targa florio

4^ GIRO DI SICILIA

8/9 maggio 1928

1

ALFA ROMEO 1500 6C (#16) - COSTANTINO MAGISTRI

 KM. 1038

GIRO DI SICILIA in 16h. 29' 10" media 63,281 kmh. in 2 tappe - part. 18 class. 9

2

BIANCHI (#28) - FLOREALE

3

AUBURN 5000 (#40) - MOCCIARO SANTI
4TRANCHINA FIAT (#14)
5MORRA FIAT 501 (#20)
6FEDERICO FIAT 509 (#8)
7PALADINO FIAT 509 (#10)
8CARNAZZA Diatto (#22)
9PIAGGIA FIAT 509 (#2)
rit4 ZAGAMI FIAT
rit12 CESARINI FIAT
rit18 GASPARIN Alfa R.1,5
rit24 FRANCESCONI OM
rit26 SCHERMI Diatto
rit30 RADICE LANCIA Lambda
rit32 MANGANO LANCIA Lambda
rit34 STRAZZA LANCIA Lambda
rit38 SILLITTI Bugatti

La quarta edizione del Giro di Sicilia sarebbe direttamente partita dalle tribune di Cerda e, dopo una tornata completa del Circuito delle Madonie, avrebbe preso il via con direzione Cefalù, Patti, Messina, Giarre, Catania, Siracusa, Avola, Modica, Ragusa, Comiso, Licata, Agrigento, Mazara del Vallo, Marsala, Trapani, Palermo. A Palermo il traguardo d'arrivo era posto nel Parco della Favorita. Il percorso complessivo era di km 1038. La data di svolgimento della corsa venne fissata all'8-9 maggio 1928, con partenza alle ore 16 dalle tribune di Cerda il giorno di sabato otto.



Dopo 14 anni si corre per la quarta volta il Giro di Sicilia. Florio inserisce nel percorso il Circuito delle Madonie.

 

 

 

 

 

 

 

GASPARIN su Alfa R.1,5

Il racconto della corsa di Pino Fondi.

