targa florio

TARGAMANIA!!!!!

LE TARGHE FLORIO


Targa Florio, 1908
cm 18x23
gesso (originale custodito nello studio di Cambellotti per la fusione del Trofeo Florio)
In basso a destra: CD e spiga
Archivio Cambellotti, Roma
 
Targa Florio, 1908
cm 18x23 bronzo, fusione del 1920
In basso a destra: CD e spiga
in basso: Targa Vincenzo Florio MCMXX
Coll. Conchita AIROLDI
 
Premio-trofeo per la corsa di automobili creata dalla famiglia Florio a Palermo nel 1906. Nello stesso anno Duilio Cambellotti inizia una collaborazione con i Florio ideando grafiche pubblicitarie, illustrazioni per l'elegante album RAPIDITAS, destinato ad accompagnare la corsa automobilistica e per una pubblicazione della Navigazione Generale Italiana, società dei Florio, presentata all'Esposizione Internazionale di Milano dello stesso anno. Nel 1908 i Florio affidano a Duilio Cambellotti anche l'ideazione del premio, in sostituzione della targa disegnata e prodotta in oro da Lalique nel 1906 e 1907. Il bronzo di Cambellotti descrive la gara tra una mandria di cavalli e un'automobile guidata da una figura muscolosa di uomo: l'esibizione di potenze animali e meccaniche acquista il senso della velocità attraverso l'uso della diagonale puntata verso il basso. Le fusioni delle targhe furono eseguite fin dall'inizio dalla ditta Picchiani e Barlacchi di Firenze fondata nel 1902 e tutt'ora esistente. Nel basso della targa la data veniva cambiata ogni anno fino agli anni Venti, quando le immagini dell'uomo e dell'automobile furono modernizzate e fu aggiunta la data dell'era fascista eliminando il nome "Vincenzo". Il cambiamento era opera di Henry Dropsy che firmava i bronzi fino alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale; nel secondo dopoguerra, dal 1948 l'erede Florio riprende, insieme alla gara, la targa originale che è usata ancora oggi. L'immagine ideata da Cambellotti fu usata agli inizi anche in formato ridotto, stampata in alluminio, come contromarca per rientrare nel circuito degli addetti alle corse. Non è chiaro quante fusioni siano state tirate dall'originale, dal 1908 in poi. L'esemplare descritto, datato 1920, proviene dalla collezione degli eredi del conte Guido Airoldi il quale, secondo gli archivi della targa Florio, in quell'anno però non aveva vinto la corsa. Invece nel 1909, nella IV edizione della corsa, aveva ottenuto, correndo su Lancia, il secondo posto come copilota di Vincenzo Florio. E' probabile che la targa sia stata donata per ricordo al conte in un secondo momento.

 
Duilio Cambellotti - biografia

Duilio Cambellotti nasce a Roma il 10 maggio 1876. Tra il 1893 e il 1897 frequenta il Museo Artistico Industriale, allora diretto da Raffaele Ojetti, seguendo il corso di "decorazione in pittura e in disegno applicata alle industrie artistiche" tenuto da Alessandro Morani. Nel 1896 vince il concorso per la realizzazione dei pali di sostegno delle tranvie romane e si reca a Firenze per far eseguire il modello in legno da Mariano Coppedé. Nello stesso anno si accosta per la prima volta al teatro e disegna un manifesto pubblicitario per la Compagnia di Ugo Falena.

Terminati gli studi inizia l'attività di designer progettando specchi, cofanetti, cornici, spille e una serie di lampade per la ditta Schulz di Berlino e per altre ditte francesi, tedesche, austriache e italiane. Compie viaggi in Grecia e in Turchia lavorando alla decorazione del padiglione che il Sultano Ottomano costruiva in occasione della visita dell'Imperatore di Germania. Nel 1898 partecipa al concorso per il manifesto della Esposizione Nazionale di Torino ed è presente alla mostra con vari manifesti tra cui Incandescenza, disegnato per la ditta Lipizzi. Viene notato da Vittorio Pica che lo segnala in un suo articolo, elogiandolo - insieme con Mataloni ed Hohenstein - specialmente per l'elegante fattura e il "concetto poetico".

Dallo stesso anno frequenta Alessandro Marcucci con cui organizza sulla terrazza della casa di via dell'Arancio "azioni" teatrali delle quali rimane documentazione fotografica. Attraverso Marcucci si accosta ad un gruppo di amici intellettuali tra i quali spicca il nome di Giacomo Balla, venuto a Roma da Torino nel 1895. Dal 1900 collabora alla rivista Italia ride e nel 1902 vince il concorso Alinari per alcune illustrazioni della Divina Commedia. Collabora al Settimanale Fantasio a L'Avanti della Domenica e alla Rassegna Internazionale. A partire dal 1903 la sua attività plastica si rinnova: cominciano a comparire i primi vasi in bronzo recanti motivi di animali: Vaso con tori, Vaso con conigli, Vaso con leonessa, Vaso con pantere. Collabora alla rivista Novissima.

