perciò, approviamo senz'altro come un bene la limitazione della cilindrata a 3 litri per i prototipi e a 5 litri per le Sport. Certamente la novità non poteva essere digerita dai costruttori americani abituati alla costruzione di vetture di serie che vanno dai 5 ai 7 litri di cilindrata, veri e propri veicoli... cisterna invece per la mentalità europea.
Ma anche gli americani devono pur capire che è del tutto inutile costruire delle vetture mostruose, se i guidatori che possano condurle si contano sulle dita di una mano. Vediamo, invece, cosa ci insegna la « Porsche » che produce vetture sperimentali di poco superiori ai due litri e che servono come scuola-guida per tutti i piloti, meno esperti e più esperti. E la Porsche, in pratica, ottiene gli stessi risultati pratici (addirittura superiori per la conquista di tutti i mercati) degli americani che producono sette litri.
Dunque, il ritorno alla limitazione di cilindrata è senz'altro un fatto positivo, anche se gli americani la digeriscano poco. Però, anche loro devono dimostrare che sono nelle condizioni di costruire vetture di 3 litri con prestazioni simili a quelle della Porsche. Del resto, i mercati europei bisogna cominciare a tenerli in considerazione più che nel passato e non soltanto ai fini sportivi. In fondo, sono proprio gli artigiani europei che stanno insegnando agli americani come si costruiscano macchine da corsa valide per tutti i circuiti e non per determinati percorsi. Ferrari ha insegnato molte cose ai suoi avversari molto più ricchi di lui, i quali hanno fatto tesoro di certe esperienze mettendole in pratica. Forse, forse, la « GT 40 » Ford non sarebbe stata una macchina da tenuta con il suo «motore - scimpanzé», se i suoi progettisti, dopo l'esperienza europea, non avessero cominciato a considerare che per vincere le corse non bisogna soltanto pensare ai motori e ai loro cavalli, ma anche ad altre cose.
Il « Campionato Internazionale Marche », che ora racchiude Prototipi e Sport, secondo noi è più utile nella attuale impostazione di quanto non lo sia stato nelle ultime. Poiché, se prima abbiamo visto raggiungere dei limiti massimi alla abilità umana di guida a scapito della sicurezza, ora possiamo ottenere più efficienza di guida con risultati pratici anche meno costosi e macchine più sicure.
È anche vero che la limitazione di cilindrata deve essere pari e non differenziata fra Prototipi e Sport, come non è attualmente. Il fatto che 50 esemplari di vetture Sport 5 litri valgono un solo prototipo non è un concetto convincente, in quanto, gira e rigira, i 50 esemplari di Sport sono così preparati da ottenere risultati superiori ai prototipi e con 2 litri di più di cilindrata. Se non ci fossero le « Porsche » con i loro fantastici, ma molto semplici prototipi, questo Campionato Marche finirebbero con il vincerlo proprio le Sport 5 litri. La lotta è sempre fra il consumo ed il risparmio, da un lato gli americani dall'altro i tedeschi che sono maestri in fatto di consumi minimi con risultati pieni.
La « 24 Ore di Daytona », la « 12 Ore di Sebring », la prova di Brands Hatch e la « 1000 Km. Monza » hanno messo in evidenza anche dei guidatori che diversamente non si sarebbero imposti.
La Targa Florio viene ora a proposito, come sempre del resto, sia per le macchine come per i piloti sul solito circuito. Certamente, quest'anno il percorso è lievemente più veloce; ci saranno un po' meno cambi, qualche frenata sarà evitata, certi « scarti » si possono eliminare, in genere si guadagneranno più secondi su ogni 20 Km. e più minuti sui 10 giri. Ma non si deve dimenticare che è sempre il solito magnifico circuito che costruisce le macchine e mette al mondo i corridori.
