targa florio

GIGI TARAMAZZO

0 - 0


 

49^ TARGA FLORIO
9 maggio 1965
FERRARI 250 LM 3,3 (#132) - LUIGI TARAMAZZO / ODDONE SIGALA
 
ADDIO TARAMAZZO di Guido Rancati.

L'ultima corsa non è riuscito a vincerla. L'aveva affrontata con la stessa lucida tenacia che era stata la sua arma vincente in mille sfide, s'è battuto per mesi al limite delle sue possibilità e delle sue forze. Non era abituato ad arrendersi facilmente. Ma questa volta ha dovuto farlo. L'ultimo suo avversario, quello che lo ha sconfitto in una gara che non prevede rivincite, gli si era insinuato dentro troppo vigliaccamente per lasciargli scampo. Gigi TARAMAZZO se n'è andato a settantadue anni e i superstiti di un mondo che non c'è più si sentono un po' più vecchi. Anni Cinquanta e Anni Sessanta, un secolo fa. E non è solo questione di numeri. Tempi di sogni e illusioni, anche di passioni forti. La sua per le corse, ad esempio. A mettersi un casco in testa aveva iniziato nel dopoguerra, quando ancora l'Italietta si leccava le ferite. Col volante fra le mani ci sapeva fare, i risultati erano lì a confermarlo. Le prime coppe, la voglia sempre più forte di continuare. Senza neppure prendere in considerazione la possibilità di essere pagato per farlo. Da gentleman-driver, come tanti altri con il piede pesante e un'azienda di cui occuparsi. I suoi non l'avevano cresciuto con l'idea che potesse guadagnarsi la pagnotta correndo in macchina. L'avevano fatto studiare, aveva in tasca il diploma di geometra e doveva metterlo a profitto dell'impresa edile di famiglia. Case e strade da costruire, il prezzo da pagare per essere pilota nei fine settimana. La 1000 Miglia e la Targa Florio, quelle di una volta. Le gare in salita, qualche puntata in circuito. Con auto potenti e difficili, sempre più impegnative: Alfa Romeo, Ferrari... Contro gente che andava forte davvero: Maurice Trintignant, Luigi Musso, Carlo Mario Abate, Giancarlo Baghetti, Arturo Merzario, Edoardo Lualdi...
Nel 1958 il primo titolo: campione italiano Gran Turismo oltre 2600, la classe regina. E l'unica presenza in Formula 1. Solo un assaggio, a Monaco. Dopo avergli fatto fare una decina di giri sul vecchio aerautodromo di Modena su una delle sue Maserati, Mimmo Dei gli aveva proposto di tentare di qualificarsi nel circuito monegasco. Aveva accettato. S'era infilato nell'abitacolo di una 250 color argento con due anni di più o meno onorarata carriera sul groppone e quando il motore aveva cominciato a cantare aveva messo dentro la prima. Una tornata per cominciare a capire, qualche altra per prendere il ritmo. Santa Devota, la salita del Beaurivage. Alla "esse" davanti al Casino, la sbandata fatale sull'olio forse lasciato dal differenziale della monoposto di Maria Teresa De Filippis. Un busso, una buona mezz'ora passata a guardare gli altri e addio sogni di gloria. In F. l la legge non è mai stata uguale per tutti, nello schieramento di partenza di quell'anno i privati avevano a disposizione solo un paio di posti e furono di Jo Bonnier e Giorgio Scarlatti.
Aveva provato a batterli, gli era andata male e s'era fatto da parte. Senza tanti rimpianti. Anche di quel fine settimana nel Principato ricordava soprattutto le cose belle. La sensazione di non aver problemi a cavarsela con i cavalli della Maserati, la visiera imprestatagli da uno degli ufficiali che lo aveva visto tribolare con gli occhialoni appannati. E pazienza se non gli avevano permesso di fare qualche giro con la più veloce macchina di Cerini. Non glielo aveva ordinato il dottore di diventare pilota da Gran Premio. Per appagarlo, le cronoscalate andavano più che bene. I rally pure. Terzo con una Giulietta TI al primo Rally dei Fiori, quello del '61 e secondo l'anno successivo, dietro a Piero Frescobaldi ma davanti ad Arnaldo Cavallari, Sesto nel '63, settimo nel '64 e secondo nel '65 con la Flavia, sesto con la Porsche 911 nel '68 e ancora con la tedesca, quarto nel '69. Alla fine del '71, l'addio alle armi. Senza celebrazioni, annunciato con poche parole ai fedelissimi che lo avevano seguito al Col de l'Orme: «E' arrivato il momento di smettere, d'ora in poi le corse le guarderò in televisione».