Illustra con illustrazioni, vignette e fregi Come le nuvole, un volume di poesie di Filippo Amantea che esce a Cosenza nel 1905. Nel novembre dello stesso anno si costituisce il Teatro Stabile di Roma (Presidente il Conte Enrico di San Martino; segretario Ugo Falena; direttore artistico Edoardo Boutet; scenografo e costumista Duilio Cambellotti). Nel 1906 disegna la copertina della rivista RAPIDITAS e la targa per il trofeo Florio. A questi anni appartengono le opere: il polittico L'altare, Il timone, I due vecchi, la sequenza in quattro quadri di La perpetua vicenda (pubblicata nel 1906 su Novissima) con una replica (L'eterna vicenda), alcune medaglie il Vaso con cerve, il Vaso con bue e il Vaso con tori. L'11 gennaio 1908, al Teatro Argentina di Roma, viene rappresentata con grande successo La Nave, tragedia di Gabriele D'Annunzio, con scene e costumi di Cambellotti. Contemporaneamente l'editore Treves pubblica la tragedia con copertina, illustrazioni e fregi dell'artista. Ottiene la cattedra di ornato modellato al Museo Artistico Industriale di Roma.

Collabora dal giugno 1908 alla nuova rivista quindicinale La Casa, disegnandone la copertina e i fregi interni e pubblicandovi testi sull'architettura e l'arredamento. Nel 1909 aderisce ai XXV della Campagna Romana con il soprannome di Torello. Nello stesso anno inizia la collaborazione con l'editore Bemporad di Firenze. Nel maggio 1911, durante l'Esposizione Internazionale, si inaugura la Mostra dell'Agro Romano, organizzata dalle Scuole per i Contadini dell'Agro Romano in accordo con il Comune di Roma, da un'idea di Alessandro Marcucci. Giovanni Cena cura l'aspetto etnografico mentre Cambellotti disegna il manifesto della "Mostra per le scuole dell'Agro" e si incarica dell'ordinamento artistico della mostra e della progettazione della grande capanna, all'interno della quale si potevano vedere mobili rustici intagliati dai contadini, sculture di Cambellotti stesso e dipinti di Giacomo Balla ispirati alla campagna romana. Tra il 1910 ed il 1912 lavora alle decorazioni del villino Bellacci al Gianicolo, progettando il protiro con motivi in ferro battuto, la scala in legno e le maniglie in bronzo.

Sposa Maria Capobianco, cugina di Umberto Boccioni . Nel 1912, con Umberto Bottazzi e Vittorio Grassi espone un gruppo di vetrate eseguite da Cesare Picchiarini alla Prima Mostra della Vetrata Artistica. In questo stesso anno Giovanni Cena inaugura la prima ala della Scuola per i contadini di Colle di Fuori, progettata da Alessandro Marcucci e decorata all'esterno da piastrelle e da ceramiche policrome e all'interno da due tempere su tavola di Cambellotti. Per le Scuole dell'Agro Romano e delle Paludi Pontine illustra il Sillabario e il Compimento. Realizza la copertina per la rivista cinematografica Cines Revue. Nel 1913 disegna gli arredi e i costumi per il film Gli ultimi giorni di Pompei. Illustra, per l'Istituto Editoriale Italiano, Nel regno dei nani di A. France, Storie Meravigliose di N. Hawthorne e Le Mille e una Notte.

Nel 1914 disegna le scene per Agamennone di Eschilo rappresentato al Teatro Greco di Siracusa e partecipa all'Esposizione Internazionale del libro e della grafica d'arte a Lipsia con alcune tempere del ciclo Leggende Romane. Nel 1915 partecipa alla III Secessione Romana con un gruppo di vetrate eseguite da Cesare Picchiarini per la Casina delle Civette di Villa Torlonia. Dal 1917 collabora, come grafico, a Il Piccolissimo, giornale per le Scuole dell'Agro; diviene direttore della Scuola di Ceramica presso i laboratori dell'Istituto San Michele di Roma, attività che svolse fino al 1927. Nel 1919 tiene la sua prima mostra personale alla Bottega d'Arte Moderna, una galleria aperta a Roma da Maria Monaci Gallega, mecenate, amica degli artisti ed esecutrice di stoffe da parati e di abiti famosi. Nello stesso anno partecipa a Milano all'Esposizione di Arte Decorativa dell'Umanitaria. Progetta il primo bozzetto per il Monumento ai Caduti di Priverno, ispirandosi alla raffigurazione dell'ara votiva. Alla esposizione della Società Promotrice delle Belle Arti di Torino invia alcune opere tra cui le cere La pace e La Corazza.