Pino Fondi
LA 52 ma EDIZIONE APRE LA STAGIONE TURISTICA SICILIANA 1968
Noi siciliani siamo imbattibili nello sperperare il denaro pubblico per manifestazioni di presunto interesse turistico. È un misto di malinteso senso degli affari e di atavico spirito d'ospitalità che ci spinge a soddisfare questa nostra vocazione nella direzione sbagliata. Si finanziano da anni, con fior di milioni, le « gite » di figure di secondo piano dello sport, dai nomi esotici, pur di avere lo « straniero » in gara o si scialacquano capitali nell'organizzazione di manifestazioni di carattere bucolica-fieristico di nessun conto. Ma non si riesce a distinguere il vero dal falso, le iniziative valide da quelle che non lo sono affatto.
A conti fatti, c'è una sola manifestazione che merita qualunque sacrificio finanziario e per la cui sopravvivenza vai la pena di lottare: Targa Florio. Una volta tanto, gli aggettivi sull'importanza di una creatura siciliana non suonano artificiosamente. La Targa ha davvero dei primati dei quali vantarsi: la più vecchia corsa del mondo ancora in vita; l'ultima gara su strada d'Europa; il più valido banco di prova per macchine e piloti. E' una competizione internazionale nel vero senso della parola alla quale, anche se i concorrenti non vengono più — come voleva Vincenzo Florio — « solo con i propri mezzi, per il piacere di parteciparvi », le maggiori Case automobilisti-che guardano per un'affermazione di prestigio. E, in questo caso, l'aggancio con il turismo ha un suo significato e una sua rispondenza. Ogni concorrente ha un suo seguito di tecnici, meccanici, accompagnatori; che i giornalisti giungano a centinaia e da tutte le parti del mondo, siamo pronti a testimoniarlo (e ogni inviato scrive una media di tre articoli per uno o più giornali che vanno in pasto a milioni di lettori nei cinque Continenti); la presenza del pubblico è un dato obiettivo. Si è parlato, negli anni scorsi, di cinquecentomila spettatori, deducendo questa cifra dal numero delle auto in sosta ai margini del circuito delle Madonie. Non siamo molto lontani dal vero. L'importanza della gara è, infine, dimostrata dall'interesse con cui la seguono non solo la RAI-TV ma anche i più importanti organismi radiotelevisivi dette altre nazioni.
Insomma, la Targa è la Targa. Una corsa che ha un suo fascino inconfondibile e che, quest'anno, segna l'apertura della stagione turistica siciliana, dopo le terribili giornate del terremoto che, non solo hanno portato lutti e danni nelle zone direttamente colpite, ma le cui infauste conseguenze — la recessione del turismo, appunto — si sono allargate a macchia d'olio su tutta l'Isola. La Targa è, perciò, anche l'occasione opportuna per il rilancio di questo vitale settore dell'economia siciliana. Sport e turismo a braccetto: come e meglio di prima.
Filippo Cosentino
IL CONTE FEDERICO ci ha lasciato
Una coppa challenge conte Giovanni Federico verrà assegnata, al concorrente che per due anni consecutivi vincerà la Targa Florio per ricordare l'illustre scomparso.
La Targa Florio non vedrà più entrare in scena, sul palcoscenico della vita uno dei suoi personaggi più significativi, più rappresentativi. Il conte Federico costituirà una delle più care menzioni di questa affascinante ed entusiasmante corsa madonita. Di già, l'illustre scomparso, è entrato a far parte dell'ideale galleria dei ricordi della Targa, galleria che colleziona, da dieci lustri, quasi gelosamente, gli scorci più interessanti, le immagini più nitide, le sequenze più reali e veritiere, l'estesa serie dei vincitori da Cagno nel lontano 6 Maggio 1906 ai nostri giorni, i trofei freneticamente conquistati, gli importanti allori avuti, le apoteosi vissute annualmente. Per chi vorrà, in punta di piedi, visitare questo silenzioso tempio del passato, sarà facile intravedere il conte Federico in vicinanza immediata del personaggio principe, l'indimenticabile Vincenzo Florio, creatore della gloriosa manifestazione motoristica siciliana di risonanza mondiale. Proprio così, perché il conte Federico seppe validamente ereditare la Targa alla morte del suo ideatore, in un momento quanto mai delicato, perché da più parti si cercava di ridimensionare o di far naufragare l'importantissima competizione isolana.
