69^ TARGA FLORIO

3/6 luglio 1985

1
LANCIA RALLY 037 (#2) - DARIO CERRATO / "GEPPI" GIUSEPPE CERRI
KM.  1275,280
3 tappe - 36 (34) prove speciali - part. 54 class. 21 

2
LANCIA RALLY 037 (#3) - FABRIZIO TABATON / LUCIANO TEDESCHINI
3
FIAT RITMO 130 ABARTH (#10) - TIZIANO CHITI / MONTENESI
4

PORSCHE 911 SC  (#18) - SERGIO MONTALTO / "FLAI" VALERIA ALBAMONTE

5

OPEL MANTA GTE  (#14) - MARCO SAVIOLI / "DAVIS" GIOVANNI AVERNA

6

OPEL KADETT GSI (#7) - LUPIDI / ZANELLA

7

PEUGEOT 205 GTI  (#9) - PIERANGELA RIVA / MARIA GRAZIA VITTADELLO

8
FIAT RITMO 130  (#27) - SERGIO PALMISANO / MARIELLA AUGELLO
9
FIAT RITMO 130 (#49) - ALESSANDRO PORCELLANA / ENRICO RICCARDI
10

FORD ESCORT RS T (#45) - "BRONSON" ANGELO SIINO / EROS DI PRIMA

11Milanesi - Bianchi (Opel KADETT GSI)
12Comelli - SINCEROTTO (Fiat Ritmo 130 Abarth)
13Benazzo - Costa (Peugeot 205 GII)
14Paola De Martini - Larcher (Ford Escort RST)
15
Torregrossa - Sabella (Alfa Romeo Alfasud TI)
16Consiglio - Giglio (Alfa Romeo Alfasud TI)
17Arletti - Venturelli (Peugeot 205 GTI)
18Giancona - Marino (Ford Escort)
19Argento - Gueli (Peugeot 104 ZS)
20Palma - La Mantia (Fiat Ritmo 105)
21Zummo - Cuccia (Alfa Romeo Alfasud L)
CAMPIONATO FIAT UNO

1. GUIZZARDI - Zigrino in 2.35'24"; 2. Canobbio - Bulgarelli a 27"; 3. Fiorio - Ferfoglia a 1'39"; 4. Stagno - Palazzolo a 2'27"; 5. Gallione - Rabino a 2'29"; 6. Carrera - DELLACHA a 2'34"; 7. Tagliapietra - Zallo a 4'41"; 8. Parontin - Stella a 5'07"; 9. Turri - Trombi a 7'15"; 10. Pizio - Ugazio a 7'35"; 11. Bordonaro - Bollara a 7'50"; 12. Berio - Florenzano a 10'43"; 13. Brunello - Frisiero a 10'47"; 14. Pasero - Pastorelli a 12'34"; 15. Vernengo - Giannini a 12'56"; 16. Contardi - Dutto a 19'15"; 17. Berruto - Martorana a 33'34".

Prima «ciliegina» di Dario Cerrato e Gepi Cerri alla «Targa»; dopo le ottime prestazioni degli anni precedenti, l'equipaggio del Jolly Club si aggiudica la prima delle tre edizioni consecutive, eguagliando il record di vittorie che apparteneva a Ninni Vaccarella ed al belga Gendebien.
Anche Sergio Montalto, piazzatesi quarto con la Porsche 911 SC. eguaglia un altro record, quello del miglior piazzamento fra i piloti siciliani, stabilito da Carrotta nel 1980. Cambiamento di data per la gara madonna, passata a luglio dall'originario mese di marzo; un'altra novità riguarda lo svolgimento su tre tappe, una delle quali sulle strade sterrate del Corleonese, già teatro de! Rally Conca d'Oro. Nella prova del Trofeo Fiat Uno al terzo posto si piazza Alex Fiorio, terzo lo scorso anno nel campionato del mondo; alle sue spalle, staccato di 48", conclude il palermitano Antonio Stagno.

La gara, svoltasi in tre tappe, di cui la prima su sterrato, ha visto il dominio di Cerrato su Lancia Rally, che...

 

... ha preceduto di oltre cinque minuti il genovese TABATON.

A fare il passo sulla terra è stato Del Zoppo con la Peugeot 205 Turbo 16 che ha inflitto distacchi pesantissimi alle Lancia di Cerrato e TABATON, ma alla prova «targa» è rimasto vittima di una «girata» e, dunque, costretto al ritiro.

Terzo è giunto Chiti (Fiat Ritmo), mentre quinto il palermitano Sergio Montalto su una Porsche 911 SC.

CEFALÙ — La 69. edizione della Targa Florio è stata funestata dalla morte di un pilota: il palermitano Sandro Picone che disponeva dell'Alfasud Sprint del team Italwagen. Non si è trattato di un incidente ma di una serie di circostanze sfortunate: al termine della settima prova speciale, infatti, il navigatore Michele Russo è sceso dalla vettura ed è svenuto, mentre Picone è rimasto in macchina pur dichiarando di non riuscire a respirare. A causa della rottura della marmitta, i gas di scarico erano entrati nell'abitacolo, causando un avvelenamento da ossido di carbonio all'equipaggio. Stupisce che il povero Picone, probabilmente nella foga di portare a termine comunque la gara, non abbia valutato la gravita del fatto in base alla sua competenza di medico cardiologo e non si sia fermato lungo il percorso. Trasportato all'ospedale di Corleone, Picone è deceduto per arresto cardiocircolatorio, mentre Russo è stato dimesso con prognosi di due giorni. Sandro Picone aveva 33 anni, svolgeva a tempo pieno la professione di medico e faceva dei rally unicamente un hobby. Un grave incidente è invece occorso all'equipaggio Di Buono - Helg nella sesta prova speciale. A causa di una uscita di strada, la loro Opel Corsa è capottata quattro metri sotto il livello stradale e, mentre il pilota è rimasto incolume, Luigi Helg ha riportato la frattura della vertebra cervicale. Helg ha le gambe paralizzate e i clinici lasciano poche speranze di completa ripresa dell'uso di questi arti.