Nel 1920 illustra i Racconti della foresta e del mare e Le mitologie ambedue di N. Hawthorne, le Favole di Trilussa, La siepe di smeraldo di E. Cozzani. Lavora al Monumento ai Caduti di Terracina, plasmando il gruppo Le dolorose. Nel 1921 torna a lavorare per il Teatro Greco di Siracusa disegnando il cartellone, la scena all'aperto e i costumi per Le Coefore di Eschilo. Per l'editore Mondadori illustra i volumi di V. Brocchi L'alba, I piccoli amici, Santa Natura e per l'editore Bemporad illustra il volume Le prime piume di Orano. Nello stesso anno viene incaricato della ristrutturazione del Villino Pallottelli per il quale progetta una sala da musica. Nel 1922 realizza le scene e i costumi per Le Baccanti di Euripide e Edipo Re di Sofocle ottenendo un grande successo. La collaborazione con il Teatro Greco di Siracusa continuerà negli anni successivi. Ha una sala di scultura con circa venti opere in bronzo, gesso, ceramica a gran fuoco alla CX Esposizione Internazionale di Belle Arti, Società degli Amatori e Cultori, tenutasi al Palazzo delle Esposizioni di Roma.

Nel 1923 partecipa con il gruppo degli artisti romani alla Prima Esposizione Internazionale di Arti Decorative di Monza, allestendo cinque sale della "Sezione del Lazio". Nel 1924 disegna una vasta serie di tavole per il volume di Ercole Metalli, Usi e costumi della campagna romana. Nello stesso anno mette in scena I Sette a Tebe di Eschilo e Antigone di Sofocle al Teatro Greco di Siracusa. Nel 1925 partecipa alla Seconda Esposizione Internazionale di Arti Decorative di Monza con mobili, arazzi, tappeti, buccheri e ceramiche. Nello stesso anno esegue i cartoni per le vetrate per il Santuario Francescano di Fonte Colombo. Nel 1926 illustra il grande volume I fioretti di San Francesco. Tra il 1926 e il 1927 soggiorna a lungo a Terracina dove disegna dal vero e prepara una serie di acquerelli sulla storia e i miti del Circeo. Esegue il Monumento ai Caduti di Fiuggi. Nel 1928 espone alla XVI Biennale di Venezia l'allestimento scenico per il Teatro dell'Opera di Roma nella Mostra dell'Arte del Teatro curata da Margherita Sarfatti. Per il dramma Giulio Cesare di E. Corradini, rappresentato a Taormina e a Ostia Antica, disegna fondali, costumi e raggruppamenti scenici. Lavora ad una serie di grandi acquerelli ispirati alle tragedie di Eschilo. Illustra per la rivista La Lettura, il romanzo di F. Sapori In capo al mondo.

Nel 1930, per il matrimonio di Umberto di Savoia, disegna i raggruppamenti scenici del corteo storico snodatosi dall'Aventino al Quirinale. Ancora nel 1930 cura l'arredo e le decorazioni murarie dell'Istituto Eastman di Roma. E' nominato Accademico di San Luca. Nel 1931 è impegnato nel vastissimo lavoro per la decorazione e gli arredi del Palazzo dell'Acquedotto Pugliese di Bari. L'artista vi disegna ogni particolare: pavimenti, scaloni, porte, vetrate, maniglie, lampade e mobili. Dipinge le pareti con scene della terra pugliese attraversata dall'acquedotto e nel cortile interno erige una fontana. Nel 1932 realizza il secondo progetto del Monumento ai Caduti di Priverno e il Monumento ad A. Celli. Illustra il volume Il Palio di Siena di P. Misciatelli, pubblicato da Novissima.

Nel 1933 espone, a Bruxelles e a Varsavia, un gruppo di xilografie del ciclo Leggende Romane. Nel 1934 lavora a La conquista della terra, un ciclo pittorico per una sala della prefettura di Latina, costituito, nella redazione finale, da tre pannelli a tempera su ardesia artificiale di trenta metri di lunghezza complessiva. Decora con pitture murali le sale della nuova Prefettura di Ragusa. Nel 1936 è chiamato a Paestum per la rappresentazione delle Panatenee. Partecipa alla Mostra di Scenografia Italiana a Berna (1946) curata da Enrico Prampolini. Nel 1948 allestisce a Siracusa l'Orestea di Eschilo. Negli anni tra il 1949 ed il 1959 conclude il ciclo di xilografie Leggende romane, composte da trentacinque grandi tavole in legno.
Muore a Roma il 31 gennaio 1960.
 

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