Presidente della Commissione Sportiva e consigliere dell'Automobil Club Palermo, il compianto Federico riuscì a fare includere la Targa Florio fra le prove valide per lo challenge di velocità e durata. Figura di primo piano nello sport automobilistico, vero pioniere lo si può senz'altro considerare. Nell'età spensierata prese parte a numerose corse (Giro di Sicilia, rally di Interlaken e di Montecarlo). Fu direttore di corsa della Targa Florio sino alla 50" edizione, Commissario Sportivo fino al 1966 della 24 Ore di Le Mans, della 1000 Km del Nürburgring e della 12 Ore di Sebring.
Lo ricorderemo sempre nel « canile » (il palchetto da dove dirigeva la Targa) sopra i box, meticolosissimo perché tutto filasse liscio come l'olio.
Suo figlio, di recente, discutendo con gli amici fraterni del conte, il marchese Pettino ed il comandante Beppe Albanese, ebbe a dire una frase che mi ha non poco colpito. « Mio padre aveva una figlia in più: La Targa Florio ».
Vincenzo Bajardi
L'EDIZIONE DEL TERREMOTO

La cinquantaduesima edizione della Targa Florio probabilmente passerà alla storia come la Targa del Terremoto, quella edizione della vecchia corsa di Florio che tutti i siciliani andarono a vedere per dimenticare i disastri che colpirono parecchie zone dell'isola in quell'anno, per dimenticare in una fantastica giornata di tipico sole siciliano, caldo e brillante, le terribili notti all'addiaccio, il terrore di quei giorni interminabili che certamente ancora per parecchi anni resteranno scolpiti nei pensieri di tanti siciliani, di quanti ebbero la sventura di viverli.
Chi fra dieci, fra venti, nel 2.000, scoverà fra le scartoffie questo numero unico vecchio ed impolverato comprenderà, leggendo queste note scritte da chi ha vissuto quel triste anno iniziato male, lo stampo, il marchio di questa Targa, una edizione che tutti i siciliani andarono a seguire per sentirsi vivi, più vivi dopo la tremenda paura 'che li aveva avvolti, per dimenticare che la loro \ esistenza non era più attaccata ad un filo sottilissimo come avevano più volte pensato nelle pesanti giornate.
I siciliani alla Targa di quest'anno saranno più sorridenti e andranno a Cerda come se fosse finita una guerra, andranno una volta per tutte a •dimenticare, seguendo l'infernale carosello che li \ha sempre affascinati più di ogni altro spettacolo, i quotidiani assilli.
Non vorranno sentirsi chiamare per un giorno « terremotati », ma orgogliosi come sono vorranno sentirsi siciliani puro sangue, gente grande e piccola nello stesso tempo per nulla disposta a cedere la loro atavica tradizione, il loro carattere, il loro modo di vivere. Non v'è dubbio il clima, l'atmosfera della Targa, edizione 52, è questa e toglierle questa prerogativa è impossibile. Soltanto chi ha vissuto questo terremoto può comprenderla, può giustificarla.
Forse quest'anno saranno ancora più numerosi. Si trasferiranno nella notte del sabato sui punti strategici del circuito, si apposteranno in attesa dell'alba, dormendo avvolti in uno scialle, in attesa dell'inizio del fantastico carosello, fino a quando non si avvicina la Targa nuova, fino a quando il duello, la lotta per primeggiare non si rinnova.
I paesi vicini, man mano che si avvicina la data della corsa, si svegliano dal lungo tradizionale letargo tipico dei poveri centri siciliani dove il tempo sembra essersi fermato, si svegliano per vivere la loro grande giornata, per entusiasmarsi al possente rombo di un bolide, per meravigliarsi ad una innocente involontaria sbandata di un concorrente.
Comprano i giornali che per tutto l'anno hanno lasciato marcire nelle edicole per leggere della Targa; l'avvenimento del quale si sentono padri, proprietari; vogliono leggere, sapere quali saranno i protagonisti, quali macchine e quali piloti saranno al via, i pronostici della vigilia, vogliono insomma entrare con tutti i crismi della legalità nella loro Targa, la corsa che difendono a tutti i costi.