Quel quarto Giro di Sicilia, per la verità, non conseguì il successo di adesioni che Florio sperava. Soltanto diciotto vetture, suddivise in sei classi, si presentarono alle tribune di Cerda per la partenza. Le strade erano un po' migliori che nel 1912; tuttavia,ancora ben lungi dal potersi definire delle carrozzabili per automobili.
La Lancia era l'unica marca che partecipava ufficialmente e lo faceva con due recentissime versioni Lambda VIII serie di 2570 cc affidate a Gildo Strazza e Gigi Radice. Le due Lambda e i loro piloti erano appena reduci dalla partecipazione alla Mille Miglia di poco più di un mese prima. Strazza e Radice si erano classificati rispettivamente terzo e nono assoluti. Il primo era uno stradista assai combattivo e tenace, mentre il secondo si destreggiava con molta disinvoltura sui tracciati tortuosi.
Le due Lancia Lambda, che correvano nella classe 3000, partivano dunque con i favori del pronostico. Nella stessa classe figuravano la Bugatti 2300-compressore del siciliano barone Amedeo SILLITTI, la Bianchi tipo 20 di Giuseppe Floreale e la più anziana Lancia Lambda 11Iserie 1926 di Carmelo Mangano.
Nella classe 2000 c'erano la OM Sport di Girolamo Francesconi del tipo Mille Miglia 1927, le due Diatto tipo 30 e la precedente tipo 26 del catanese Ottavio Schermi.
Le macchine che potevano insidiare seriamente le due Lancia ufficiali erano, invece, le due Alfa Romeo 1500 Sport 6 cilindri nella classe sino a 1500 cc di Carlo Gasparin e Costantino Magistri. Assai agili e maneggevoli in curva, esse ben si adattavano ad un percorso tortuoso come quello siciliano. Si erano ben comportate alla Mille Miglia di quell'anno tanto che una di esse, la sola che montasse il compressore, vinse nettamente con Giuseppe Campari.  Le due rosse "anguille del Portello" erano state inviate alla filiale Alfa Romeo di Palermo assai per tempo. Titolare dell' Alfa Romeo palermitana era Carlo Gasparin, eccellente meccanico ed esperto collaudatore.
Il palermitano Costantino Magistri, meccanico di doti naturali, era invece un guidatore dal temperamento impetuoso. Spesso spavaldo ma assai generoso, era un combattente di razza. Dunque, in quel quarto Giro di Sicilia, l'effettivo confronto per la vittoria era fra Lancia Lambda e Alfa Romeo 1500 Sport.
Nella classe 1100 facevano corsa a sé le Fiat 509 nuove di fabbrica, delle quali quella del conte Giovanni Federico aveva già disputato e vinto il Giro Sociale di Sicilia.
Le macchine partivano con il distacco di tre minuti l'una dall'altra a cominciare dalle ore sedici. La prima era la Fiat 509 delle sei in gara nella classe 1100, guidata dal palermitano barone Peppino Piaggia. Le strade delle Madonie, in qualche tratto, erano ricoperte da veli di fanghiglia per le piogge dei giorni prima. Non era agevole destreggiarsi su quel fondo scivoloso. Quando la corsa prese il via, però, le due agili Alfa di Gasparin e Magistri sembrarono trovarsi a loro agio. Esse presero un chiaro sopravvento sulle due Lambda di Radice e Strazza, più potenti delle Alfa ma meno maneggevoli sulle tortuosità madonite. Radice era attardato e stentava a mantenere la quarta posizione.
Ancor più lontano era Strazza; e siccome non era pilota da retrovia reagì per recuperare. Lo faceva, però, spesso con eccessiva intemperanza rischiando il fuori strada con derapate acrobatiche. Nel corso di una di esse, arrivò scomposto in una curva nascosta piombando con le ruote anteriori su uno strato di fanghiglia. Disgraziatamente per lui, uno schizzo di mota gli si proiettò contro il viso colpendolo ed oscurandogli gli occhialoni. Strazza perse completamente la visibilità e la padronanza del veicolo. Il quale si girò su se stesso urtando in parte il radiatore e un parafango. Pilota e meccanico restarono fortunatamente incolumi. La Lambda riprese la sua corsa, ma non era più in grado di marciare con la stessa cadenza di prima. Intanto, le due Alfa di Gasparin e Magistri si piazzavano prima e seconda assolute a 47 secondi di distacco l'una dall'altra nel "Giro delle Madonie" di km 108. Terza era la Bugatti di SILLITTI, quarta la Lambda di Radice, quinta la Bianchi tipo 20 di Floreale. Conclusa la tornata madonita, i corridori riprendevano il via per il Giro di Sicilia vero e proprio dalle tribune di Cerda secondo l'ordine di classifica dopo i primi 108 km. In testa scattava Gasparin, seguito da Magistri, SILLITTI, Radice, Floreale, Francesconi e via via tutti gli altri. L'ultimo era Strazza fortemente attardato per l'incidente. Il Giro entrava ora nel vivo con il tratto da Cerda a Messina. Magistri attaccava subito, senza tanti complimenti mentre nel tratto fra Cerda e Messina Gasparin, che si trovava in seconda posizione, dovette improvvisamente ritirarsi per la rottura di una balestra.
Radice, invece, con la sua Lambda più veloce sui tratti meno impegnativi, recuperava il tempo perduto prendendo il suo posto. Aveva così inizio un duello Alfa-Lancia che si faceva vibrante. Radice dava il massimo per acciuffare l'imprendibile Magistri, ma quest'ultimo rubava in curva ciò che il primo guadagnava sul veloce. Nel frattempo si faceva sera e le macchine accendevano i fari. La corsa entrava nella sua fase notturna. Le sciabolate dei fari illuminavano insufficientemente e la ghiaia sui cigli delle curve si intravedeva soltanto
quando le macchine stavano per mettervi le ruote sopra. Ciò nonostante, Magistri non si arrendeva affatto. Così, al controllo di Messina, arrivava alle ore 21,15' con un vantaggio sul suo immediato rivale di circa mezz' ora. Nel frattempo, Strazza avanzava a fatica. Arrivato a S. Agata di Militello,un principio di surriscaldamento convinse il pilota lombardo che era ormai impossibile proseguire. Si fermò definitivamente, si tolse il berrettino e lo scagliò via con stizza.