ISCRITTI

DAL NUMERO UNICO DELLA 69^ TARGA FLORIO:
LE PS della 69a Targa Florio
PRIMA TAPPA
Mercoledì 3 luglio ore 22.01 Palermo, P.za Politeama: partenza 1a tappa
Itinerario: Palermo, Villabate, S.S. 121, Bivio Bolognetta, Marineo, Bivio Rocche di Rao, Bivio Tagliavia, Bivio Masseria Manali, Bivio S.P. Sancipirello, Bivio S. Loe, Pietralonga, Sparcia, Bivio Borgo Schirò, Roccamena, Bivio Casalotto, Ponte Arancio, S.P. per Sancipirello, Bivio Masseria Pioppo, Bivio Palastanga, Bivio Masseria Pioppo, Bivio Tagliavia, Santuario Tagliavia, S.S. 118, Bivio Casale, Bivio Masseria Milone, Casale, S.S. 118, S.S. 118/C, Campofiorito, Contrada Besi, Bosco Lucia, S.S. 118/C, Campofiorito, Corleone, S.S. 118, Bivio Ficuzza, Bivio Alpe Ramosa, Alpe Ramosa, Bivio Alpe Cucco, Bivio Godrano, Bivio Massariotta, Massariotta, Val dei Conti, S.S. 118, Marineo, Bolognetta, S.P. 77, Baucina, Ventimiglia, Trabia, Termini, Cefalù Lungomare
SECONDA TAPPA
Giovedì 4 luglio ore 17.01 Cefalù, Lungomare: partenza 2a tappa
Itinerario: Cefalù, S.S. 113, Bivio Cerda, Bivio Montemaggiore, S.S. 120, Granza, Bivio Caltavuturo, Bivio Polizzi, Collesano, Lascari, S.S. 113, Santa Lucia, Campella, Bivio Presti, S.P. 9, S.S. 113, Feria, Vignale, S.S. 113, S.P. 9, A. 19, S.S. 113, Lascari, Gratteri, Piano Fate, S.P. 9, Aquileia, Castelbuono, Pintorna, Ceraci, S.S. 120, Cangi, Bivio Gangi Vecchio, Bivio Bompietro, Pianelle, Fasanò, Bivio Madonnuzza, Petralia Sottana, Castellana, Polizzi, Portella Colla, Piano Zucchi, Collesano, Campofelice, Termini Imerese, Cangemi, Caccamo, Bivio Montemaggiore Scalo, Montemaggiore, Bivio Cerda, S.S. 120, Granza, Bivio Caltavuturo, Bivio Polizzi, Collesano, Lascari, Gratteri, Piano Fate, Bivio Carbonara, Cefalù Lungomare
TERZA TAPPA
5 luglio ore 22.01 Cefalù, Lungomare: inizio 3a tappa
Itinerario: Cefalù, S.S. 113, Bivio Cerda, Bivio Montemaggiore, S.S. 120, Granza, Bivio Caltavuturo, Bivio Polizzi, Collesano, Lascari, S.S. 113, Santa Lucia, Campella, Bivio Presti, S.P. 9, S.S. 113, Feria, Vignale, S.S. 113, S.P. 9, A. 19, S.S. 113, Lascari, Gratteri, Piano Fate, S.P. 9, Aquileia, Castelbuono, Pintorna, Ceraci, S.S. 120, Gangi, Bivio Gangi Vecchio, Bivio Bompietro, Pianelle, Fasanò, Bivio Madonnuzza, Petralia Sottana, Castellana, Polizzi, Portella Colla, Piano Zucchi, Collesano, Campofelice, Termini Imerese, Cangemi, Caccamo, Bivio Montemaggiore Scalo, Montemaggiore, Bivio Cerda, S.S. 120, Granza, Bivio Caltavuturo, Bivio Polizzi, Collesano, Lascari, Gratteri, Piano Fate, Bivio Carbonara, Cefalù Lungomare
La Targa è sempre una gran corsa
11 primo amore non si dimentica mai. Questo detto popolare, che ha le sue radici nei secoli, trova ancora oggi la sua attualità. E può essere utilizzato senza dubbio anche per una manifestazione sportiva come la Targa Florio che 79 anni dopo la sua «nascita», non soltanto per motivi sentimentalistici, è preferita dalla stragrande maggioranza degli sportivi ad altre competizioni di rilievo.
Il primo amore non si dimentica mai. Questo detto, a proposito di Targa Florio, va oltretutto interpretato alla lettera: la vecchia Targa Florio è rimasta nel cuore più di quanto non lo faccia la nuova formula, riveduta e corretta secondo i canoni più moderni.
«La Targa Florio — ci dice Vito Maggio, giornalista sportivo che da 30 anni segue con estremo interesse le vicende palermitane — è ormai leggenda e le leggende nascono da dati di fatto incontrovertibili. Personalmente preferivo la vecchia corsa su strada che entusiasmava una marea di gente ma questi discorsi lasciano il tempo che trovano. La corsa si è modernizzata, anzi ha avuto il pregio di adeguarsi ai tempi, di non restare una corsa anacronistica. Credo che a live/Ilo sportivo sia la competizione più amata dai siciliani, forse perché si porta dietro tanti bei ricordi ed un pezzo di storia siciliana».
— Lei, riguardo la Targa, ha però qualche rammarico...
«È vero ma la Targa in queste mie considerazioni c'entra poco. Da tempo mi batto per portare avanti un discorso di impiantistica sportiva e ricordo che già tanti anni fa, ormai decenni, si parlava della costruzione di un circuito automobilistico. Si diceva che la sua realizzazione sarebbe stata questione di poco tempo e invece non si è fatto niente. Come sempre, sono costretto ad aggiungere».
La Targa Florio in relazione agli altri appuntamenti sportivi dell'isola: l'argomento lo approfondiamo con Giancarlo Felice, direttore del TSN, il telegiornale di Telesicilia, una testata giornalistica tradizionalmente vicina allo sport.
«La Targa Florio è veramente una manifestazione «nostra» in quanto siciliani. È giusto volerle bene in modo particolare. Credo che la Targa rappresenti un patrimonio culturale e sportivo della Sicilia che va tutelato. La Sicilia ospita altre manifestazioni di rilievo internazionali come il concorso ippico o il torneo di tennis, competizioni che nobilitano la nostra Regione ma che non hanno il fascino segreto che è invece racchiuso nella gara automobilistica voluta dall'armatore Vincenzo Florio. Del resto il numero degli sportivi che da sempre segue la Targa è esponenzialmente superiore a quello delle altre competizioni».
A difendere il buon nome della Targa Florio scende in campo anche Michele La Tona, addetto stampa del Teatro Biondo, nativo di Cerda, che ci racconta un episodio emblematico. «Mi trovavo in America, anni fa, ed ebbi un incidente. Presi un avvocato che dopo aver scritto le mie generalità cominciò a pensare ad alta voce «Cerda, Cerda, Cerda, Cerda», poi ebbe il lampo: «Targa Florio». Improvvisamente si alzò e mi portò in una stanza tappezzata di manifesti della Targa, mi fece vedere un'infinità di ritagli di giornali sulla Targa. Sapeva davvero tutto e mi chiese di raccontargli tutte le storie e gli aneddoti che conoscevo. Questo sta a testimoniare come la Targa Florio esporti il nome Sicilia in tutto il mondo». Michele La Tona però ha anche qualche critica da muovere. «La Targa è stata snaturata. È come se organizzassi il festival di Sanremo a San Cala/do. Ai tempi c'era un seguito di oltre 300.000 persone, adesso non più. C'è meno professionalità, la partecipazione è aperta a troppi piloti che non hanno un passato di prestigio, chiunque — anche i più inesperti — possono gareggiare. Bisognerebbe oltretutto dare alla Targa un coefficiente più alto. Non bisogna dimenticare che da Cerda sono passati i migliori piloti del mondo, quelli che come Fangio e Nuvolari, rappresentano la leggenda.
Non credo si possa paragonare la Targa alle altre manifestazioni sportive siciliane, che a mio avviso sono più «fredde», ma ritengo che se gli organizzatori, nel costruire le future edizioni, seguiranno criteri turistici più indicati, la Targa tornerà ai fasti passati».
I giudizi positivi sulla Targa comunque si sprecano. Sentite il barone Spadaro. «Se scomparisse la Targa Florio scomparirebbe un pezzo di Sicilia anche perché il tracciato della Targa racchiude sempre un interesse culturale e paesaggistico notevole. La corsa su strada aveva più fascino ma era anche più pericolosa ed è stata eliminata. Paragonare Targa vecchia e Targa nuova è difficile: certo che nelle prime edizioni la Targa costituiva anche un avvenimento mondano. Tra le manifestazioni attuali la Targa potrebbe essere paragonata al Giro aereo o al concorso internazionale di salti ma, senza nulla togliere a queste competizioni, la Targa ha qualcosa in più».
Francesco Petrolà, pilota, ha partecipato tanti anni fa a 11 edizioni della Targa Florio. «La rifarei subito, anche con la nuova formula, perché per un siciliano partecipare alla Targa è un onore. Personalmente la preferivo prima ma, ancora oggi l'interesse storico legato a questa corsa è insuperabile».
Estremamente realista e ponderato, come sempre, il giudizio di Salvatore Ceraci, giornalista del Corriere dello Sport. «Nessun'al-tra manifestazione siciliana può vantare 80 anni di tradizione. E non è un caso. Saper resistere al logorio del tempo, conservando pressoché immutato il fascino e l'interesse è già di per sé un successo strepitoso. In molti, gli anziani soprattutto, non hanno apprezzato appieno la versione «rally» che secondo me invece rappresenta la continuazione ideale, la logica conseguenza di questa grande manifestazione.
Tutto ciò che è antico ha un fascino leggendario, ma forse se avessero lasciato tutto inalterato come prima la manifestazione avrebbe progressivamente perduto interesse. I tempi sono cambiati e bisogna avere la forza di adeguarsi».
Non poteva mancare un mini-sondaggio con le nuove leve di appassionati. Ebbene, 19 dei 20 giovani sotto i 25 anni che abbiamo «sondato» hanno preferito la corsa dei Florio alle altre competizioni, perfino al tennis che negli ultimi anni ha trovato terreno fertile tra i giovani.
«Non abbiamo conosciuto la «vecchia Targa» — questo in sintesi il loro parere — ma riteniamo che la formula per così dire moderna, quella rally, grazie anche alla celebrità della manifestazione ottenuta con la vecchia formula, sia la più indicata a resistere negli anni».
Guido Monastra
Grandi festeggiamenti per gli 80 anni
1906-1986: in questo lungo arco di tempo si sono disputate settanta edizioni che rappresentano la storia dell'automobile.
Il Presidente dell'Automobile Club di Palermo, avvocato Nino Sansone, preannuncia in questa intervista i festeggiamenti che si terranno per ricordare l'ottantesimo
anniversario della nascita della gloriosa competizione

Cinque quadri squarciano le pareti della stanza e spandono intorno il sapore della «belle époque»: auto da corsa e dame col cappellino, curve sinuose e pagliette, polvere e spettatori. E due donne sopra una sedia a fendere il pubblico per sbirciare i corridori. Siamo nell'ufficio di Nino Sansone, sessantadue anni, Presidente dell'Automobile Club Palermo, per parlare dei festeggiamenti che si stanno già predisponendo per la prossima edizione della Targa Florio che nel 1986 compie ottanta anni (settanta però le corse disputate a causa delle interruzioni dovute alle guerre).
«Vede questi quadri — ci dice l'avvocato Sansone — ne abbiamo a decine. Vincenzo Florio organizzava ogni anno un premio di pittura in concomitanza con la Targa; il primo classificato restava all'ACI. Con questi quadri faremo una mostra per l'ottantesimo anniversario».
— Quali altre iniziative pensate di varare?
«Innanzitutto cercheremo di portare in Sicilia i piloti più in vista. Poi, pubblicheremo un libro a cui stiamo lavorando fin da ora. Dovrà esaltare l'aspetto sociale, culturale, tecnico, turistico e folkloristico della Targa Florio. Non scordiamoci che il primo incontro della nobiltà palermitana con i contadini dell'entro-terra, considerati a torto soggetti passivi del feudo, fu proprio intorno al circuito.
Per tornare alle manifestazioni di contorno al rally 1986, anticipo che oltre alla mostra di pittura ne allestiremo un 'altra di fotografie. Lo sa che abbiamo una bellissima fototeca con immagini che risalgono agli albori della Targa? Non mancherà infine la classica sfilata di auto d'epoca».
— Ottanta anni sono tanti. Lei quanti ne ha vissuti da protagonista?
«Diciamo una ventina. Comunque voglio precisare che la Targa Florio non riguarda solo l'A.C. Palermo, non è di nostra proprietà, ma è un grande patrimonio che appartiene alla Sicilia, all'Italia. Spesso all'estero si parla di noi grazie a questa corsa».
— Le è capitato qualche episodio divertente collegato con questa popolarità estera della corsa siciliana?
«Come no! Una volta ero andato ad assistere alla 500 miglia di Indianapolis, quando il patron di quella gara ha saputo che ero il Presidente della Targa Florio non mi ha lasciato più in pace. Mi ha costretto a fare la
sfilata, mi presentava a destra e a manca come l'ospite d'onore, il fiore all'occhiello. Si rivolgeva ai big locali dicendo: sapete chi c'è qui? Nientepopodimeno che il Presidente della Targa Florio! Dio mio mi sono detto, non è che questo mi scambia per Vincenzo Florio? Invece, per loro la nostra corsa è qualcosa di mitico».
— La imbarazza l'accostamento con Vincenzo Florio?
«Moltissimo. Il mio solo merito è quello di aver lottato per far sì che questa splendida corsa continuasse. Ma è ben altro il merito di chi l'ha letteralmente inventata, creandola dal nulla».
— Da qualche anno la Targa però ha cambiato i connotati, ha fatto un profondo maquillage. In tanti rimpiangono la vecchia corsa su strada. E lei?
«La Targa Florio non ha fatto altro che adeguarsi ai tempi. Venendo qui non credo che lei si aspettasse di trovarmi in gilet, cilindro, bastone di vetro e papillon. Se l'immagina un «turbo» a 200-300 chilometri all'ora nei tornanti delle Madame? Non dimentichiamo che le gare automobilistiche sono organizzate per aiutare le industrie che vi investono i soldi e oggi le industrie trovano più conveniente — soprattutto per facilitare le riprese televisive — ; circuiti. La specialità rallistica rispecchia i tempi in cui viviamo e da questo punto di vista non ha niente da invidiare alle vecchie corse».
— Ma lei almeno ce l'ha un pizzico di nostalgia?
«Tutto ciò che riguarda il passato tocca le corde della nostalgia. La nostalgia però non deve essere una tagliala per castrare il presente».
— C'è un episodio particolare che le piace ricordare della vecchia Targa?
«Sì, me lo raccontò il pilota Claude Bourillot, compagno dell'attrice Michele Mercier, l'Angelica cinematografica. Una volta durante le prove si ruppe il radiatore dell' auto di Claude. Dei giovani di un paese madonita lo aiutarono prontamente dandogli dell'acqua. Al giro successivo gli stessi giovani si fecero trovare con la brocca pronta per rifornire l'auto guasta. Tutto questo senza che si parlassero perché loro non conoscevano il francese e Claude non sapeva l'italiano.
Al terzo giro quelli erano ancora lì con l'acqua. A quel punto Claude voleva disobbligarsi e offrì loro del denaro. I giovani rifiutarono con fierezza e lo invitarono a casa loro dove finalmente poterono capirsi grazie ad un prete che dialogò in latino con il pilota. Dal sacerdote Claude seppe che i ragazzi avevano «commissionato» una messa per propiziare una sua vittoria. Bourillot restò impressionato da tanta umanità, generosità e spiritualità e ancora oggi racconta l'episodio magnificando la nostra terra».
— Quale invece il ricordo più bruciante?
«L'incidente vicino a Buonfornello nel 1977 che causò la morte di uno spettatore e l'invalidità di altri due, mentre il pilota Ciuti restò per lungo tempo in coma. (A proposito di Ciuti, ha ripreso a correre). Quando ci fu la disgrazia mi sentii crollare il mondo addosso. Ma per fortuna abbiamo superato anche quella terribile prova».
— Lei ha conosciuto migliaia di piloti; con quale di loro ha intessuto rapporti più intensi?
«Con il povero Lorenzo Bandini. Di questi più recenti sono molto amico con Mauro PREGLIASCO. Ad ogni ricorrenza mi manda i dolci caratteristici della sua città».
— Il più grande pilota della Targa?
«Qui non posso sbagliare proprio: Nino Vaccarella. Che pilota, che uomo! Testimone io, i dirigenti della Porsche gli offrivano mari e monti affinché diventasse pilota della casa tedesca, ma lui non ha accettato per non tradire le vetture italiane».
— Per tanti anni Vaccarella è stato lo spettacolo dentro lo spettacolo Targa...
«Senz'altro. Comunque io me lo sono goduto , più che qui da noi, all'estero: Le Mans, Sebring, Nürburgring. Senza l'assillo degli impegni organizzativi mi sono potuto divertire a vederlo gareggiare: serio, compito. La sua più grossa dote era la freddezza».
«Per trovarne uno bravo come lui bisogna riandare al mitico Varzi» aggiunge Guido Ferrerà, consigliere anziano dell'A.C., fino a quel minuto in silenzio.
«Il libro per l'ottantesimo anniversario — conclude Sansone — dovrà regalarci il sapore della Targa attraverso avvenimenti e personaggi come Vaccarella. Mi auspico che la Regione Siciliana in questa occasione non lesini i mezzi. Certo noi con l'entusiasmo potremmo progettare tante cose, ma per realizzarle ci vogliono i soldi. Speriamo che la Regione ci dia una mano. Ne abbiamo bisogno».
Tano Cullo
LA "TARGA" TRA AGONISMO E MONDANITA'