I giornali ne parlano diffusamente, fanno i pronostici, pubblicano gli elenchi degli iscritti, il programma della corsa, le novità della nuova edizione, descrivono gli aspetti più reconditi di questa vecchia favolosa corsa e per ogni dove si parla della Targa, da Palermo a Messina, da Siracusa a Trapani. Ne parla chi ha avuto il piacere di vederla nascere questa corsa, chi ha avuto il piacere di vederla una sola volta ed anche chi non ha mai avuto il piacere di vederla e si è accontentato di seguirla attraverso i commenti dei giornali e della radio.
Gli organizzatori, quei dinamici ed instancabili dirigenti dell'Automobile Club di Palermo hanno già fatto di tutto per la migliore riuscita della manifestazione, hanno messo a posto nuovamente le tribune e i box di Cerda abbandonati per un anno intero, hanno spinto i proprietari del circuito a rimettere a posto la sede stradale, hanno chiesto alla Questura, alla Prefettura di predisporre i servizi necessari allo svolgimento della corsa, hanno concluso le laboriose trattative con i concorrenti per farli venir giù fino in Sicilia, hanno invitato i giornalisti, hanno insomma fatto di tutto perché l'edizione 1968 sia meglio delle precedenti, perché anche la 52.ma non faccia rimpiangere le edizioni passate.
Le Madonie, i suoi abitanti, le sue strade, la Sicilia tutta si apprestano a festeggiare la loro grande giornata, tornano nuovamente alla ribalta, alla massima ribalta.
Anche quest'anno in vero i presupposti perché l'edizione sia delle migliori esistono già soprattutto sotto il profilo agonistico e tecnico che poi in fondo è quello che interessa maggiormente al pubblico, a tutta quella gente che si precipita a Cerda per non mancare all'appuntamento, per collezionare fra i propri ricordi anche la Targa 1968.
Al via anche quest'anno ci saranno molte macchine, più di una sessantina, un numero abbastanza elevato per vederne arrivare almeno una dozzina, ci sarà lo squadrone della Porsche con le prestigiose vetture che hanno vinto sette volte la Targa, ci saranno le Alfa Romeo pronte a cogliere l'eredità di Ferrari dopo il clamoroso forfait del costruttore di Maranello per queste corse, ci saranno le poderose vetture americane, un equipaggio interamente femminile (la Lancia Fulvia HF di Pat Moss, sorella del vincitore della Targa del 1955 e di Rosadele Facetti), ci saranno i grandi piloti, i beniamini siciliani quelli che ogni anno ricevono i maggiori applausi, ci sarà Nino Vaccarella, il pilota che considerano il migliore sotto tutti i punti di vista, ci saranno insomma anche quest'anno tutte le componenti per una « grande » Targa.
Chi vincerà? A chi l'onore di scrivere il proprio nome sull'albo d'oro della corsa già abbastanza pieno dei nomi di grandi assi del volante? A me anche quest'anno è toccato l'ingrato compito di avanzare i pronostici, di stabilire quali concorrenti nutrono alla vigilia le maggiori chances per il successo finale. Chi riuscirà a vincere? Dilungarci su questo argomento campato su semplici illazioni che il più delle volte non rispecchiano la realtà dei fatti ci sembra assurdo, ma dal momento che anche su questo numero unico deve restar traccia dei pronostici della vigilia sul vincitore della 52.ma edizione della Targa da poter poi confrontare con le classifiche ufficiali, diremo semplicemente che i favori del pronostico sono tutti a favore della Porsche e che soltanto Vaccarella con la sua Alfa Romeo « 33 » può sovvertirli.
A chi non crede ai pronostici e vuoi sincerarsi dei risultati non ci resta che invitarlo a Cerda per la grande corsa, non ci resta che invitarlo alla 52.ma edizione sicuri fin d'ora che sarà una grande edizione, che la lotta sarà sempre serrata che il colpo di scena nel finale, come vuole la tradizione, non mancherà certamente. L'appuntamento è fissato per le ore otto in punto del 5 maggio alle tribune di Cerda. L'ora d'inizio di un altro affascinante carosello.