Nel cuore della notte, sul tratto da Messina a Catania, più veloce del precedente, la Lambda di Radice guadagnava terreno nei confronti della meno potente 1500 Alfa di Magistri. Il distacco si riduceva a 14 minuti. Ancora inferiore esso era a Siracusa, dove raggiungeva i 10 minuti. La differenza di cavalli fra il motore Lambda 2570 cc e il motore Alfa 1485 cc si faceva sentire tutta sui tratti filanti.  A Ragusa il vantaggio di Magistri era di 9 minuti. Ora, egli attaccava con il motore che ululava al massimo dei giri sulle ghiribizzose strade che conducevano verso Agrigento. Era in piena azione e stava per affrontare una semicurva dal fondo sassoso quando l'improvviso scoppio del pneumatico posteriore sinistro fece caracollare paurosamente il suo veicolo. Sarebbe certamente finito contro i paracarri se Magistri, con abili tocchi di controsterzo, non lo avesse dominato raddrizzandolo sino ad arrestarlo. A questo punto, pilota e meccanico scesero di macchina per provvedere alla sostituzione della ruota danneggiata. Si vedeva ben poco per il profondo buio della notte.
Tuttavia, il meccanico riuscì a sistemare il crik sotto l'assale del veicolo. Per somma beffa, però, il congegno non funzionò. Era bloccato. Magistri imprecava, mentre i secondi trascorrevano inesorabili. C'era da impazzire! Ma il meccanico, assai paziente, dopo aver passato del lubrificante sul congegno riuscì a farlo funzionare. Finalmente la macchina si poteva sollevare dal suo lato posteriore sinistro e la ruota veniva sostituita. Magistri tirava un sospiro di sollievo e ripartiva con rabbiosa determinazione. La sosta era costata cinque, o forse sei minuti. Quando raggiunse il controllo di Agrigento erano le ore 4,16' del mattino di domenica.
"Stai attento che Radice ti è vicino!" gli disse un commissario di gara, ma non gli specificò il distacco perché il lancista doveva ancora arrivare. Magistri ripartì sgommando come una furia. I fari della sua Alfa fendevano il buio ancora fitto con una luce che sembrava più spettrale che materiale per un uomo che lottava per vincere su se stesso più che sul suo avversario. Quando la Lambda di Radice raggiunse il controllo di Agrigento erano le 4,42' del mattino. Il lancista chiese ad un commissario a che ora era passato Magistri. "Lei, ora, è a soli 4'25"!" gli disse questi con fredda precisione senza comunicargli, però, l'ora di passaggio dell'avversario. Radice riprese la sua corsa più euforico che mai. La strada verso Trapani si faceva ora in qualche tratto più tortuosa e assai ingannevole. E la notte cominciava a morire per lasciar posto al nuovo giorno che stava per nascere. La Lambda di Radice era lanciatissima. Alla fine di un tratto ripido al pilota si presentò una curva stretta. La macchina strusciò su un paracarro con violenza. La cinghia stringi cofano, per l'urto, si mollò dalla sua sede e il cofano si aprì. Contemporaneamente, lingue di fuoco si levarono dal vano motore probabilmente per un ritorno di fiamma. Il veicolo si arrestò. Radice e il meccanico balzarono fuori. Il pilota afferrò il cuscino dal suo sedile e riuscì a soffocare le fiamme menando colpi furiosi sul motore. Quando tutto fu finito, gli si strinse il cuore a
guardare la sua macchina ormai mal ridotta.  Sconsolato si rese conto che la sua corsa era ormai terminata prima ancora di concluderla ad oltre tre quarti di percorso. Magistri, intanto, continuava la sua rombante marcia infilando con disinvoltura le curve verso Trapani. Da li transitava alle ore 7,09', quando il sole cominciava ad apparire timidamente nel cielo terso. Ormai nessuno poteva minacciarlo. Il secondo posto di Radice era ora di Floreale, che guidava la 2 litri Bianchi tipo 20, staccatissimo con oltre un'ora di svantaggio. Dal canto suo, SILLITTI, dopo Agrigento aveva abbandonato con il motore ormai letteralmente fuori uso. Alle ore 8,50' 1O" esattamente, Magistri arrivava a Palermo, tagliando trionfalmente il traguardo posto sul rettifilo del Real Parco Favorita. Aveva impiegato 16 ore 29'10" a compiere l'intero percorso di km 1038, marciando alla media di km/h 63,281. Una media esaltante per un veicolo da turismo di serie di media cilindrata su strade in buona parte sterrate.  Per l'Alfa Romeo era un successo assai significativo, che ebbe un notevole peso nella conquista del mercato non soltanto siciliano. Quando Magistri scese di macchina venne portato in .trionfo dai suoi amici e dai numerosi spettatori accalcati lungo i viali del Parco Favorita. Sotto l'aspetto della prestazione meccanica, a parte quella eccellente dell'Alfa Romeo spider 1500 Sport, la rivelazione più esaltante di quel "Giro" fu la piccola Fiat 509. Tutti i modelli di questa serie che militavano nella classe 1100 erano arrivati al traguardo in perfetto ordine di funzionalità. Il primo di essi, quello del palermitano Pippo Tranchina, si classificò quarto assoluto. AI secondo posto di classe si piazzò quello del conte Giovanni Federico, che era stato tormentato da problemi di gomme. Nella classe 1500, a parte l'Alfa di Magistri, una prestazione di notevole rilievo fu anche quella dell'anziana e sempre valida Fiat 501 pilotata da un tenace Morra, che era terminato quinto assoluto. Di notevole entità anche la corsa della potente americana AUBURN di Santi Mocciaro, finita terza assoluta. Dopo quella edizione del 1928, il Giro di Sicilia venne accolto con favore dall'industria automobilistica nazionale e ciò malgrado l'esiguo numero di partenti. Esso veniva riconosciuto come circuito di prova ideale per le vetture di serie.