Quando il secolo era appena nato, ignaro delle guerre venture, per qualche anno le città e le strade siciliane furono capitali della sport europeo. La «Targa Florio», che diverrà «la più antica corsa automobilistica del mondo» nasce nel 1906; il Giro di Sicilia in bicicletta, prima corsa a tappe italiana, nel 1907. La Targa Florio è qualcosa di più di un semplice avvenimento sportivo: le sue edizioni sono una storia a puntate del costume siciliano. Per questa gara, lo sport è diventato un protagonista anche delle pagine dei giornali, dove, fino allora era vissuto di piccole notizie, mischiate alle altre con gli stessi titoli minuti, tutti di eguali grandezza, uno in fila all'altro, come si usava allora.
Per la prima Targa sul «Giornale di Sicilia» del 5 maggio del 1906 campeggia un titolo grande, in testa alla pagina. «Termini — inizia l'articolo della vigilia — la tranquilla industre cittadina specchiatesi su d'un golfo d'opale non si riconosce più. È corsa in ogni senso da un nugolo d'automobili che s'inseguono vertiginosamente e passano davanti agli occhi attenti del pedone, rapidi come una visione». Il «teuff-teuff», come si scriveva allora con scrittura onomatopeica, delle macchine rompeva il silenzio delle campagne, il giornale non mancava di riportare le preoccupazioni dei contadini che le loro bestie potessero finire sotto le ruote di quelle che sarebbero divenute le nuove padrone delle strade.
Allora giravano in Italia poco più di tremila vetture e una cinquantina in Sicilia. La corsa era stata voluta dal più giovane rampollo di casa Florio, Vincenzo, lui stesso uno dei primi piloti italiani: nel 1902 con una Panhard Levassor aveva battuto la Fiat di Vincenzo Lancia a Padova. E Vincenzo dello sport siciliano, soprattutto fino agli anni Trenta, sarà il principale animatore in tutte le discipline.
Cefalù scartata
La prima edizione della Targa si disputò su tre giri del «Grande circuito delle Madonie» (Cerda - Caltavuturo - Castellana - Petralia -Castelbuono - Collesano - Campofelice, di 148 chilometri) e l'arrivo fu posto sul rettifilo fra Buonfornello e Campofelice. Lungo il percorso furono distribuiti 3.500 tra carabinieri, soldati di fanteria e guardie. Il circuito era stato consigliato dal conte di (snello ma Cefalù fu scartata per evitare un passaggio a livello. La corsa era dotata di 40.000 lire di premi che erano allora una bella cifra. Intervennero giornalisti di tutte le nazioni e un pubblico enorme. La gente, e quella usanza durò a lungo, si recava alla Targa con i treni straordinari (con sconto del 75 per cento sulla tariffa) che partivano uno dietro l'altro nella notte. Il primo nel 1906 lasciò Palermo alle tre.
«Alle 5,30 — scrive il 'Giornale di Sicilia' — con mezz'ora di ritardo arriva il treno da Palermo riversando sul prato un migliaio di persone, fra cui le più note famiglie palermitane». Nello stesso articolo si aggiunge che la città, contemporaneamente, era quasi deserta e che diecimila persone vi erano restate per mancanza di treni, nonostante fossero state richieste numerose vetture supplementari dal Continente. «Numerosissime — continua F articolo — le signore in eleganti toilettes d' occasione e le signorine soavissime negli abiti primaverili».
Inizia così, con la prima Targa, il problema che divise per lungo tempo i palermitani su cosa indossare per seguire la corsa, se vestire in modo elegante o sportivo. In quella prima volta, la moda per le chauffesuse (guidatrici) voleva le belle donne avvolte di veli contro la polvere. Così donna Franca Florio, moglie d' Ignazio, fratello maggiore di Vincenzo e imprenditore che teneva le redini dell'impero economico costruito in meno di un secolo dalla famiglia, si avviava alla tribuna di Bonfornello con un ampio velo che le copriva il cappello scendendo fin oltre le spalle, l'ombrellino contro il sole e i guanti.
Con un colpo di cannone
La partenza della prima macchina venne data alle sei, le altre nove seguirono ad intervalli di dieci minuti l'una dall'altra Scrive Giovanni Canestrini, autore di una f puntuale ricostruzione («La favolosa Targa Florio»): «Cominciò l'attesa dei primi passaggi che veniva preannunciata da Campofelice con un colpo di cannone e con uno squillo di tromba nella zona delle tribune».
Vinse Cagno sull'Itala alla favolosa media di poco meno di 47 chilometri all'ora, con il suo grande numero 3 sulla parte anteriore del telaio. Il «Giornale di Sicilia» (allora non si pubblicavano foto) aveva stampato alla vigilia la sua caricatura e quelle di Lancia e Rigai, altri due concorrenti. Proprio Rigai, che correva su un'altra Itala, perse quindici minuti per un incidente (l'articolista lo chiama «errore fatale») alquanto singolare: nel serbatoio di tre auto, tra cui la sua, fu versata acqua invece che benzina.
Sulle tribune e nel prato la gente osservava i passaggi delle macchine e nelle attese se stessa. Gli uomini portavano tutti il cappello, la «paglietta» o il «panama». Le auto, nonostante il «fìx» che era stato sparso sulla strada per evitare la polvere, avanzavano alzando nuvolette attorno a sé. All'arrivo le signore salivano con i loro cappelli elaborati e i veli su panchetti per veder meglio. Un'abitudine che rimarrà nel tempo ed è testimoniata dalle foto e dai quadri che numerosi pittori appassionati di automobilismo hanno lasciato di quei tempi. Il quartier generale della gara era il Grande Hotel di Termini Imerese dove alla vigilia si faceva una vera e propria asta dei piloti: tutti i soldi puntati venivano divisi fra coloro che avevano scelto il futuro vincitore. Funzionava sin da quella prima corsa un totalizzatore per le scommesse.
L'anno dopo il montepremi della Targa venne elevato alla cospicua somma di centomi-la lire. La manifestazione divenne un appuntamento fisso e si costruì una tradizione fatta di memorabili vittorie, ma anche di piccoli episodi ed abitudini. Dal 1908 fu inserita una corsa per «vetturette» e cioè macchine normali non da corsa, cui partecipava lo stesso Vincenzo Florio. Nel 1909 le tribune furono spostate a Cerda: c'è chi dice per lasciare sgombra la strada per Messina, distrutta dal terremoto del dicembre del 1908 e sempre bisognosa di soccorsi, e chi aggiunge la necessità di evitare che la folla si riversasse a Bon Tornei lo sui campi di proprietà del barone Cammarata danneggiando le colture.
Le tribune di Cerda sono oggi arrugginite, abbandonate. Eppure furono testimoni per più di sessant'anni di un momento importante nella vita dei palermitani. Le prime tribune di legno bruciarono in un incendio nell'ottobre del 1923 e risorsero più vaste già per l'edizione dell'anno successivo in quel complesso che da allora sarà detto FLORIOPOLI. C'era un grandioso quadro dei tempi per sessanta corridori e una passerella attraversata l'arrivo legando in alto le due sponde della strada. Sotto grandi ombrelloni variopinti, accanto alle tribune, veniva montato un ristorante all'aperto.
Anche le fotografie
Nel tempo i ricordi delle imprese sportive e della cornice cosiddetta «mondana» si mescolavano. Sulle strade delle Madonie corsero tutti i nomi mitici dell'automobilismo mondiale: Varzi, Nuvolari, Campari, Chiron. A FLORIOPOLI accorreva la gente comune che si distribuiva sui prati o nelle tribune popolari (5 lire il biglietto nel 1927) e la nobiltà e la ricca borghesia che si concentravano nelle più costose tribune (cento lire).
Furono istituiti due concorsi per il pubblico. Il primo era il «Premio dell'eleganza- che riguardava, come scriveva il -Giornale di Sicilia» del 1927 «il gaietto sciame delle pronipoti di Eva». Dapprima fu una commissione preceduta da donna Franca Florio a scegliere la vincitrice, poi c'era una vera e propria votazione cui partecipavano per diritto gli acquirenti di un biglietto di tribuna. Nel 1930 l'unno in cui vinse Varzi su Alfa Romeo battendo Chiron, Campari, Nuvolari e Maserati, il premio era di duemila lire. La descrizione del
pubblico femminile della Targa era un punto fermo negli articoli sulla Targa negli anni Venti: «Fra l'elemento femminile, che è largamente rappresentato, la grazia un po' molle e leggiera degli abbigliamenti da viaggio completa deliziosamente lo spettacolo di tante bellezze che qui si son date convegno» («Giornale di Sicilia». 1923).
Un altro concorso riguardava le fotografie. Le più belle venivano pubblicate su «RAPIDITAS» la rivista dell'Automobil Club. Nel 1927 per la Targa motociclistica, che si affiancò per alcuni anni alla gara madonita, i soci dell' Automobil Club partivano in auto dal Foro Umberto, davanti al palchetto della musica, all'alba del giorno della corsa. Ogni equipaggio riceveva una bottiglia di marsala e il tempo per raggiungere le tribune di Cerda veniva cronometrato. I premi per questa gara venivano esposti nelle vetrine dei magazzini Ducrot in via Ruggero Settimo. Nel 1930 il «Giornale di Sicilia» riportava il regolamento del concorso fotografico della Targa automobilistica che riguardava non solo le vetture ma anche immagini mondane, meglio se di «un'elegante spettatrice».
Auto alla Patria
"E' Varzi, è Varzi" — scrive il 'Giornale di Sicilia' nel raccontare la favolosa edizione del ' 30 — urla frenetica la folla. Il campione d' Italia appare improvvisamente da Cerda. divora rapidissimo la salita che porta alle tribune e passa veloce come una saetta». Quattro potenti altoparlanti trasmettevano l'andamento di quella corsa. I tempi mutavano: già in quel!' anno apparivano spettatori in orbace. Nel 1935 sfilavano gli autoveicoli «offerti alla patria» per la guerra in Africa orientale. Sulle tribune dello stadio della Favorita di calcio, che allora si chiamava «Littorio» campeggiava una scritta gigante: -Comprate prodotti italiani». La Targa, ma Florio non era più tra gli organizzatori, era finita nel circuito della Favorita che la snaturava e sarebbe tornata solo nel dopoguerra sulle Madonie».
Il «Giro ciclistico di Sicilia» ha una tradizione meno gloriosa della Targa, solo per la mancanza di una continuità. E importante però un fatto: quando Florio nel 1907, sul modello del Tour del France, organizzò la prima edizione della corsa, il Giro d'Italia non era ancora nato. Quella prima corsa a tappe fu vinta da Galletti che si impose in tre tappe contro due di Ganna. Il totale era di 1.100 chilometri e poiché Galletti riceveva dalla sua casa 5 lire a chilometro in caso di vittoria ne intascò 5.500. oltre quelle in premio dei vari traguardi. La classifica era a punti e poteva capitare che. come scrive il -Giornale di Sicilia» del tempo: -I corridori entusiasti delle accoglienze ricevute decidono a Catania di rimandare di un giorno la partenza per Siracusa. In loro onore Furono eseguite delle proiezioni cinematografiche».