Pietro Rizzo

DIETRO LE QUINTE
A proposito di Targa anch'io voglio dire la mia.
Della corsa, del proscenio Targa, del piccolo, variopinto, poliedrico mondo della Targa di Vincenzo Florio, dei suoi molteplici umori, altri hanno già detto meglio e più diffusamente.
A me, che amo la Targa tutta, piace dire della corsa 'ante factum', della corsa vista nella sua fase di preparazione, in una, da dietro le quinte, prima della prova generale.
Per vincere alla Targa Florio ci vogliono estro, due buone braccia, una macchina (con la M maiuscola), ed una perfetta conoscenza del tracciato. A parte l'estro e le buone braccia, che se uno li ha è campione e se non li ha è meglio che smetta, la macchina e la conoscenza del percorso, non si inventano.
Essenziale risulta per questa singolarissima corsa una buona e coscienziosa preparazione. Ed a proposito di preparazione, nella storia della Targa, mi sembra sia rimasto lapidario l'esempio della famosa 'calata' delle argentee vetture di Neubauer che nel 55 scrisse nel prestigioso Albo d'Oro della corsa siciliana, assieme ai Brivio, Nazzaro, Nuvolari, Villoresi, ecc., la coppia inglese Moss - Collins.
Si le Mercedes.
'Veni, vidi, vici' la loro partecipazione: il primo anno a Cerda e subito trionfo. Ma dietro l'exploit delle macchine tedesche c'era una cronometrica preparazione che nulla lasciava al caso.
Films del circuito, prove di settimane, punti di riferimento ad iosa, e fiumi di vernice.
Un più recente e forse più significativo esempio di preparazione lo troviamo nell'altro ramo della dinastia tedesca di macchine da corsa: la Porsche.
Si legge nell'Albo d'Oro:
1962: 47" Targa Florio, prima Porsche 2000, Bonnier - Abate.
1963: 48" Targa Florio, prima Porsche 2000, Pucci - Colin Davis.
1964: 49a Targa Florio, ci vuole Vaccarella per interrompere la serie tedesca; assieme al compianto Bandini, il pilota siciliano porta la sua Ferrari vittoriosa sulle strade di casa. Ma già alla 50" edizione è di nuovo, subito Porsche; così pure Porsche è l'ultima, la 51a edizione.
Guardando ora alle vittorie della casa di ZUFFENHAUSEN, troviamo sempre un punto in comune, un'unica componente, per la stessa risultante.
Un mese prima della corsa, puntualmente la squadra di Won Hanstain 'cala' a Cefalù: camions, macchine, muletti, meccanici, ingegneri ed evidentemente i piloti, piantano il loro quartiere generale all'hotel S. Lucia; il garage annesso all'albergo diventa una vera e propria filiale della casa tedesca, il camion-officina porta tutto il necessario: ricambi per rifare nuove le macchine che hanno con loro al seguito, interi motori smontati, cataste di coperture delle più varie fogge e misure.
Per almeno una settimana, ogni anno, puntualmente, tra marzo ed aprile, il tracciato della Targa indossa, in anteprima, le vesti della festa, di quella festa che farà accorrere lungo i settanta chilometri del circuito madonita cinquecentomila appassionati.
E qui giù a filmare, provare, inanellare giri su giri, smontare, provare, montare, riprovare...
E poi, il giorno della corsa, l'alloro è inevitabile arriva puntuale.
Salvo Di Miceli
Perché Ferrari ha dato forfait
• Tu non immagini la rabbia che mi fa, sapere che li a Maranello, in un qualche angolo, c'è una macchina impolverata, forse dimenticata, che potrebbe stare in pista, in circuito, a far sentire forte il suo ruggito. E, ti assicuro, sarebbe un ruggito preoccupante per molti avversari ». Chi ci parlava cosi qualche tempo fa, era un noto pilota italiano, uno di quelli che certe strane alchimie nella conduzione agonistica della più famosa Casa italiana di corsa, la Ferrari, hanno portato alla giubilazione. È storia vecchia. È storia che si chiama Vaccarella, Scarfiotti, Casoni eccetera. Storia che si ripete sempre e non finisce mai nell'archivio della Casa modenese. Ma è una storia che negli ultimi anni ha assunto virulenza insolita, rivolgendosi, peraltro, a danno della Casa che pur si fa lustro del « cavallino rampante », simbolo certo non di rinunce.
