| |
|
Nel 1918 l'ingegner Gallanzi, titolare di un salone automobilistico in via Gustavo Modena a Milano, acquistò la licenza di costruzione e alcune scorte di componenti di una vetturetta del tipo cyclecar da Antonio Chiribiri che, come la maggior parte dei costruttori dell'epoca, aveva dovuto sospendere la produzione automobilistica per dedicarsi a forniture militari. La vettura, contraddistinta dal marchio Ardita (denominazione ripresa con maggior successo da un modello Fiat del 1933), era equipaggiata con un motore a 4 cilindri di 1300 cc (65 x 98 mm) a valvole laterali e albero a manovella montato su cuscinetti a sfere. Un'interessante soluzione, popolarizzata in seguito dalle vetture Bianchi, era costituita dal cambio separato dal motore e solidale con l'albero di trasmissione. L'iniziativa di Gallanzi non ottenne il favore del pubblico e la produzione si arrestò nello stesso anno, ancor prima di aver esaurito i componenti rilevati dalla Chiribiri. |