Signor Lancia ci spiega perché correre conviene?
Giuseppe Perla, responsabile della marca Lancia Autobianchi all'interno del Gruppo Fiat dal 1984, illustra in questa intervista esclusiva le numerose e importanti motivazioni per le quali l'industria automobilistica non può più fare a meno della partecipazione alle competizioni
Donald Petersen, presidente del consiglio di amministrazione della Ford Motor Company, ha recentemente indicato in due milioni e trecentomila unità il numero di vetture prodotte annualmente dall'industria automobilistica europea in sovrannumero rispetto alle reali possibilità di assorbimento del mercato continentale. È naturale quindi che i costruttori di automobili che operano nel vecchio continente si impegnino con ogni mezzo per smaltire la sovrapproduzione, «catturando» (o meglio, cercando di «catturare») il maggior numero di ulteriori clienti facendo loro acquistare un'auto nuova.
In quest'ottica i successi sportivi si confermano un eccellente argomento di vendita un po' per tutti i costruttori, che sembrano negli ultimi tempi aver riscoperto le corse automobilistiche.
Case come Alfa Romeo, BMW, Jaguar, Volvo, Rover, Volkswagen e — in Francia — Mercedes, sono impegnate nel Campionato Turismo con vetture di produzione mentre nei rallies a scendere in campo sono Peugeot, Opel, Ford, Lancia, Audi ed Austin Rover solo per citare i nomi più significativi. C'è poi il campionato Endurance che vede il duello tra Porsche e Lancia (e ci sono anche sortite di motori Mercedes otto cilindri montati su telai «privati») mentre la Formula Uno vede al via oltre alla Ferrari del gruppo Fiat, le Alfa Romeo, le Renault, i motori BMW, Porsche e Honda.
Il ritorno in immagine
Evidentemente dunque lo sport «paga» tanto in termini di ritorno pubblicitario che, soprattutto, di immagine se tanti grandi costruttori vi si impegnano in maniera sempre più massiccia.
In Italia, a parte la Ferrari che ha una eccezionale tradizione sportiva ma che come produttore di auto di serie resta una piccola fabbrica che sforna un paio di mi-gliaia di pezzi all'anno (che però costano mediamente un centinaio di milioni l'uno), a impegnarsi massicciamente nello sport fra i «grandi» ci sono Alfa Romeo e Lancia.
La Casa milanese è presente — soprattutto con i propri motori — in Formula 1 e 3 e nell'Europeo Turismo. Lancia invece è impegnata ufficialmente nei rallies mondiali e nel Campionato Endurance. A Torino d'altra parte hanno verifi-cato con i fatti quanto l'immagine sportiva sia consona a una Casa che ha fatto della qualità e del prestigio dei propri prodotti una sorta di blasonatissimo emblema.
Ma che peso ha e che ritorno produce l'impegno sportivo sui risultati di vendita di una grande Casa automobilistica?. Ne parliamo con il dottor Giuseppe Perlo, responsabile della marca Lancia Autobianchi dal 1984 all'interno del Gruppo Fiat.
«All'interno del Gruppo Fiat Auto stiamo ormai da tempo puntando a concentrare sulla Lancia sia i contenuti che l'immagine di alta innovazione, del marchio cioè che anticipa, nell'ambito del Gruppo tutto quello che di tecnicamente nuovo si sta preparando. E siccome le corse, e forse soprattutto i rallies, trasmettono al grande pubblico l'immagine di gare disputate da vetture in qualche modo legate a quelle che circolano regolarmente sulle strade, indubbiamente producono un ritorno di mercato, anche se difficilmente quantificabile. C'è poi da aggiungere che dal punto di vista pratico le corse si confermano una decisa palestra per certi organi delle vetture. Noi le abbiamo utilizzate regolarmente per collaudi esasperati, e sulle nostre vetture di serie ci sono alcuni particolari utilizzati normalmente che hanno una storia di progettazione e verifica che parte dai rallies o dalle gare di Endurance, sia in termini di prestazioni che di affidabilità».
«Ovviamente quantizzare quale sia il ritorno del nostro impegno sportivo risulta piuttosto difficile, comunque certamente con la partecipazione ai rallies si ha un buon miglioramento dell'immagine della marca, e questo lo abbiamo ve-rificato ripetutamente. Quando si vince questo è un elemento molto importante, com'è importante comunicare nella chiave giusta il risultato sportivo acquisito».
Non abbiamo delle correlazioni matematiche — continua Perlo — ma in anni anche particolarmente bui di prodotto Lancia ci sono state molto ma molto utili certe vittorie assolute nei rallies che abbiamo poi pubblicizzato anche in modo piuttosto massiccio. Direi che forse siamo stati i primi a fare campagne di comunicazione abbastanza pesanti sulle vittorie sportive soprattutto di rally. Ora i concorrenti ci stanno seguendo abbastanza su questa strada, ma all'inizio per esempio l'Audi non aveva pubblicizzato troppo i primi successi della trazione integrale».
«Oggi invece qualsiasi piccola vittoria viene molto di più comunicata».
Le vittorie a Montecarlo
Quali sono state le macchine di Lancia i cui successi sono rimasti più impressi nella memoria dell'opinione pubblica?
«Parlando delle vittorie Lancia degli anni passati, certamente il ricordo della gente corre soprattutto alla Fulvia HF, la «Fulvietta» che sbancò il Rally di Montecarlo con Sandro Munari e poi ancora la Stratos che fece tanto ripetere il nome Lancia in un periodo nel quale il nostro marchio aveva una certa carenza sul piano del prodotto, in attesa del rinnovamento della gamma. Ecco, a quel tempo, la Stratos e le corse erano quasi l'unico strumento di immagine di Lancia. Ma se dal punto di vista pubblicitario lo sport ha sempre costituito un 'importante mezzo di comunicazione e di campagna, in termini strettamente commerciali Lancia non lo ha mai sfruttato in modo deciso, «battezzando» o commercializzando certi modelli in funzione dei risultati ottenuti in gara, con le uni-che eccezioni della Fulvio Montecarlo — una «serie speciale» — o la Beta convertibile chiamata pure quella «Montecarlo» per ricordare i successi ottenuti nel Principato».
«È interessante notare come delle 200 Lancia 037 costruite solo una cinquantina sono utilizzate per l'impiego sportivo dalla squadra ufficiale Lancia e dai piloti privati. Le altre 150 sono state acquistate un po' in tutto il mondo, ma non ci risulta che abbiano mai trovato un impiego agonistico. Sono piuttosto vetture sportive utilizzate per impiego turistico magari ad alto livello o per collezionismo...».
Ma, visto che l'impegno sportivo ha un costo di alcuni miliardi, non sarebbe forse più producente investire tali somme in pubblicità diretta sui giornali, in TV o in posters?
«Assolutamente no. Il nostro budget dell'attività sportiva per l'85 per le corse, al netto degli sponsor — cioè senza contare quello che ci arriva dai supporti esterni — oscilla tra gli 8 e i 10 miliardi di lire. Si tratta di bilanciare questi quasi 10 miliardi che investiamo tra Endurance e Rally al meglio. Gli 8-10 miliardi tornano pienamente solo se si vince e quindi si può fare una pubblicità diversa dagli altri, come ci è successo per anni quando le vittorie Stratos e 037 ci hanno dato un argomento di comunicazione unico ed eccezionale».
«Da questo punto di vista, specie per una Lancia che con le vittorie sportive trasmette alla gente una immagine di alta tecnologia e di un prodotto d'avanguardia, l'attività sportiva si autofinanzia abbondantemente. Invece essere sempre sui campi di gara e non vincere comincia a creare dei problemi».
«L'attenzione delle vendite — non solo per noi, ma anche per Ferrari ad esempio — cambia nettamente nell'anno in cui si vince molto dal!'«annata» — no che capita sempre prima o poi».
Modelli con vocazione sportiva
C'è un rapporto tra la produzione futura Lancia e la caratterizzazione sportiva?
«Questo è un aspetto che è sempre presente nei nostri progetti. Anche nei modelli che stiamo studiando oggi e che magari usciranno tra quattro anni fin dall'inizio Lancia cura di mantenere la vocazione sportiva. Per il rally si è fatto questo grosso investimento tecnologico che è la Delta S4, una vettura che ricorderà la Delta anche se il rapporto sarà solamente stilistico, però in ogni caso cerchiamo di ottenere un rapporto molto più diretto — per esempio nei confronti della Stratos — tra il prodotto e l'elemento vincente. La macchina con prestazioni di punta continueremo a farla in ogni gamma di modelli. Così la Delta oltre alla S4 ha la Delta HF Turbo che prima o poi avrà anche le quattro ruote motrici. La Thema avrà una versione di punta che avrà qualcosa di molto vicino al mondo delle corse: il motore Ferrari. D'altra parte all'interno del gruppo Fiat è prassi sempre più consolidata affidare alla Lancia tutto ciò che è attinente all'immagine sportiva».
Otto vittorie alla Targa Florio!
Lancia dunque crede sempre di più allo sport. E ci crede principalmente perché ci credono i suoi clienti. Clienti esigenti ma anche documentati e informati, che conoscono a fondo il mondo dell'automobile in generale e la loro vettura in particolare. Che sanno che chi è impegnato nella competizione automobilistica «pensa alla grande» anche quando progetta un'auto di grande serie. E poi la tradizione Lancia è permeata di sport: a parte i vari mondiali rallies vinti, andando più indietro nel tempo e sfogliando l'albo d'oro della Targa Florio troviamo il suo nome scritto per ben otto volte, a cominciare dal 1936 con l'Augusta di Magistri per arrivare via via al '52 con l'Aurelia di Bonetto e poi ancora nel '53, '54 e nel '74 con la Stratos di Gerard Larrousse e Amilcare BALLESTRIERI. Quindi nell'era rallistica (oltre alle due vittorie di Munari nel '72 e '73 con la Fulvia e poi delle Stratos nel '74, '75, '76 e '77 sempre con le Stratos dei vari BALLESTRIERI, Pinto, PREGLIASCO e Darniche nei diversi «Rally di Sicilia» si riprende prima nel '78 ancora con la Stratos di CARELLO e infine negli ultimi due anni, nell'83 e nell'84 con le 037 di Cunico e di «Tony». È mai possibile che una Casa vincitrice di otto Targhe Florio possa non credere nello sport automobilistico?
Giulio Mangano
IP e Sicilcassa: due marchi prestigiosi sponsorizzano la 69a Targa Florio
Una prestigiosa società ed un famoso istituto di credito sponsorizzano la 69a Targa Florio - Rallye Internazionale di Sicilia, organizzata dall'Automobile Club di Palermo, sotto l'egida dell'Assessorato al Turismo Comunicazioni e Trasporti della Regione Siciliana. Sono la IP, Industria Italiana Petroli, colosso nazionale nella raffinazione e distribuzione di carburanti e lubrificanti, e la Cassa di Risparmio Vittorio Emanuele per le Province Siciliane, più nota con la denominazione Sicilcassa.