Quella certa macchina è una Dino, quella Dino tutta particolare che è il duemila modenese versione 12 cilindri. E i 12 cilindri, come si fece notare in un comunicato che destò non poco scalpore, « qualificano la produzione Ferrari ». Con ciò si voleva scindere il DINO 2000 sei cilindri prototipo, da questa duemila. Scisso o meno, è certo che sarebbe stata una macchina particolarmente adatta alla Targa 1968. una « Florio - che, invece, non avrà una Ferrari vera - alla partenza. « Sarebbe stata una macchina competitiva » ci diceva quel tal pilota. E aggiungeva: • Lascialo dire a me che ho potuto anche fare paragoni ».
È probabile che, se De Adamich non si fosse fatto male a Brands Match, in qualche modo questa "duemila" l'avremmo vista in mezzo alle Porsche e alle Alfa. L'avremmo vista forse nell'Europeo della Montagna ma anche in questa Targa Florio, dove avrebbe potuto giocare chances da vittoria assoluta più che altrove. La indisponibilità di De Adamich, l'unico pilota della Ferrari attuale in grado di poter disputare la Targa, ha contribuito alla astensione.
Ma è anche noto che Ferrari dall'anno scorso è andato predicando la sua astensione dai prototipi. La decisione è stata motivata con le innovazioni portate dalla CSI nella regolamentazione, che ha fatto nascere i prototipi 3000, lasciando libere le sport 50 esemplari (per chi fosse in grado di realizzarle) di toccare il limite dei 5000 cc.
Bastò questa formula del regolamento per scatenare le ire di Ferrari che pure, all'epoca della corsa ai mostri Ford, fu il primo a sollecitare un contenimento dei limiti stessi. Dall'ira all'astensione. Astensione dalle gare di durata USA, dalle Mille Chilometri europee, dalla Florio e da Le Mans. In verità, chi volesse mettere i puntini sugli « i », potrebbe obiettare che Ferrari — se avesse voluto — avrebbe potuto lo stesso "dar la paga agli avversari". O per lo meno tentare. Comunque non si trovava svantaggiato più degli anni precedenti.
Se è vero che la CSI ha agito male nell'omologare le Lola 70 e le ex Ford Mirage come « Sport » regolari per i 5000 cmc., è anche vero che queste macchine, tranne Il caso di Brands Match dove ICKX ha vinto grazie a un doppio guasto occasionale delle Porsche, non hanno potuto aspirare a far molto meglio dei prototipi più piccoli. E qui si parla di prototipi 2200. Che ora si annunciano le Pesche, le Renault, le Mirage, le Alfa 3000. E quando saranno a posto, forse nella stessa Le Mans, esse non avranno nulla da invidiare alle 5000 mal omologate dalla CSI.
Piuttosto diciamo chiaramente che Ferrari aveva deciso, già dopo le delusioni del 1967 (in formula), di cambiare registro in fabbrica. Lo avevano convinto che tutti i suoi guai dipendevano dal voler combattere su troppi fronti insieme (quasi che i Chapman, i Brabham, i Mc Laren, le Matra, ecc. non facciano lo stesso: F. 1, F. 2, Indianapolis, vetture Can-Am). Giusto o non giusto, Ferrari pervenne a quella conclusione (quando magari avrebbe dovuto individuare — come poi si è purtroppo visto — nella carenza di un grosso pilota il suo vero handicap). Cosi fu varato il programma che ha visto la rinuncia ai prototipi. Quando invece egli sarebbe stato in grado, grazie alla straordinaria ricchezza di capacità e materiale tecnico della sua Casa, di mettere insieme una macchina che avrebbe potuto battere tutti.
L'impiego di tutte le energie in formula, uno e due, non l'hanno ripagato finora, anche se il campionato mondiale ancora da sbocciare, potrebbe dargli una soddisfazione. Le nuove Ferrari sono, a detta di molti, le migliori del lotto e ora non c'è più Clark (purtroppo) a capovolgere e ad annullare tutti i pronostici. Ma anche se dovesse arrivare, alla fine della stagione, il premio meritato per il prodigarsi di quest'uomo (nonostante tutto ammirevole per il suo coraggioso amore per il nostro sport, al di là delle componenti negative rappresentate da tutti i suoi cattivi consiglieri) resterebbe l'errore di una rinuncia ai prototipi. O, per lo meno, quello di non aver voluto fare omaggio a una popolazione di appassionati dello sport automobilistico come questa siciliana, con una partecipazione che, comunque, non sarebbe stata simbolica.
Possono esistere tutti i regolamenti sbagliati che si pretende, si possono voler "punire" tutti i responsabili ufficiali, ma non si debbono mai far pagare queste - colpe » alla parte più sana del nostro sport: agli appassionati più semplici, quelli che si alzano alle due o tre di notte per andare a far ala a cento piloti e macchine che passano ogni quaranta minuti sotto il sole bollente o la pioggia fastidiosa. Sono loro che non meritano queste « diserzioni », perché sono loro che creano i "miti", che fanno grandi i protagonisti anche dello sport, sono loro che eleggono gli « idoli », facendoli degni di una ammirazione che altrimenti non avrebbero da altri.
Marcello Sabbatini
Anch'io sono la Targa Florio
lo sono l'ultimo arrivato. Lo sono sempre stato. Cominciai ad esserlo cinquantadue anni fa, il 6 maggio 1906, e lo fui in tutte le successive edizioni della Targa Florio, sui circuiti piccoli e grandi delle Madonie, nei Giri di Sicilia, alla Favorita. Sempre ultimo.
Anche l'anno scorso, per esempio, nella 51" edizione. Mi feci tutta la mia brava competizione, curve dietro curve, rettifili dietro rettifili. Gli altri correvano come dannati, mi chiedevano strada e qualcuno per troppa furia si mise per buttarmi in un fosso, altri mi prendevano d'infilata come un tordo. Ed io duro. Tanto feci che alla fine tagliai il traguardo anch'io. Ultimo.
Ricordo come fossero ieri i tempi della preistoria, quando arrivare ultimo non era un problema, salvo che alla fine ero sempre così bianco di polvere e nero d'olio che non riuscivo mai a farmi riconoscere dalla mamma. In compenso bastavano i 40 all'ora per farcela. Mi godevo il paesaggio, bellissimo sempre, anche allora, delle Petralie, mi facevo un quartino a Collesano e poi giù, nell'ebbrezza dei 45 orari sul rettifilo di Bonfornello.
Non vi dico nel 1912, l'anno del primo Giro di Sicilia. Un intero giro su quattro ruote, qualcosa come 1000 chilometri, una cosa inaudita. Partimmo preoccupatissimi, chi con valigie e i soldi per l'albergo, chi con cartoline postali per le famiglie. Ce la prendemmo comoda e a me per arrivare ultimo bastò tenere la media, più o meno, dei 35 orari, come ciclisti nelle tappe di trasferimento.
Oggi se non tocchi e superi i 100 quando arrivi? A Cerda non ti aspettano. Dopo l'apoteosi del vincitore ti chiudono la corsa e rischi di perderci l'ultimo posto.
Bisogna dar sotto come tutti gli altri. Inchiodati al volante e ai comandi, ogni centimetro di strada una conquista del motore e dell'intelligenza. Macché intelligenza. Anche coraggio, prontezza e controllo di riflessi, esperienza, mestiere, entusiasmo.
Entusiasmo di arrivare ultimo.