La IP, Industria Italiana Petroli, nata nel 1912, come «Nafta», ha assunto l'attuale denominazione nel 1974 quando è entrata a far parte del Gruppo ENI. La società, seconda azienda petrolifera nazionale, ha sede a Genova e opera nel settore della raffinazione del petrolio, della produzione di lubrificanti e nella commercializzazione di prodotti finiti. Due gli stabilimenti che producono benzine, gasolio e combustibile (Rho e Tarante), undici i depositi, più di 5.500 fra punti di vendita stradali e autostradali e rivenditori «IP Clima Service». La IP, sempre impegnata nella ricerca e nello sviluppo tecnologico, commercializza fra i suoi prodotti il Sintiax Motor Oil, un lubrificante multigrado a base sintetica di avanzata concezione in grado di garantire non solo elevate prestazioni, ma anche apprezzabili risparmi di benzina. Si tratta di un olio «fuel efficient», appositamente studiato per le esigenze delle auto che circolano in un paese dal clima diversificato come quello italiano. La IP ha sempre creduto nella validità di un rapporto con il mondo dello sport. E per questo che il suo marchio è presente negli stadi, negli autodromi, sui tracciati dei rallies.
Allo sponsor «tecnico» si aggiunge la Sicilcassa. A spingere questo istituto di credito ad entrare nel clima dello sport ha contribuito senz'altro una precisa indagine di mercato che ha confermato l'elevato indice di gradimento della Targa Florio presso un grosso pubblico di potenziali utenti.
La presidenza e la direzione della Sicilcassa sono a Palermo. L'istituto occupa 4.000 dipendenti e dispone di una sede di rappresentanza a Roma.
La Sicilcassa copre i più svariati servizi attraverso 250 sportelli sparsi in tutta l'isola.
I Campionati dei Rallies Europeo, Italiano ed Open nel mirino di Dario Cerrato
Un viso pacioso all'apice di un fisico da mediomassimo, quasi imponente, un carattere un poco introverso, la parlata pacata, lenta e riflessiva, da uomo buono e tranquillo, anche se dentro di sé nasconde una forte carica emotiva che si scatena non appena sale su una vettura da corsa. Allora diventa aggressivo, da lui si sprigiona una forza incredibile che, in simbiosi con il mezzo di cui dispone, si trasforma in velocità folle, comincia a «mangiare» la strada, a divorarla, assalendo rettilinei o curve delle speciali, ed è questo il Dario Cerrato vero, quello che piace ai patiti di rally, il campione che ti conquista ed affascina, al quale è impossibile non voler bene.
A Cerrato tutti vogliono bene, amici ed avversari. I primi lo idolatrano, i secondi lo temono, lo ammirano e lo stimano nello stesso tempo.
Quattro anni fa, però, Dario Cerrato rischiò di tornare nell' anonimato. L'81 fu forse la sua stagione peggiore. Pilota ufficiale della Fiat, non raccolse che miseri piazzamenti, nessuna vittoria, una delusione!
«Nelle corse automobilistiche ci vuole anche fortuna, per fare risultati — dice il pilota di Corneliano d'Alba. — In quella stagione cercavo il risultato a tutti i costi, correvo in modo irrazionale. Così successe che incorsi in errori che normalmente non avrei commesso, che con un pizzico di attenzione in più avrei evitato».
— Era forse il clima del team ufficiale Fiat che non le si adattava perché diverso da quello della squadra di CONRERO da cui lei proveniva?
«Dal punto di vista tecnico ed organizzativo la Fiat ha la squadra migliore del mondo. Ma nelle grandi squadre si diventa tutti un po' dei numeri. Si è in molti, non ci si conosce bene, viene a mancare quel feeling che e'è invece tra gli elementi che compongono le scuderie meno grandi. Nei grandi team ci si sente, sul piano umano, lasciati a se stessi. Diventa più facile commettere errori che, al contrario, in un ambiente più familiare non si commetterebbero».
— Nella Jolly Club come si trova?
«È un team eccezionale: ha la stessa professionalità che e 'è in Fiat, ma nello stesso tempo, essendo a conduzione familiare, consente un clima più tranquillo, è più facile sentirsi a proprio agio».
— Cosa ha significato nella sua carriera Virgilio CONRERO?
«È stato determinante perché io diventassi qualcuno in campo rallistico. L'ho conosciuto nel '75, quando mi affacciai nel mondo dei rally. Allora ero un dilettante che cercava di sfondare; ci sono riuscito grazie ai suoi consigli e alle Opel Ascona gruppo 1 da lui preparate. CONRERO mi ha dato subito fiducia e mi ha aiutato moralmente e materialmente».
— La Opel Manta 400 preparata da CONRERO ha rilanciato le sue azioni facendola tornare ai vertici l'anno scorso...
«Sì, nell'82, correndo da privato, ho rischiato di naufragare. La Opel mi ha dato fiducia e nell'83-84 li ho ripagati facendo buone cose».
— Ora il «boom 1985»: al comando nel campionato europeo e nell'0pen con enormi possibilità di vincere entrambi. A cosa è dovuta questa escalation?
«Alla Lancia Rally, che è una vettura vincente, almeno nei due campionati di cui stiamo parlando, e alla scuderia Jolly Club che, avendo più mezzi della CONRERO Corse, riesce ad essere più professionale. Ora vincere per me è diventato più facile e, in un certo senso, quasi obbligatorio».
Oltre al valore del team e alla competitività della vettura è anche cambiato il suo modo di prepararsi alle gare?
«Un po' di tutto questo. Quando ho firmato per la Jolly Club e ho conosciuto il programma che mi avevano riservato, cioè campionato europeo ed Open d'Italia, mi sono reso conto che sulla mia strada avrei trovato grandi campioni, dal povero Bettega a Biasion, PREGLIASCO e il tedesco Demuth. Ho capito che per emergere in questa compagnia avrei dovuto essere al massimo della forma. Ho cominciato quindi, sin dall'ottobre scorso, a prepararmi atleticamente: palestra e footing tutti i giorni e una dieta ferrea che mi ha fatto perdere 15 chili. Sin dalle prime gare, grazie a questa preparazione, sono stato in grado di dare il massimo».
— Ha parlato di Attilio Bettega. La morte del grande pilota trentino è un campanello d'allarme? Nei rally deve cambiare qualcosa?
«Solo una serie di maledette sfortunate circostanze ci ha privati di Bettega. Di incidenti simili a quello in cui ha perso la vita Attilio, nella stessa gara ce ne sono stati altri e tutti incruenti. Lo stesso Vatanen è uscito di strada in un punto dove la velocità era maggiore e ne è uscito indenne. Certo, con vetture da quasi 400 cavalli, con le velocità che si raggiungono è più facile avere incidenti».
— Questo è il punto. È logico correre con macchine tanto potenti su strade normali e spesso sterrate?
«Non so se sia logico. So però che tornare indietro non avrebbe senso. Certo oggi i rischi sono tanti. Ma per un pilota il rischio è il sale della vita. Per un pilota correre con una Lancia Rally è una grossa soddisfazione. Quando salgo sulla 037 penso che è una vettura che mi può portare alla vittoria, non penso che è una vettura anche pericolosa. So benissimo che con una gruppo A correrei meno rischi, ma mi piacerebbe anche meno gareggiare, non mi divertirei».
— Cerrato, siamo al terzo appuntamento dell'Open, la Targa Florio, cosa pensa di questa gara?
«È un rally affascinante come pochi altri. In Sicilia ho sempre fatto belle corse, ho tanti bei ricordi».
— Quest'anno la «Targa» presenta la novità di prove speciali su terra...
«Sì ed è un bene: la terra è l'elemento principe dei rally».
— Le prove su terra favoriranno la Peugeot di Del Zoppo?
«Sulla terra danni potrà guadagnare qualcosa, ma l'asfalto predomina ancora in questa gara, alla fine le Lancia Rally avranno ancora la meglio».
— Lei è in testa sia nell'Europeo sia nell'Open, quali avversari la possono impensierire?
«Per quanto riguarda l'Europeo sono abbastanza tranquillo. Nell'Open ho già vinto due delle quattro gare in programma; l'unico che potrebbe ancora superarmi è TABATON, ma dovrebbe vincere qui in Sicilia e poi a Sanremo mentre a me basterebbe un piazzamento nell'uno o nell'altro: insomma, anche l'Open è già quasi mio».
— E l'italiano?
«È un tris che non ha mai fatto nessuno, sarebbe un record, mi piacerebbe riuscire in questa impresa».
— Cosa promette ai tifosi?
«Che darò sempre il meglio, correrò sempre per divertirli, lo vedranno già qui alla Targa Florio».
Sandro Rinieri
Cefalù pronta anche per la Targa calda
Da circa un trentennio, da quando Cefalù si è affacciata nel firmamento turistico, la Targa Florio ha sempre rappresentato la manifestazione di apertura della stagione delle vacanze. Ci riferiamo sia alla edizione del «mondiale marche» — quando la «Florio» veniva disputata in versione velocistica e la cui data ricadeva nella prima o nella seconda domenica del mese di maggio — che alla nuova formula rallistica.
Dalle prime edizioni in versione Rally, la Targa si è infatti disputata nel mese di marzo, o giù di lì, anticipando ulteriormente la stagione delle vacanze nella sempre più rinomata cittadina di origine fenicia. È stata la manifestazione motoristica di Vincenzo Florio a rappresentare uno dei principali veicoli pubblicitari di questa località, da oltre un decennio assurta a capitale turistica della Sicilia Occidentale.
Il rombo dei bolidi, oltre a risvegliare gli indigeni dal silenzio invernale, ha sempre rappresentato una ventata di ottimismo per l'avvio stagionale della «industria del forestiero». Quest'anno, con la tardata disputa della corsa più antica del mondo, gli operatori turistici hanno potuto più che mai toccare con mano l'importanza economica e pubblicitaria della manifestazione.
Cefalù, infatti, in questo inizio di stagione turistica è rimasta la «urbis placentissima» decantata da Cicerone non tanto per la mancanza di rumori, ma perché non «invasa» dalla moltitudine di cosmopoliti sin da marzo, come ci aveva abituato la Targa.
«Mentre fino allo scorso anno la stagione turistica, a Cefalù, aveva inizio a fine febbraio, proprio per la coincidenza della Targa Florio — afferma Giusi Farinella, ex assessore comunale al turismo e direttore dell'Hotel Costa Verde — quest'anno gli alberghi hanno operato soltanto ad aprile, con un notevole calo delle presenze. Considero negativo lo spostamento a luglio del Rally che ha sostituito la Targa Florio come prova di velocità — ha detto l'assessore al Turismo ed allo Sport del Comune di Cefalù, avv. Giuseppe Corsello — perché il tracciato sul quale negli anni scorsi si è disputata la gara risponde meglio alle esigenze tecniche e spettacolari nel periodo invernale perché la disputa della gara nel periodo di bassa stagione avrebbe costituito, come negli anni passati, motivo di richiamo turistico per la nostra città e per le zone vicine».
È risaputo che nel periodo invernale e primaverile il turismo a Cefalù registra uno scarso numero di presenze, sicché va incoraggiata ogni iniziativa promozionale. «La Targa Florio, quindi — ha aggiunto l'avv. Giuseppe Corsello, vice sindaco della cittadina normanna — apriva una serie di manifestazioni a carattere sportivo che servivano ad inaugurare la stagione turistica vera e propria.
L'effettuazione della prestigiosa gara nel mese di luglio, caratterizzata dalla presenza massiccia di turisti italiani e stranieri, ritengo che creerà notevoli difficoltà soprattutto nel settore della circolazione, ove si consideri che verrà utilizzato per l'arrivo e la partenza delle varie tappe il lungomare, che è la zona nevralgica per la balneazione».
«Per gli operatori turistici la Targa a luglio può rappresentare — sostiene invece Giusi Farinella — l'ampliamento dell'aita stagione e coincidere con il «tutto esaurito» ed avere un pienone per circa due mesi, mentre attualmente è limitato a poco più di un mese».
Cefalù non intende snobbare questa Targa Florio in «versione estiva», ma sta cercando di prepararsi per fronteggiare nel migliore dei modi la «marea» di tradizionali appassionati che si aggiungeranno alle migliaia di turisti, villeggianti e di bagnanti che avranno fatto duplicare la popolazione residente.
«Se gli organizzatori hanno fatto questa scelta — ha concluso Farinella, direttore dell'Hotel Costa Verde — per valorizzare ulteriormente questa prestigiosa manifestazione che da a Cefalù ed alle Madame un notevole contributo pubblicitario nel mondo, quei pochi lati negativi che si possono riscontrare con lo spostamento della gara a luglio risulteranno certamente irrilevanti. Nonostante le prevedibili difficoltà, l'Amministrazione Comunale di Cefalù — assicura il vice sindaco avv. Corsello — non farà mancare il suo sostegno e la sua collaborazione per superare ogni ostacolo e assicurare il massimo successo alla manifestazione sportiva che è ormai radicata in tutto il nostro ambiente».
La Targa Florio n. «69» si profila come una delle edizioni più «calde» di questa impareggiabile competizione che metterà a dura prova le capacità organizzative e ricettive della cittadina normanna, dell'intera provincia ed in particolar modo dello staff organizzativo dell'A.C. di Palermo.
Enzo Cesare
Dalle signore con l'ombrellino ai fans delle P.S.
La Targa Florio ha sempre avuto nel corso della sua lunga storia una cornice di pubblico appassionato, «latino» e competente: quando si correva lungo le mulattiere delle Madonie, a Cerda, si davano appuntamento fin dal 1906, dietro invito particolarmente ristretto di don Vincenzo Florio, le più belle signore dell'aristocrazia siciliana e palermitana in particolare. E nelle foto dell'epoca, accanto agli eroi delle chiassose e sbuffanti quattro ruote, nei panni più di macchinisti di treno a vapore che di piloti, c'erano tanti visi puliti femminili: donne dalla bellezza un po' normanna, un po' araba che per difendersi dagli infuocati raggi del sole si riparavano sotto ombrellini estivi variopinti. La Targa Florio, inventata per scommessa dal noto viveur palermitano, fece subito presa sul pubblico dell'epoca e di anno in anno, nonostante le preoccupazioni dei parroci e dei curati di campagna, che dai loro pulpiti invitavano, nel giorno della gara, a stare tutti tappati in casa, animali compresi, la notorietà della competizione saliva sempre più come indice di gradimento fra la gente. Dopo la guerra, alla polvere delle strade subentrò l'asfalto e la Targa acquistò importanza presso le competenti autorità sportive e di riflesso presso le Case automobilistiche. Non deve quindi destare stupore se, successivamente per la Florio, con etichetta valida per il Mondiale Marche, la Porsche avesse ideato, ad esempio, negli Anni '70, una vettura idonea per il selettivo percorso: la 908 MK3, definita dagli osservatori un'autentica «vasca da bagno», una barchetta, con disegnati sulle variopinte carrozzerie i semi delle carte da gioco e portata al traguardo da Siffert - Redman. Proprio la Porsche ancora oggi detiene il più alto numero di vittorie (dieci) sulle Madonie.
Come dimenticare, tanto per non andare molto indietro nel tempo, le sfide fra la Casa tedesca e la Ferrari, fra la Casa di Maranello e l'Alfa Romeo, come archiviare in fretta gli acuti di Mairesse, Rodriguez - Gendebien, di Davis - Pucci, di Vaccarella - Bandini, di Mitter - Schultz, di Vaccarella - Hezemans? In quei frangenti assistevano alla corsa più antica del mondo su strada non meno di cinquecentomila spettatori. Gente che raggiungeva il tracciato dei 72 chilometri sin dalla notte precedente per conquistare il posto migliore, per assistere ai sorpassi dei campioni e del re delle Madonie, il preside volante, Nino Vaccarella che l'ha vinta tre volte.
Gente che amava le auto da corsa e che entrava in simbiosi con la fatica dei piloti, costretti a domare tanti cavalli, su stradine tortuose e ricche di curve, di saliscendi, con le potenti sport. E i più accaniti erano informati di tutto, anche delle prove private che le varie scuderie effettuavano in largo anticipo per consentire ai piloti un miglior affiatamento con il mezzo meccanico e i meccanici, e agli ingegneri e ai direttori sportivi di assicurare un ideale assetto della vettura, sempre un punto interrogativo su quel percorso baciato dal buon Dio e dalla natura, sempre assolato e dallo scenario fiabesco e selvaggio.
Quanto calore umano in quella folla, quanta partecipazione alla contesa: poi, dopo la corona d'alloro e lo champagne spruzzato sui fans, il logorante rientro a Palermo.
Un immenso serpente di auto la cui coda si esauriva intorno alla mezzanotte e mai nessuno a mostrare i segni di impazienza. Il via, che veniva dato a FLORIOPOLI, fa ormai parte della storia, così pure il colpo di cannone che annunciava l'arrivo della vettura vittoriosa non appena lasciava alle spalle il rettifilo di Buonfornello. La Targa, dopo l'edizione 1972 vinta da Munari - Merzario con la Ferrari e 1973 vinta da Muller - Van Lennep con la Porsche, entrò nell'occhio del ciclone come tutte le corse di velocità su strada e, dopo aver perso l'etichetta mondiale, fu declassata a gara di velocità per il Campionato italiano. Poi una edizione disgraziata con il pilota Ciuti che falciò alcuni spettatori mise la parola fine alla Targa su strada, diventata purtroppo Pamplona automobilistica col suo pubblico schierato a fil di traiettoria ovunque.
Una gara del genere non poteva finire in naftalina e l'Automobile Club Palermo con Sansone e Vaccarella ha lottato per riportarla in auge e adesso si disputa da alcuni anni in edizione rallistica valida per l'Europeo conduttori. Il pubblico però è un po' cambiato: sono i giovani che gradiscono di più questa formula dei tratti cronometrati di velocità. E nelle partenze dal centro di Palermo (piazza Politeama) una volta anche teatro dell'abbassarsi della bandiera tricolore anche per il Giro di Sicilia e alcune edizioni della Florio di velocità, i fans non si limitano a veder scendere dalla pedana i protagonisti, ma poi nel cuore della notte seguono i piloti di prova speciale in prova speciale quasi con interesse feticistico.
Altro che attraverso il monitor piazzato dove c'è il quartier generale della gara: quello si consulta pure, ma soltanto per il piacere di riscontrare qualche errore. E anche le assistenze alle vetture sono sempre affollate di curiosi pure nelle ore piccole.
Due modi diversi ma ugualmente validi per seguire la Florio, una fra le più belle gare del mondo, come puntualmente ogni anno riferiscono i protagonisti.
Vincenzo Bajardi
Quasi 30 anni di ricordi dietro un microfono
Ricordi al microfono. Quando ti chiedono una cosa del genere, di parlare dei tuoi ricordi, beninteso professionali, non personali, significa sempre o che sei avanti negli anni, o hai alle spalle tanti anni di carriera. Per me un po' l'uno e un po' l'altro e vedi caso, quasi fin dall'inizio legati alla Targa Florio. Il primo approccio fu quasi traumatico, nel '58. Capivo pochissimo di automobilismo e facevo da staffetta tra la postazione radio, tenuta da Mario Vannini e Aldo Scimé, e i cronometristi, come sempre assai disponibili nei nostri riguardi, che ci passavano tempestivamente i tempi e classifiche. Ricordo Oscar Marsala, l'Ing. Di Macco, Walter Barraja, ma ricordo anche il tremendo mal di testa con il quale tornai a casa la sera. Non ero semplicemente abituato al rombo dei motori, ed ora invece dopo quasi trent'anni, sopporto benissimo quello dei bolidi della formula uno, che sotto a questo aspetto sono micidiali.
Ricordi. Tanti e nessuno, così, di colpo. Perché il tempo e l'accavallarsi degli avvenimenti te li fanno lì per lì passare di mente, qualcuno sbiadisce col trascorrere degli anni, ma qualche altro rimane, indelebile, come la figura di quel gentiluomo che era Wolfgang Von Trips, quasi un mio parente tedesco, da me intervistato nel '61, poco prima della sua tragica fine a Monza; o quell'altro pilota gentleman, cugino del re del Belgio, Olivier Gendebien, vincitore di tre Targhe, sia pure con l'aiuto di piloti di lui più validi (Luigi Musso nel '58, lo,stesso Von Trips nel '61 il belga Mairesse e il messicano Ricardo Rodriguez nel '62), sempre al volante della Ferrari.
Nell'ultima occasione lo trovai particolarmente euforico tanto da affermare che avrebbe vinto, quel giorno, anche con una «600». Infatti a farlo parlare così, era il buon vino che gli aveva offerto il marchese Pettino per combattere l'arsura dopo una gara particolarmente combattuta, anche se alle sue spalle c'era l'altra Ferrari dei giovanissimi Bandini e Baghetti.
E come non, entusiasmarsi, nel '64, per la vittoria del siciliano Antonio Pucci, in coppia con Colin Davis, con la indistruttibile Porsche 904, dopo che tutti i favoriti erano stati eliminati, e l'anno successivo la prima di tre vittorie di Ninni Vaccarella - targato Maranello - proprio in coppia con lo sfortunato Lorenzo Bandini, ed ancora Maglioli, Elford, Bonnier, Siffert, Merzario.
Allora anche i campioni della formula uno correvano con i prototipi, poi diventati vetture sport, e avrebbero pagato solo per venire a correre sulle Madonie, dove si tifa ancora oggi Ferrari, ma c'è competenza per le cose automobilistiche e rispetto per gli avver-sari, anche per le tedesche Porsche, dominatrici per lunghi anni, e il cui valore fu esaltato da titanici duelli con Ferrari e Alfa Romeo.
Ma questi sono, in fondo, i ricordi di uno spettatore qualsiasi. Professionalmente posso, invece, ricordare i grossi sforzi organizzativi compiuti quando la televisione esisteva già, ma la radio era in pratica ancora tutto, per far vivere la «Targa» a tutta la Sicilia, con più di tre ore di collegamenti diretti, dalle tribune di Cerda, e per l'esattezza dalla così detta «torre dei cronometristi», oggi purtroppo, cadente come tutta FLORIOPOLI, ma successivamente anche con una postazione intermedia, che, in pratica, ci consentiva di far sapere di momento in momento, agli spettatori, sparsi per tutti i 72 km del circuito, cosa stava succedendo.