Se qualcuno ride vuoi dire che non ha capito la Targa. Che non capisce nulla. Sarà uno di quelli che ti trovi sulle curve, dove i passaggi fanno più spettacolo, e per vederci meglio fanno la siepe ai lati della strada, pane e frittata e i bambini in collo. E non immaginano, col motore che rugge e scotta, la nuca rigida e dolorante, i muscoli tesi, magari troppo tesi, sui comandi, le curve da capogiro e quella gente tra i piedi, arrivare anche ultimi, ma arrivare, è impresa che alla fine riempie d'orgoglio e ripaga di tutto.
Di me non ha mai parlato nessuno e forse mai ne parleranno. Mai letto sui giornali un titolo a nove colonne dedicato al mio ultimo posto. Il mio nome è talmente anonimo che, se stampato a nove colonne, parrebbe un errore di stampa. Si legge magari a tutte lettere: « Vaccarella costretto al ritiro ». E si fa un gran parlare sul come e sul perché non sia arrivato che dopo di me, anzi che non sia arrivato affatto.
Ma non me la prendo. L'umanità si è sempre interessata alle cose che fanno spicco, a quelle bellissime come a quelle bruttissime. È giusto che sia così. L' "eroe oscuro " esiste e interessa soltanto in retorica. Anche perché per esserlo, come me, è necessario confondersi nel!a massa e quindi non possedere un nome.
Eppure anch'io ho un primato. Straordinario. Forse il più ambito anche se il meno celebrato, un primato che sono riuscito — come vi ho detto — a stabilire sinora in tutte le edizioni della Targa e continuerò sicuramente a stabilire anche nelle successive. Il primato che — io penso — stava più a cuore a Vincenzo Florio e sta ancora, sicuramente, a cuore agli attuali organizzatori: al traguardo, io, sono sempre arrivato. Capite? Sempre. Ultimo, ma sempre.
Un primato che è anche — l'avevate dimenticato? — la vera formula della Targa e la chiave del suo successo di sempre: arrivare. Lo pensate? A Indianapolis, a Le Mans, è difficile solamente vincere. Qui, a Cerda, sapere arrivare. Saper condurre il mezzo per 700 e più chilometri, sempre ai limiti della sua resistenza e tuttavia senza mai rompere, curve da impazzire, cambi, riprese, slanci e frenate al millesimo di secondo e strappi rabbiosi. Sempre così, per mezza giornata, su un percorso che rompe le ossa e divora le macchine. E alla fine, ciò nonostante, arrivare.
Alla fine chi pensa agli applausi, alle coppe, ai titoloni che non ho mai conquistato? Alla fine — se non mi vergognassi di farlo, come ora mi vergogno di confessarlo — vorrei abbracciare la macchina e vorrei che lei abbracciasse me. E faremmo a gara con pacche sulle spalle e gli occhi lucidi a dirci che il merito è stato tutto tuo, di me che l'ho capita e le ho fatto esprimere tutta la sua forza per 700 e passa chilometri, di lei che m'ha ripagato e m'ha portato sino in fondo, sul traguardo, e mi fa sentire più bravo — autentico vincitore — su tutti coloro che non ce l'hanno fatta e sono rimasti, i veri sconfitti, a mezza via.
Questa è Targa Florio, perbacco!
Niente spazio sui giornali. Chi l'ha detto? Non sarò mai un titolone ma sono sempre stato — e sempre sarò — il definitivo segno d'interpunzione, senza il quale di anno in anno il discorso della Targa non potrebbe mai chiudersi. Senza di me, ultimo arrivato, non ci sarebbe un penultimo. E un terzultimo. E così via, a salire, sino al primo, lo sono il « titolo di merito » di chi mi ha preceduto, la pietra di paragone che regola, in crescendo, l'assegnazione dei premi e delle coppe. Sono la parola fine per i cronometristi. Son l'elemento indispensabile, né più né meno del primo arrivato, perché l'ordine d'arrivo da ufficioso diventi ufficiale e vada in pasto ai tecnici e alla stampa. Senza di me la Targa non esisterebbe, perché sono le cose piccole, anonime e cosiddette « insignificanti » che, nella loro somma, fanno le grandi.
Anch'io, dunque, sono la Targa Florio. Non dimenticatevene.
Mario Giordano
DOVE ERO ? All'incirca al Km. 1 La mia prima Targa ! Spettatore.