Questa postazione, auspica il buon Pasquale Cannevale, un nostro capo tecnico, fu allestita la prima volta al bivio di Caltavuturo, ma negli anni successivi si ritenne più utile, più comodo e anche tecnicamente più interessante, chiedere l'ospitalità di uno sportivo di Collesano per dare, in pratica, le ultimissime prima del passaggio sulla linea del traguardo, dopo, cioè, la discesa verso Campofelice e il rettilineo di Buonfornello.
E come non ricordare, dopo la passerella costante di campioni, il declassamento, da gara valida per il campionato del mondo, a semplice «internazionale», e quell'anno, era il 1974, vinse Gerard Larrousse, che rivedo ancora oggi, con il biondo dei suoi capelli che copre qualche filo bianco, nelle vesti di D.S. della LIGIER in formula uno; o ancora quello che in quel momento mi sembrò, in diretta, un tragico annuncio, la sospensione, cioè, della corsa, per motivi di sicurezza, alle 12,07 di un giorno che è meglio dimenticare del maggio 1977, quando la leggenda della Targa su strada si interruppe bruscamente, per la tragica uscita di strada della vettura di Gabriele Ciuti.
Ma la Targa è risorta, e su quelle strade è tornata, in veste forse più moderna, sotto certi aspetti meno romantica, ma più in tono con la realtà che ci circonda. E questa «Targa», che fa ancora arricciare il naso a qualcuno, visto che la vecchia, indimenticabile corsa di Vincenzo Florio non potrà più tornare come un tempo, dobbiamo cercare, tutti quanti, di mantenere in vita e di far progredire, ognuno con il proprio impegno, nei limiti delle proprie possibilità. E dirottato su altri campi di gara, sempre fra i motori, per motivi professionali, mi mancherà qualcosa quest'anno, mentre seguirò le prove del G.P. Francia, al Paul Ricard. Ma la sera di mercoledì tre luglio conto di essere in piazza Politeama, a salutare gli amici, e magari a raccontare, per i telespettatori siciliani, le fasi della partenza. Poi seguirò la Targa col pensiero, e anche questo, fra qualche anno, sarà un ricordo, ma non dei migliori.
Luigi Tripisciano
Aquila e la Targa matrimonio da favola
«Macchinaaa...» urlava decisa una voce squillante; e dal curvone sopraelevato del circuito della Favorita, preceduta da un rombo cupo, sbucava un'automobile lanciata per un altro giro della «Targa Florio».
L'avvertimento del bimbo in calzoni corti e l'aria seria, la testa fissa in una piccola finestra nella «torretta» della Direzione Gara, era il segnale per il gruppo di cronometristi intento a misurare le prestazioni di Villoresi, Taruffi, Ascari e compagni, protagonisti negli anni «ruggenti» della corsa di Florio.
Già allora Vicio Aquila era stato premiato, con un incarico «importante», dal suo interesse per l'automobilismo sportivo. Le lunghe attese nel garage di piazza Castelnuovo, per vedere da vicino i miti di quel tempo, toccare con mano le Maserati monoposto 1100 con compressore, non si erano rivelate vane. Era il 1938 e, grazie allo zio cronometrista, l'Ing. Di Marco, Aquila assisteva alla gara da posizione privilegiata. Quel bambino di nove anni indaffarato fra tanta gente grande non passò inosservato ai piloti e l'indimenticato Luigi Cortese, gran stradista, lo «nominò» sua mascotte.
Più positivo di così il primo contatto fra Vicio e la Targa Florio non poteva essere. Era nato un amore e a farlo scoccare, oltre ad un'innata passione, non fu la tradizionale freccia di Cupido, ma una solenne... sculacciata. Accadde infatti che all'insaputa dei genitori, Vicio, seduto sulle gambe di Cortese poté compiere un giro del tracciato sulla automobile di questi, che evidentemente non sfrecciò fortissimo se il Signor Aquila riuscì a distinguere quell'incosciente del figliolo comodamente attaccato al volante del grosso bolide e niente affatto preoccupato; anzi.
Non vi fu punizione per una «monelleria» tutto sommato accettata e così, per altri due anni il piccolo Vicio Aquila, suscitando l'invidia dei compagni di scuola, continuò a urlare «macchina» da dentro la finestra.
Sono passati 45 anni; oggi Vicio Aquila, impiegato dell'Ente di Sviluppo Agricolo (anche qui con incarichi di responsabilità), è Direttore di gara della «Targa Florio». Compito che riveste con successo, e ininterrottamente dal 1974 (ad esclusione proprio dell'edizione tragica quando toccò all'indimenticabile Ninni Failla assumersi responsabilità che sue e di nessuno potevano essere come recentemente è stato sancito. Sia il «Rally di Sicilia» che la «Targa», vecchia e nuova formula, gli devono tanto. Ma anche lui sente di «dovere» qualcosa a questa corsa. Ma come è proseguito l'idillio?
«A partire dal '41 l'attività agonistica fu sospesa a causa della guerra. Grazie a Stefano La Motta, Raimondo Lonza, Mario Cammarata, Antonio Pucci, che formarono la CSAS (Commissione Sportiva Automobilistica Siciliana, in precedenza definita Motoristica) nel '48 si disputò il «Giro di Sicilia» e Vincenzo Florio, acconsentendo alle richieste del nipote (Raimondo Lonza N.d.R.), permise di abbinare la denominazione di Targa Florio. Proprio allora iniziai, avevo 19 anni, a fare il cronometrista».
«Quel compito mi gratificò parecchio — continua Aquila — anche perché mi piaceva Io sport a tutti i livelli e cronometrare mi permetteva di sentirmi partecipe, in tutte le specialità. Ma la « Targa» era una altra cosa. Fui cronometrista per tanti anni ancora e quando venne varato il «Rally di Sicilia» (1972) ricoprii l'incarico di Caposervizio in entrambe le manifestazioni. Già quella non fu soddisfazione da poco».
Immaginiamoci allora l'emozione di passare a dirigere l'intera corsa: «La prima Targa l'ho diretta nel '74; a Palermo ci trovammo improvvisamente senza questi qualificati ufficiali di gara e fu necessario far venire da Roma Mirto Ventura: bravo, ma necessitava un «Direttore» siciliano. Il Direttore dell'Automobile Club Palermo, Pezzullo, mi propose di seguire il corso. Da sempre avevo ammirato il lavoro dei miei predecessori e in particolare di validi uomini come Renier, Castagneto, Canestrini,e poi Federico, D'Anna, Palmeri. Con diversi incarichi e funzioni avevano mostrato come si organizzavano e conducevano le corse automobilistiche».
«L'emozione non la sentii quasi, preso come ero a tentare di far funzionare tutto per il meglio. Governare centinaia di piloti e tenere a bada un pubblico che negli anni del «mondiale» era di 500-600 mila persone è estremamente complicato ma certamente fascinoso».
«Targa» di velocità e «Targa-Rally» in cosa si differenziano nei ricordi?
«Sono due cose totalmente diverse. Quella di velocità è stata una competizione unica nel mondo. C'era più enfasi, era più mastodontica. Il rally e è più tecnico, è come dirigere tre o quattro corse contemporaneamente».
Quindi più stancante...
«Senz'altro ma ho la fortuna di poter contare su validi collaboratori. L'apripista, Beppe Barresi, che comprendo già dal tono della voce; gli operatori radio della SMT capitanati da Caleca e De Bonis i quali vantano esperienze internazionali; e Giacomo Sansone col quale quest'anno in particolare ci divideremo i compiti. Eppoi conosco uno per uno tutti i commissari di percorso; il tracciato a menadito perche partecipo alla stesura del radar. Ciò mi consente di poter prendere immediatamente delle decisioni, di trovare soluzioni alternative.
Queste opportunità, insieme ad una calma enorme, divengono caratteristiche indispensabili per compiere seriamente il lavoro di Direttore di Gara».
Il «matrimonio» insomma prosegue positivamente; come nelle più belle favole i due protagonisti, Vicio Aquila e la «Targa Florio», continuano a vivere felicemente la loro «avventura» sportiva.
Ma hai posto una data limite a questo impegno?
«Sì, la 70" edizione che si svolgerà nel 1986 sarà l'ultima Targa Florio che dirigerò. Dopo 30 anni di unione, e gli ultimi vissuti più intensamente, comincio ad accusare stanchezza fisica. E credo sia giusto far posto a gente più giovane...».
Lo dice, ma non ci crede neppure lui. Le favole e i matrimoni riusciti proseguono all'infinito; impossibile programmare. Per tanto tempo ancora lo vedremo avviarsi lentamente verso la sua camera d'albergo, finita la fatica, non appena l'ultimo concorrente ha completato l'ultimissima prova speciale.
Sennò, che «favola» sarebbe?
Darlo Pennica
La grande prova per i siciliani
Abitualmente la Targa Florio, oltre a costituire l'avvenimento clou della stagione rallistica isolana, rappresentava per tutti i piloti siciliani anche il momento del debutto e della verifica di quanto preparato nel corso dell'inverno.
Lo slittamento di data ha ovviamente mutato nell'ambiente locale l'atmosfera con la quale si preparava la «Targa». Non più lunghe e difficili ricognizioni col rischio di rimanere innevati nei punti più alti delle Madonie, bensì comodi allenamenti con rapide fughe verso il ristoratore mare di Cefalù.
Ma la ricca ed intensa stagione siciliana dei rallies ha già visto la disputa di due gare valevoli per la Coppa Italia, il Rally di Primavera
e la 12 Ore Notturna di Campobello di Mazara, e di una valevole per il Campionato Italiano, il Rally della Conca d'Oro, vinto dalla Citroen di Verini.
Le prime uscite non hanno evidenziato particolari novità in campo regionale, dove ricorrono i consueti nomi di «BRONSON», infortu-natosi nell'incendio della sua Ferrari durante il «Primavera», Zambuto, SAVIOLI e Montalto, mentre sono da rimarcare le brillanti prestazioni ottenute nel Trofeo d'Italia Centro-Sud dai coniugi Ninni e Donatella Runfola, vincitori con ampio merito dei Rallies di Casciana e del Salente e leader della classifica provvisoria con la Lancia Rally della Scuderia Ateneo, e dai fratelli Carlo e Giusy Stassi, attualmente al comando del gruppo N con la Ritmo 130 della Palermo Rally.
Tra i giovani che si sono messi in luce grazie alla nuova formula del regolamento della Coppa Italia vanno ricordati i nomi di Versace, oramai più che una promessa, D'Acquisto e Stagno che ha ben impressionato alla guida di una piccola Opel Corsa. Dopo la Targa Florio la Sicilia ospiterà altri due appuntamenti del Campionato Italiano Rallies 1985, il Rally di Proserpina, in programma con coefficiente 1 il 12-13 ottobre a Enna, ed il Rally Città di Messina (coeff. 3), in calendario per fine novembre.
Gianfranco Mavaro
la Repubblica - Venerdì, 5 luglio 1985 - pagina 31 di ATTILIO BOLZONI
Sandro Picone, 33 anni ucciso dall' ossido di carbonio
TARGA FLORIO L' AUTO DIVENTA CAMERA A GAS MUORE UN PILOTA

PALERMO - Un' auto trasformata in una camera a gas. Una marmitta che si buca e le esalazioni di ossido di carbonio che uccidono un giovane pilota e avvelenano il suo navigatore. Una morte lenta, lungo le tortuose strade della targa Florio; la prima tappa del 69 Rally Internazionale di Sicilia si è conclusa con una tragedia ancora inspiegabile: Sandro Picone, 33 anni palermitano, cardiologo di professione, pilota per hobby è morto pochi istanti dopo l' ultima prova speciale in programma. Un arresto cardiocircolatorio: provocato, dice il referto medico, dall' inalazione dell' ossido di carbonio che aveva invaso l' abitacolo della sua Alfasud. Il gas ha tramortito anche il suo navigatore, Michele Russo, 30 anni, ricoverato adesso in ospedale per avvelenamento. Per i due giovani, l' avventura della targa Florio, uno tra i più avvincenti rally europei, è finita qualche minuto dopo le quattro a pochi chilometri da Corleone nelle campagne del bosco della Ficuzza. Sandro Picone e Michele Russo, a bordo di un' Alfasud spint con il numero di targa 34, avevano appena terminato la prima notte di gara. Un attimo dopo il navigatore è svenuto. I primi soccorsi e poi la scoperta: Sandro Picone, immobile sul sedile dell' auto, era morto. I medici dell' ospedale di Corleone, dove il pilota è stato trasportato dagli organizzatori, hanno subito stabilito la causa del decesso: intossicazione da ossido di carbonio. Molto confusa, invece, la dinamica dell' incidente che avrebbe provocato la fuga di gas nell' abitacolo dell' auto. C' è una versione ufficiale fornita dai giudici di gara: l' ossido di carbonio sarebbe fuoriuscito dal tubo di scarico e penetrato poi all' interno dell' Alfasud attraverso alcune fessure sulla "pancia" dell' auto. Il tubo di scarico, spezzato molto probabilmente da una grossa pietra urtata all' inizio dell' ultima prova, avrebbe riversato tutto il gas velenoso dentro l' auto. Una dinamica molto complessa che ha sollevato non pochi dubbi. Sull' incidente è stata infatti aperta un' indagine e l' Alfasud di Sandro Picone da qualche ora è sotto sequestro nel cortile della caserma dei militari di Corleone. Sulla tragedia, neppure il navigatore Michele Russo ha saputo offrire particolari più precisi. Poco prima del ricovero in ospedale è riuscito soltanto a bisbigliare poche parole agli organizzatori: "Alcuni chilometri prima dell' arrivo a Ficuzza ho detto a Sandro di fermarsi... Stavo troppo male. Ma lui non ha voluto ascoltarmi: stiamo arrivando, diceva, resisti". I carabinieri e i tecnici tentano adesso di ricostruire come l' Alfasud si è trasformata in una camera a gas, ma gli esperti di rally commentano un po' perplessi: "Un incidente davvero molto strano, non sappiamo come possa accadere quello che sostengono gli organizzatori anche se, con i caschi addosso, i due piloti non hanno sicuramente avvertito il gas che stava invadendo tutto l' ambiente". Un' ipotesi l' avanza Giovanni Sutera, ex pilota, meccanico specializzato in auto da rally, 13 targhe Florio corse negli ultimi anni: "Di solito, quando si corre una gara come questa, i finestrini delle auto vengono lasciati aperti per evitare che all' interno ristagnino sostanze nocive al pilota". Gli addetti ai lavori sono però tutti d' accordo su un punto: "Troppi giovani vanno allo sbaraglio. Salgono a bordo di un' auto non sempre in perfette condizioni e non sempre offrono garanzie di una seria preparazione tecnica". Come questa notte alla targa Florio: due incidenti dopo poche ore di gara: un' auto è volata su una decina di spettatori ferendo gravemente una donna e un' altra è scivolata in una scarpata dopo aver affrontato una curva ad altissima velocità.

Questi i protagonisti dei Rallies siciliani

 
DOVE ERO ? 1^TAPPA PS 6 CAMPOFIORITO START ORE 2.41 POI OSPEDALE DI CORLEONE PER HELG 2^ TAPPA PS 13 E 22 ??

Si corre a marzo, in notturna, il 9^ Rally della Conca d'oro, valido per il campionato italiano rallies. La mia PS è la MASSERIA PIOPPO passaggi alle 0,39 e 6,32.